Metano a 2 euro al kg, quanto costerà fare un pieno e perché è aumentato così tanto

La stangata di inizio ottobre fa arrabbiare i consumatori, che annunciano esposti alle autorità di vigilanza: speculazione o dinamiche del libero mercato?

Con il metano che ha raggiunto, nel giro di 24 ore, il prezzo record di oltre 2 euro al kg rischia di sparire dalla circolazione, o comunque di subire un pesante ridimensionamento, quello che è considerato il carburante derivato dal petrolio più pulito che c’è, ma che nelle ultime settimane è diventato insieme alla benzina anche quello più caro.

Per questo motivo molti automobilisti hanno iniziato per protesta a fare il pieno della loro auto bifuel con la benzina verde invece che con il gas naturale, visto che il vantaggio tra i due carburanti (un kg di metano vale circa 1,6 litri di benzina quanto a potere calorifico, in soldoni quanta strada si può percorrere) si sta avvicinando al punto di pareggio.

Va detto, però, che i rincari non sono stati uniformi in tutto il paese: vi sono ancora dei distributori in cui il prezzo per kg del gas naturale per autotrazione è al di sotto dell’euro come prima, ma quello che si teme è in futuro un assestamento nella forbice che va da 1,3 a 1,5 €/kg

Ma cosa ha scatenato questa inaspettata quanto improvvisa impennata dei prezzi che fa imbufalire i “metanisti”? Dipende dal punto di vista.

Per Assogasmetano, l’associazione che riunisce le imprese che distribuiscono il metano per autotrazione, la stangata è da imputare alla ripresa economica internazionale, che «ha portato con sé un aumento generalizzato dei prezzi di tutte le materie prime e delle fonti energetiche (tra le quali anche il metano). A partire dalla primavera, le quotazioni del metano hanno iniziato a crescere in modo esponenziale, raggiungendo livelli mai visti in precedenza. Purtroppo, ad oggi, questa dinamica non presenta segni di attenuazione e l’emergenza si riversa sulle aziende operanti nel settore della distribuzione di metano che si vedono, purtroppo, costrette ad applicare consistenti aumenti ai prezzi di vendita al pubblico. Detti aumenti spesso non sono sufficienti a coprire l’incremento di costo della materia prima poiché i rialzi sono quotidiani. In alcuni casi le aziende che possono contare su contratti firmati precedentemente al verificarsi di questa situazione di crisi, possono applicare prezzi più contenuti e congruenti con il costo di acquisto. Per questi motivi e non perché siano in atto delle speculazioni l’utente può trovare, nei punti vendita, dei prezzi alla pompa anche molto diversi tra loro sia per CNG che LNG», spiega il presidente Flavio Merigo.

Di diverso parere le associazioni di consumatori, che annunciano esposti alle authority di controllo del mercato: «Sappiamo che oggi un pieno di metano costa agli automobilisti il 100% in più rispetto a inizio anno, con i prezzi alla pompa che sono passati da meno di 1 al kg a oltre 2 euro al kg in alcune zone del paese. La corsa dei listini, tuttavia, non è determinata solo dal rincaro delle materie prime sui mercati internazionali, ma anche dalla speculazioni che interessano alcune aree del paese dove i distributori di tale carburante operano in condizione di monopolio o quasi. In Italia si contano infatti poco più di 1.500 pompe che erogano metano, ma la loro distribuzione sul territorio non è affatto omogenea: regioni come l’Emilia-Romagna, la Sicilia e il Piemonte, pur avendo una popolazione simile (da 4,3 a 4,8 milioni di residenti) contano rispettivamente 239, 52 e 98 distributori di metano – analizza Truzzi – La Sardegna non dispone di alcuna pompa di metano, in Valle d’Aosta se ne conta solo 1 attiva mentre il Molise ne ha appena 5. Proprio la carenza di distributori sul territorio fa sì che in alcune zone del paese i gestori operino in regime di oligopolio e in alcuni casi di monopolio, e l’assenza di concorrenza determina speculazioni sui prezzi finali che danneggiano i consumatori», accusa il presidente di Assoutenti Furio Truzzi.

Intanto la Commissione Europea si sta muovendo per fronteggiare l’emergenza rincari delle materie prime (nel caso del gas naturale il prezzo è schizzato dai 28 euro di fine giugno a 113 euro per MWh a inizio ottobre) che rischia di ripercuotersi a cascata anche in altri settori come la spesa pubblica e sul mercato alimentare, visto che molti bus e camion sono alimentati a metano.

Nelle prossime ore dovrebbero essere annunciate misure d’emergenza che potrebbero andare dal taglio delle tasse ai sostegni economici alle famiglie e alle PMI, dall’aumento della capacità di energia rinnovabile all’acquisto congiunto di riserve di gas di emergenza. 

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