Vivisezione: i 7 animali da laboratorio da non dimenticare

Quindi dopo i 5 animali più usati e abusati, oggi vorremmo porre l’accento su quelli il cui sacrifico ha segnato in modo indelebile la ricerca scientifica, pervasi da un senso di profonda gratitudine verso tutti gli animali che hanno dato la loro vita per il migliorare la nostra.

Il tema della vivisezione è sempre tremendamente attuale: noi l’abbiamo trattato più volte cercando di spostare il punto di vista dall’egocentrico uomo a quello delle migliaia di animali che ancora oggi vengono utilizzati nei laboratori scientifici di tutto il mondo.

Come denunciato dalla LAV nei mesi scorsi sulla base delle informazioni ottenute dal Ministero della Salute, infatti, c’è stato un forte aumento della sperimentazione animale nel nostro Paese in particolare nel biennio 2008/2009. La cosa incredibile è che questo dato è in controtendenza con il nuovo scenario internazionale sempre più orientato verso metodi alternativi. Lascia amaramente stupiti che vi sia un consistente aumento del ricorso a test invasivi e dolorosi e una crescita degli impianti autorizzati, nonostante lo scenario scientifico nazionale ed europeo sia sempre più orientato alla promozione di metodi sostitutivi all’impiego di animali – afferma la biologa Michela Kuan, responsabile nazionale LAV settore vivisezione – In Italia il principio per il quale il metodo alternativo deve essere preferito all’impiego di animali, stabilito dall’articolo 4 del Decreto Legislativo 116/92 in materia di protezione degli animali usati a fini sperimentali, viene del tutto ignorato sia dall’utilizzatore di animali che dal Ministero della Salute: una situazione che va peraltro a tutto danno della ricerca biomedica italiana e che riteniamo debba essere presto cambiata. Un’inversione di rotta indispensabile anche alla luce del recepimento della nuova direttiva 2010/63UE: un’occasione che non deve essere assolutamente sprecata dal Ministero della Salute e dagli Enti Governativi per supportare in Italia una nuova ricerca all’avanguardia, che tuteli i pazienti umani ma anche gli animali”.

In Europa la situazione non sembra essere migliore. Il numero di animali utilizzati e poi soppressi nei laboratori autorizzati ha raggiunto la mostruosa cifra di 12 milioni di esemplari, con incrementi in alcuni paesi europei di oltre il 50%. Un orrendo primato che vede in testa Francia, Inghilterra e Germania.

Quindi dopo i 5 animali più usati e abusati, oggi vorremmo porre l’accento su quelli il cui sacrifico ha segnato in modo indelebile la ricerca scientifica.

Moscerino della frutta

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Sembra incredibile che un animale così piccolo possa essere utilizzato in laboratorio, eppure da questo piccolo insetto sono stati ricavati moltissimi dati. Grazie alla Drosophila Melanogaster, infatti, gli scienziati hanno condotto numerosi studi genetici che hanno consentito di scoprire molte cose sulla trasmissione del patrimonio genetico. I moscerini della frutta sono in possesso di un cromosoma breve con genoma semplice che è stato prontamente sequenziato dagli studiosi. In virtù della loro brevissima esistenza questi insetti hanno permesso agli scienziati di osservare come le caratteristiche genetiche siano tramandate di generazione in generazione.

Rana Artigliata Africana

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Le rane appartenenti alla famiglia delle Pipidae ed in particolare le Xenopus Laevis sono utilizzate da decenni in laboratorio soprattutto nella ricerca sul DNA. Le uova e gli embrioni di questi anfibi sono veri e proprio sistemi chiusi che hanno il vantaggio supplementare, di essere trasparenti e di consentire un’osservazione unica. Le Xenopus laevis sono state i primi vertebrati ad essere clonati con successo e nel 1992 alcuni esemplari furono inviati in orbita a bordo dello Space Shuttle Endeavour, al fine di osservare se la riproduzione e lo sviluppo embrionale fossero possibili in un ambiente a gravità zero.

