Incentivi fotovoltaico: le associazioni chiedono il ritiro degli emendamenti contro le rinnovabili

Il braccio di ferro in corso in questi giorni tra il Governo e le associazioni parte da un documento congiunto, firmato da Anev, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, che richiede il ritiro di alcuni emendamenti alla Finanziaria 2010, che a breve dovrebbero essere presentati alla Camera che minerebbero gli incentivi, ma soprattutto, cambierebbero le regole del gioco in un settore in forte crescita.

Fotovoltaico sì, fotovoltaico no. Continua la disputa tra il governo e i rappresentati dell’industria del fotovoltaico. Come già avevamo spiegato, le prospettive per il futuro delle energie rinnovabili erano in bilico, visto che nonostante il loro successo, si rischiava la cessazione da parte del governo degli incentivi sul fotovoltaico e sul solare termico.

Il braccio di ferro in corso in questi giorni, parte da un documento congiunto, firmato da Anev, Aper, Federpern, Fiper, Greenpeace Italia, Ises Italia, Itabia, Kyoto Club e Legambiente, che richiede il ritiro di alcuni emendamenti alla Finanziaria 2010, che a breve dovrebbero essere presentati alla Camera e che minerebbero gli incentivi, ma soprattutto, cambierebbero ulteriormente “le regole del gioco” in un settore in forte crescita.

In particolare, i due emendamenti contestati intendono far cessare in via definitiva il provvedimento Cip n. 6/92, che incentivava le fonti assimilate alle rinnovabili, ritornando così alla vecchia Direttiva europea n.28 del 2009. Le società che ancora incassano questi incentivi come ad esempio Edison, Erg o Saras, potrebbero vedersi risolti i contratti “su base volontaria” venendo risarciti solo dei costi di investimento non ancora ammortizzati.

Ma l’emendamento che preoccupa maggiormente le associazioni è quello sulla riduzione del valore del prezzo di riferimento del Certificato Verde dagli attuali 85,00 €/MWh a circa 40,00 €/MWh. Questa, almeno la conseguenza prospettata dalle associazioni , in quanto così formulata, i certificati verdi non verrebbero più calcolati sul prezzo medio registrato sulla Borsa elettrica, ma ricavati dalla differenza tra il valore di 120 euro al MWh e “il valore medio annuo del prezzo di cessione dell’energia definito dall’Autorità dell’energia elettrica ed il gas”.

Quest’ultimo fatto preoccupa maggiormente le associazioni di categoria, poiché mentre nel primo emendamento sono riscontrabili comunque alcuni segnali positivi, il secondo invece, sembra invece voler definitivamente compromettere gli impianti fotovoltaici che vivono grazie al meccanismo dei certificati verdi.

Un provvedimento che causerebbe una grave crisi per chi investe nel settore, sottoponendolo, come denunciano con preoccupazione le associazioni nel loro comunicato, “ad un ennesimo mutamento delle regole del gioco in corsa”.

Anche perché in Italia attualmente l’energia solare, favorita fino al 2010 dal Conto Energia, si scontra sul fronte fiscale con l’ICI sugli impianti fotovoltaici a terra, classificati dall’agenzia del territorio come “opifici” e dunque assoggettati al pagamento dell’imposta che, incide, secondo i produttori, per 13mila euro su ogni megawatt. Un onere che potrebbe scoraggiare anche gli investitori internazionali.

Inoltre le tariffe incentivanti previste dal Conto Energia per chi produce energia elettrica da fonte solare non sono poi cumulabili, per i privati, con la detrazione IRPEF del 36% riconosciuta o richiesta per la realizzazione di relativi impianti fotovoltaici, né tanto meno cumulabili con i certificati verdi.

La prospettiva paventata in finanziaria, dunque, si muoverebbe letteralmente in direzione opposta rispetto agli obiettivo europei previsti per il 2020. Una cosa è certa, il braccio di ferro continuerà ancora a lungo.

Francesca Mancuso

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