COP26: perché l’accordo sul carbone non è sufficiente per evitare la catastrofe climatica 

Raggiunto l'accordo sul carbone da 40 Paesi che stanno partecipando alla CO26. Basterà a scongiurare la catastrofe climatica?

Raggiunto l’accordo sul carbone da 40 Paesi che stanno partecipando alla CO26. Basterà a scongiurare la catastrofe climatica? Pare proprio di no, almeno non con i tempi che sono stati indicati 

L’accordo sul carbone era stato annunciato come uno dei più importanti obiettivi della COP26, ma si è già rivelato un flop, l’ennesimo. Alla fine sono infatti soltanto 40 i Paesi che si sono impegnati a non usare più il carbone per produrre energia elettrica.

Il carbone è tristemente noto come il combustibile fossile più inquinante in assoluto e le emissioni di gas serra causate dalla sua combustione sono tra le principali cause della crisi climatica. Eppure, all’appello mancano alcuni degli Stati che inquinano di più al mondo, tra cui India, Cina, Stati Uniti e Australia. Un’enorme occasione mancata per dimostrare di voler far agire concretamente in difesa del Pianeta. 

In totale i firmatari sono 190, tra nazioni (fra cui l’Italia, il Regno Unito, la Polonia, Ucraina, Canada e il Vietnam) E organizzazioni, che hanno deciso di impegnarsi ad accelerare il processo eliminazione dello sfruttamento del carbone, passando all’energia pulita. L’intesa raggiunta prevede lo stop agli investimenti in nuove centrali a carbone sia in patria e all’estero e all’eliminazione della produzione di energia a carbone entro il 2030 per le nazioni più ricche e in quello successivo nei Paesi in via di sviluppo.

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Un accordo che non rappresenta una soluzione reale

L’accordo raggiunto è stato presentato come un grande traguardo dai suoi sostenitori, a partire dal Presidente della COP26 Alok Sharma.

“Con questi impegni ambiziosi a cui assistiamo oggi, la fine dell’energia dal carbone è ormai vicina” ha dichiarato  Sharma.

Ma l’impegno assunto da circa 40 Paesi può bastare ad evitare la catastrofe climatica verso cui stiamo andando incontro? Pare proprio che la realtà sia molto meno rosea di così. Innanzitutto perché per almeno altro decennio la maggior parte degli Stati continuerà ad utilizzare il carbone.

Per rimanere entro gli 1,5 °C di aumento della temperatura globale (obiettivo fissato dagli Accordi di Parigi), le nazioni più industrializzate dovrebbero dire addio l’uso del carbone fin da subito, ben prima del 2030, come ribadito più volte anche dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), che proprio in questi giorni sta invitando le nazioni a dire addio al più presto al carbone e alla produzione di energia basata sui combustibili fossili. 

Inoltre, alcuni dei Paesi – come Cina e Usa – maggiormente dipendenti dal carbone hanno preferito non aderire all’accordo, continuando a inquinare.

Insomma, si tratta dell’ennesima presa in giro, un po’ come l’accordo che riguarda il metano, senza affrontare il problema degli allevamenti intensivi. 

L’estrazione di carbonio mette a rischio le terre degli indigeni

Per diversi attivisti ambientali e organizzazioni l’accordo sul carbone sembra più una una beffa piuttosto che una soluzione concreta. Tra i Paesi che non hanno aderito all’alleanza c’è l’India, dove le miniere di carbone stanno mettendo a rischio le terre delle popolazioni indigene.

L’impegno a ‘eliminare il carbone’ annunciato oggi suona come una presa in giro per i 20.000 Adivasi (indigeni) che abitano la foresta di Hasdeo, in India, e che vogliono che le attività estrattive nella loro terra siano fermate immediatamente – denuncia Survival International (movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni) – La loro foresta è già deturpata da due enormi miniere di carbone e una terza è appena stata approvata. Ed è solo l’inizio: il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha annunciato piani per aumentare in modo imponente l’estrazione del carbone nel Paese. L’intera foresta di Hasdeo e il suo popolo saranno distrutti: 20.000 vite devastate e un gioiello inestimabile di biodiversità sventrato. I soli a guadagnarci saranno i giganti minerari dell’India.

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Fonti: COP26/Survival International 

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