Ogni anno, la Giornata mondiale contro il lavoro minorile ci ricorda quante vittime innocenti continuano ad essere sfruttate per il profitto economico. Anche quest’anno, il 12 giugno, vogliamo dare voce a questi bambini invisibili e dimenticati.
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Ogni anno, la Giornata mondiale contro il lavoro minorile ci ricorda quante vittime innocenti continuano ad essere sfruttate per il profitto economico. Anche quest’anno, il 12 giugno, vogliamo dare voce a questi bambini invisibili e dimenticati.
Sono oltre 168 milioni nel mondo i bambini vittime di sfruttamento che lavorano nelle miniere, in fabbrica, tutto il giorno e tutti i giorni. Spesso malnutriti, stanchi e soprattutto tristi sono i nuovi schiavi del mondo contemporaneo.
I numeri: 78 milioni in Asia e nel Pacifico, 59 milioni nell’Africa Subsahariana, 13 milioni in America Latina e nei Caraibi, oltre 9,2 milioni in Medio Oriente e Nord Africa.
La maggior parte lavora nei campi, ma tanti altri nelle fabbriche e nelle miniere per esempio di oro, oltre 85 milioni vengono impiegati in lavori pericolosi che li portano spesso alla disabilità o alla morte.
Infatti sono oltre 22 milioni quelli che rimangono senza vita sul posto di lavoro. La loro voce, il loro appello ad un’infanzia normale viene ignorato, nonostante siano tantissime le organizzazione umanitarie che si battono per i loro diritti fondamentali.
Da ActionAid, che aiuta le comunità più povere e emarginate del mondo a migliore le condizioni di vita di migliaia di persone, fino all’Unicef e Save the children che non hanno bisogno di presentazioni. Aiutare questi bambini è possibile, aderendo a uno dei tanti progetti promossi da queste organizzazioni oppure avviando un’adozione a distanza.
La Giornata mondiale contro il lavoro minorile è l’occasione giusta per dare voce alle loro storie, eccone alcune, ma purtroppo ce ne sarebbero tante e tante altre da raccontare.
I bambini siriani sfruttati nelle fabbriche di abbigliamento
Dalla fuga dalla guerra allo sfruttamento in fabbrica. Ecco il destino a cui possono andare incontro i rifugiati siriani che hanno raggiunto la Turchia, bambini compresi.
Delle 28 aziende contattate – tra cui spiccano i nomi di H&M, C&A, Inditex, Next e White Stuff – soltanto alcune starebbero prendendo sul serio la difficile situazione dei rifugiati siriani sfruttati per pochi soldi nelle loro catene di fornitura.
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