Così i film apocalittici sui cambiamenti climatici ci hanno cullati in un falso senso di sicurezza con i loro lieto fine

I film apocalittici hanno instillato in noi la convinzione che una speranza per l'uomo c'è sempre. Ma la crisi climatica sembra dirci altro

I film apocalittici, con l’happy-ending assicurato, hanno instillato in noi la convinzione che una speranza per l’umanità c’è sempre. Ma la crisi climatica che incombe sembra dirci qualcosa di diverso. 

L’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha lanciato l’ennesimo, preoccupante allarme: settimane di eventi climatici estremi e devastanti – caldo record, alluvioni, incendi, inondazioni – dimostrano quanto la situazione sia grave e quasi irreparabile. Le immagini apocalittiche a cui ci stiamo abituando – case in fiamme, villaggi distrutti dalla forza dell’acqua, animali che stanno morendo – sembrano uscite da colossal hollywoodiani.

Ma mentre i film di solito si concludono con un lieto fine in cui i protagonisti sventano la calamità naturale e salvano il mondo, la realtà che si presenta davanti ai nostri occhi è ben lontana dall’essere risolta. (Leggi anche: Alluvioni, incendi, tornado di zanzare, caldo infernale: la crisi climatica bussa forte alle nostre porte)

Potrebbe sembrare frivolo comparare la drammatica realtà a scene di film nati per intrattenerci, e invece queste comparazioni possono rivelarsi utili per aiutarci a comprendere il particolare momento storico che stiamo vivendo. Come ogni opera d’arte, anche un film può rivelare molto dello spirito del tempo (quello che i tedeschi chiamano Zeitgeist) in cui è concepito e realizzato, riflettendo le paure e le ansie dell’umanità.

Per esempio, la proliferazione di blockbuster apocalittici usciti appena prima del passaggio al III millennio ha tratto la sua forza dalle teorie che prevedevano una possibile fine del mondo all’inizio del 2000. Allo stesso modo, i film più guardati nei primi mesi della pandemia da Covid-19 sono stati proprio quelli riguardanti società devastate da malattie ed epidemie. Attraverso la macchina da presa, i vari registi hanno offerto uno sguardo terribile e al tempo stesso affascinante su come potrebbe essere la fine del mondo – zombie, invasioni aliene, malattie mortali, disastri ambientali, bizzarre profezie.

Tuttavia, nessuno di queste pellicole rappresenta davvero la fine del mondo, anzi: i film apocalittici possono anche iniziare mettendo sulla scena il rischio della distruzione totale, ma il più delle volte finiscono con il ritorno a una sorta di normalità, a un nuovo equilibrio che viene ristabilito alla fine del film. Questo perché noi spettatori abbiamo bisogno di essere rassicurati, abbiamo bisogno di vedere che alla fine una speranza ci sarà sempre – il falso senso di sicurezza che ne deriva ci culla nell’idea che siamo immortali, che per noi ci sarà sempre salvezza.

La realtà, purtroppo, è molto diversa: non c’è alcuna certezza che l’umanità riuscirà a salvarsi, e anzi le previsioni degli scienziati sono tutt’altro che rassicuranti. Gli ultimi 200 anni di danni che l’uomo ha provocato alla natura hanno rappresentato il preludio alla fine, l’allestimento della tragedia – ora è il momento della resa dei conti: tutti noi, protagonisti del dramma che si sta svolgendo davanti ai nostri occhi attoniti, dobbiamo fare qualcosa di più che guardare. Dobbiamo passare all’azione, e dobbiamo farlo subito, prima che le conseguenze delle nostre azioni contro il pianeta siano irreparabili. Altrimenti, la conclusione  potrebbe non essere il finale che speriamo.

Il francese Jacques Derrida avvertiva, in tempi non sospetti: “La fine si avvicina, ma l’apocalisse è lunga.”

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Fonte: The Conversation

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