ISPRA: le citta’ italiane sprecano meno acqua ma consumano più suolo. 57 quelle contaminate

Le città italiane soffrono ancora, ma migliorano negli sprechi d'acqua. Ancora tanta la strada da fare per combattere il consumo del suolo e per favorire la mobilità sostenibile

Le città italiane stanno facendo qualche passo avanti nei problemi ambientali. Sprecano meno acqua, ma consumano ancora una grande quantità di suolo. È quanto emerge dalla VIII edizione del Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano presentato oggi a Roma dall’Ispra, che ha preso in considerazione i dati relativi al biennio 2010-2011 di 51 comuni capoluogo.

Realizzato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ISPRA/ARPA/APPA), il dossier ha analizzato i alcuni dei punti critici che interessano la qualità della vita nelle città italiane.

Acqua. Partendo dall’acqua, settore che per fortuna fa ben sperare. Buone le notizie che arrivano su questo fronte, sia per i sistemi di depurazione legati ai reflui civili e industriali che per i consumi. Dicono i dati che nella maggior parte delle città i reflui vanno a finire nei depuratori per oltre il 90%, mentre la restante quota è convogliata quasi per intero a sistemi individuali di trattamento. Se si ragiona in base alle norme europee, sono risultati conformi ai livelli di emissione 50 dei 66 agglomerati urbani esaminati (in alcune delle 51 città è presente più di un agglomerato).

Quanta acqua consumiamo nel Bel Paese ogni anno? Sempre meno, per fortuna. Il valore medio dell’acqua consumata per uso domestico è diminuito negli ultimi 10 anni del 20%, con un consumo medio pro-capite di 66,7 metri cubi in 116 capoluoghi di provincia. Ma non è solo merito nostro. La verità è che l’acqua è sempre più limitata come risorsa, come evidenziano i casi di razionalizzazione nell’erogazione dell’acqua, che nel 2010 hanno riguardato 7 città.

Aree contaminate. Un po’ meno positiva è la situazione delle aree contaminate presenti sul territorio dei capoluoghi censiti: in Italia esistono 57 Siti contaminati di Interesse Nazionale (SIN), che coprono oltre il 3% del territorio. Secondo il dossier, la più alta concentrazione di SIN si trova a Napoli che ne ha 6, seguita da Milano con 5.

Consumo di suolo. Altra annosa questione, ancora non risolta, è quella del consumo di suolo, che non avvantaggia di certo le nostre città nei confronti di alluvioni, frane e inondazioni, oltre a sottrarre suolo alla produzione agricola e alle aree naturali. Per questo, il 14 settembre 2012 è stato varato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo. In Italia, infatti, si consumano giornalmente più di cento ettari al giorno. E nelle aree urbane? Il rapporto ha valutato il consumo di suolo in 43 aree causato dall’impermeabilizzazione e da altri usi artificiali quali cave, discariche e cantieri, negli anni compresi fra il 1949 e il 2011. Un dato su tutti. In 4 città su 43 il consumo del suolo è esteso ormai a più della metà del territorio comunale, mentre in 10 città è compreso tra il 30 e il 50%.

Infrastrutture verdi. Altro settore legato al suolo è quello delle infrastrutture verdi: parchi, giardini, aree naturali protette e foreste urbane sono fondamentali per la vita nelle città. Anche qui non ci sono stati grossi passi avanti nel biennio considerato. I dati mostrano infatti che la percentuale di verde pubblico sul territorio comunale non è diminuita nell’arco della serie storica analizzata (2000-2010), ma nella maggior parte del campione indagato (30 città su 51) le variazioni positive non hanno superato il punto percentuale, e in 8 città, soprattutto al Centro-Sud, non si sono registrati aumenti.

Manto stradale. Non va bene neanche il manto stradale, altro indicatore della fragilità delle nostre città. Esso subisce sprofondamenti nei centri urbani sia della sede stradale che al di sotto di edifici. Ad esempio, a Roma nel 2012 sono finora stati registrati 59 sprofondamenti, a fronte dei 36 segnalati durante tutto il 2011. Tali fenomeni in generale sono determinati dalle caratteristiche naturali del sottosuolo (es. cavità carsiche), ma anche da fattori antropici come le insufficienze della rete fognaria e di drenaggio. Il maggior numero di casi di sprofondamento complessivamente censiti (periodo 1884-2012) si sono avuti a Roma (1892 fino a settembre 2012), seguita da Napoli (234) e Cagliari (67).

Mobilità sostenibile. Il rapporto ha esaminato anche il settore degli spostamenti green. E qui non c’è proprio nulla di cui vantarsi. Negli ultimi 20 anni, dal 1991 al 2010, il tasso di motorizzazione dei veicoli privati nel paese è passato da circa 501 autovetture ogni 1000 abitanti a circa 606, con un primato che forse dovrebbe far riflettere: l’Italia è uno dei paesi con più alto numero di autovetture procapite. Tuttavia, nel periodo 2006-2010, il numero di autovetture private ogni 1000 abitanti nelle 51 città è diminuito nel 60% dei comuni (soprattutto Centro-Nord), aumentando invece nel 40% dei comuni (principalmente Sud e Isole).

Piste ciclabili. Solita forbice tra Nord e Sud purtroppo. Il numero di piste ciclabili è cresciuto nel decennio 2000-2010 nella maggior parte delle città, soprattutto al Nord. La regione più virtuosa è l’Emilia Romagna con 8 tra le prime 10 città per metri di piste ciclabili ogni 1000 abitanti. Il valore più elevato si registra a Reggio Emilia con 1026 metri di piste ciclabili per 1000 abitanti mentre, tra le grandi città, Roma e Milano registrano bassi valori (circa 45 e 57 metri di piste ciclabili per 1000 abitanti nel 2010).

Molti passi avanti occorrono ancora per rendere le nostre città a misura d’uomo, ma conoscerne le mancanze è già un piccolo passo avanti per capire cosa va cambiato.

Francesca Mancuso

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