Biocarburanti prodotti dalle alghe, la mobilità eco friendly arriva dal mare (e non solo)

Secondo alcuni ricercatori della statunitense Rochester University (New York), una delle soluzioni verso la mobilità eco friendly, e a basso costo, è affidata allo sviluppo delle alghe.

Le rivoluzioni sociali in atto nei Paesi del nord Africa pongono in primo piano, se ancora non ce ne fosse bisogno, la questione dell’approvvigionamento del petrolio. Ovviamente, le questioni più importanti sono ben altre. Tuttavia, l’economia italiana è legata a filo doppio con i giacimenti petroliferi in Libia. Il prezzo dell’”oro nero” continua a salire, e il 23% del petrolio prodotto in Libia viene consumato in Italia. Di più: la domanda di petrolio, da parte dei Paesi in via di sviluppo, continua a crescere; e, d’altro canto, non si conoscono grandi giacimenti petroliferi ancora da scoprire, se si escludono quelli presenti a grandi profondità marine, troppo onerosi da gestire.

Morale della favola: ecco che i biocarburanti tornano a guadagnarsi l’attenzione dell’opinione pubblica e scientifica. Secondo alcuni ricercatori della statunitense Rochester University (New York), una delle soluzioni verso la mobilità eco friendly, e a basso costo, è affidata allo sviluppo delle alghe.

In particolare, lo studio dei tecnici dell’Università è rivolto alle microalghe contenute nelle acque reflue. Il progetto, spiegano, può rivelarsi completamente ecologico, perché le alghe sono in grado di consumare nitrati e fosfati, e riducono i batteri e le tossine presenti in questo tipo di acque.

Come risultato, si avrà un biocarburante efficiente e acque reflue più pulite. Queste ultime, poi, possono essere reinvestite verso gli impianti di trattamento, mentre il biocarburante prodotto dalle microalghe (in questo caso un bio-Diesel) sarà utilizzato per l’alimentazione di autobus e automezzi pesanti e industriali e macchinari agricoli.

Le alghe, riferiscono alla Rochester University, hanno solo bisogno di specchi d’acqua o cisterne nelle quali crescere, e di una esposizione alla luce del sole, per generare fotosintesi e convertire la luce solare in energia.

La pensano allo stesso modo due aziende neozelandesi, la Aquaflow e la Solray, che recentemente hanno dato il via a una partnership tecnica per lo sviluppo della produzione di alghe destinate ad essere utilizzate come biocombustibile. Il progetto prevede la raccolta delle alghe cresciute nei torrenti e nelle acque reflue, il successivo trattamento e, alla fine, la produzione di biocombustibili.

Quali carburanti si possono ricavare

Le alghe… per uso industriale, che gli scienziati di tutto il mondo studiano da decenni, crescono in maniera spontanea, hanno elevatissime potenzialità di assorbimento di CO2, e contengono olii grassi in quantità così elevate – fino a 30 volte di più rispetto alle colture standard per la produzione industriale: mais, colza, palma, ecc. – da poter essere utilizzate, potenzialmente senza problemi, nella produzione di combustibili.

Si possono, così, ottenere Biodiesel, Biobutanolo (per essere impiegato nei motori a benzina, siccome il rendimento energetico, è stato evidenziato, pur essendo inferiore del 10% rispetto alla benzina, è comunque superiore a etanolo e metanolo); Metano (grazie alla digestione anaerobica, procedimento biochimico prodotto dalle biomasse).

Una “rivoluzione” che… ha poco di inedito

La ricerca attualmente in corso da parte dei tecnici dell’Università di Rochester è già stata affrontata, negli anni scorsi. In particolare, la californiana Solazyme, nella primavera 2008, aveva messo a punto un sistema di trasformazione delle alghe come biocarburante. Il composto, anzi, era stato provato come alimentazione per un autoveicolo: una Mercedes Classe C 320, testata su strada al Sundance Film Festival.

All’epoca, era stata annunciata una partnership fra la stessa Solazyme e la Compagnia petrolifera Chevron Corporation, per la pianificazione di un progetto di produzione e distribuzione del biocarburante ottenuto dalle alghe. Un programma scientifico che si sarebbe dovuto compiere entro tre anni. Ci siamo quasi, dunque. Nelle prossime settimane torneremo sull’argomento.

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