Energia solare: Michela Lanchi di ENEA presenta il primo disco solare al mondo che funziona anche senza sole

Un disco solare che potrebbe funzionare anche senza sole grazie al lavoro di una donna caparbia e competente: ENEA, e in particolare la ricercatrice Michela Landi, del Dipartimento Tecnologie Energetiche, presenta oggi 29 settembre, giornata dell'Open Day della Ricerca, il prototipo di una tecnologia innovativa che potrebbe superare parecchi limiti del comune fotovoltaico

Un disco solare che potrebbe funzionare anche senza sole grazie al lavoro di una donna caparbia e competente: ENEA, e in particolare la ricercatrice Michela Lanchi, del Dipartimento Tecnologie Energetiche, presenta oggi 29 settembre, giornata dell’Open Day della Ricerca, il prototipo di una tecnologia innovativa che potrebbe superare parecchi limiti del comune fotovoltaico.

Il disco è concepito per poter “catturare” dal Sole 70 kW di potenza raggiante e di convertirli fino a 15 kW di potenza elettrica, sufficienti ad alimentare un condominio di 5 appartamenti.

Come funziona

Il sistema si basa su una tecnologia innovativa di derivazione automobilistica, una microturbina ad aria, più affidabile e con maggiore vita utile, ma sopratutto in grado di essere alimentata anche senza sole, per esempio con biocombustibili, mantenendo dunque il suo funzionamento green.

disco solare landi2

Il concentratore solare, il disco, riflette la radiazione solare sulla finestra del ricevitore che l’assorbe al suo interno, mentre l’aria circolante si scalda fino ad una temperatura di circa 800/900°C.

Tecnicamente il sistema comprime l’aria esterna a circa 3 atmosfere (ovvero circa tre volte la pressione atmosferica) che viene poi inviata al ricevitore. Qui entra in gioco il calore solare, che scalda il flusso d’aria che a sua volta passa quindi alla microturbina, dove si espande, mentre il calore residuo viene ceduto a un recuperatore prima che l’aria venga rilasciata nell’ambiente.

L’espansione dell’aria nella turbina mette in moto, come un vento, un generatore ad alta frequenza che raggiunge la velocità di rotazione di circa 150mila giri/minuto, assicurando in questo modo una potenza elettrica in uscita compresa tra 3 e 15 kW, dunque fino a quella necessaria ad alimentare un condominio di 5 appartamenti.

Un sistema che può funzionare anche senza sole

“Questo sistema di trasformazione di energia solare in elettricità si basa sulla tecnologia del solare a concentrazione – ci spiega al telefono Michela Lanchi – quindi dall’energia solare produciamo energia termica da cui poi ricaviamo elettricità. Questo ci consente di immagazzinare energia termica e di poterla utilizzare al bisogno. Diversa quindi, concettualmente, dal fotovoltaico che “non passa per il termico” e che determina il problema dell'”energia a intermittenza“.

“L’innovazione principale è comunque la microturbina ad aria – sottolinea la Lanchi – di derivazione automobilistica. É più affidabile e ha una maggiore vita utile e, proprio per la sua “origine” è più facilmente adattabile ad un’alimentazione a combustibili classici e biocombustibili, in un sistema ibridizzato. Il sistema dunque si può ottimizzare per un’alimentazione mista, solare e via combustibile, in modo quindi da estendere l’utilizzo dell’impianto in totale assenza di sole. Basta veramente poco per implementare sul sistema attuale questa modifica”.

Un impianto destinato a migliorare ancora

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Non è ancora tutto fatto, comunque, ma lo sarà presto, precisa la Lanchi, che si definisce “molto testarda”. “L’impianto dimostrativo che abbiamo realizzato in Casaccia (una delle sedi ENEA, nel comune di Roma, N.d.R.) in realtà è un prototipo volto a dimostrare la fattibilità tecnologica dell’accoppiamento della microturbina con il concentratore solare – continua la ricercatrice – e non è stato ancora ottimizzato per lo stoccaggio termico, che è l’elemento distintivo rispetto al fotovoltaico. Ci stiamo lavorando”.

La ricerca è stata finanziata nell’ambito del OMSoP di cui ENEA è partner e che è coordinato dalla City University of London. Il progetto si è appena concluso, ma i partner non intendono fermarsi.

“Nel 2018 dovremo continuare ad esercire l’impianto, per intervenire sui “colli di bottiglia” – ci spiega ancora la ricercatrice – A quel punto introdurremo i due concetti chiave: lo stoccaggio termico, attraverso l’utilizzo di materiale inerte, e l’ibridizzazione. Il progetto che ha finanziato questi risultati è finito, quindi stiamo cercando altre fonti di finanziamento. Il consorzio sta lavorando ad un accordo che prevede il cofinanziamento delle attività con fondi privati dei vari enti, per sovvenzionare le operazioni di impianto”.

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Quindi quando potremmo avere il disco nelle nostre case? “Se tutto va per il verso giusto, non si parla di una tecnologia è lungo termine, futuribile. É qualcosa di relativamente imminente. Possiamo parlare di 3-4 anni conclude la ricercatrice.

Redazione greenMe.it

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