Topi e ratti

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La quasi totalità degli animali utilizzati in laboratorio nelle procedure di collaudo è rappresentata dai roditori. Nove su dieci sono o topi o ratti in prevalenza albini. Si stima che nei soli Stati Uniti siano utilizzati per la sperimentazione scientifica oltre 20 milioni di questi roditori. In misura molto minore sono impiegati anche Gerbilli, criceti e cavie.
In Italia invece i topi rappresentano il 53% degli animali impiegati nella sperimentazione mentre i ratti costituiscono “solo” il 19%.
Come per i moscerini della frutta anche per questi piccoli roditori le piccole dimensioni e un ciclo vitale molto veloce ne hanno fatto l’animale ideale in tutti i laboratori. I topi sono principalmente utilizzati per lo studio delle malattie, la loro trasmissione e le cure, mentre i ratti sono impiegati per le ricerche sul cancro e negli studi tossicologici.

Conigli

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I conigli albini sono forse uno dei testimonial più utilizzati nelle campagne di sensibilizzazione contro la vivisezione e la sperimentazione sugli animali. Sono il simbolo delle atrocità umane. Sono impiegati, infatti, da molto tempo nei test di irritazione oculare condotti per garantire la sicurezza dei cosmetici e dei tanti prodotti per il corpo a uso umano. Sono le vittime designate del famigerato Draize Test.
Questa procedura fu introdotta nel 1944 dai tossicologi al servizio della FDA (Food and Drug Administration), che scelsero i conigli in quanto presentavano una lacrimazione oculare inferiore a quella di altri mammiferi. Inoltre, la mancanza di pigmentazione negli esemplari albini consentiva ai ricercatori di osservare meglio gli effetti delle sostanze chimiche in fase di test. Oggi fortunatamente sembra che il Draize test sia eseguito sempre con meno frequenza in quanto le sostanze utilizzate nella cosmesi sono in gran parte sicure poiché già testate.
Il largo impiego dei conigli in laboratorio è inoltre dovuto alla produzione di anticorpi policlonali che risultano essere più numerosi e vigorosi rispetto a quelli prodotti con roditori più piccoli come topi o ratti. In Italia i conigli costituiscono il 3% circa degli animali utilizzati in laboratorio.

Cani

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Dalle ultime stime dell’USDA Animal Welfare Report sembrerebbe che siano più di 60.000 mila i cani utilizzati ogni anno nella sperimentazione dalle strutture regolari degli Stati Uniti. E in Italia l’allevamento bunker di Green Hill è esemplare.

I nostri amici a quattro zampe sono generalmente scelti per gli studi inerenti le scienze cardiologiche, endocrinologiche e osteoartritiche.
Inoltre, sono stati particolarmente utilizzati dall’ex Unione Sovietica per gli esperimenti in campo aerospaziale finalizzati ai voli nello spazio. Molti di loro non ce l’hanno fatta come la celebre ed indimenticabile Laika.

Scimmie

scimmie vivisezione

Le scimmie sono i primati non umani più comunemente utilizzati in laboratorio. La loro “somiglianza” genetica con l’uomo ne ha sancito questo triste destino: se da una parte questo è un plus per la scienza dall’altra dovrebbe senz’altro costituire una grave questione morale.
Ogni anno sono più di 15.000 le scimmie importate negli Stati Uniti: i macachi Rhesus o Cynomolgus, e molte altre piccole scimmie destinate alla sperimentazione animale.
I macachi Rhesus sono uno degli altri volti noti delle campagne contro la sperimentazione sugli animali e vengono impiegati per esperimenti transgenici.
Nel triennio 2007/2009 in Italia si è assistito all’aumento del numero di scimmie utilizzate per la sperimentazione in particolare quelle appartenenti alle superfamiglie Ceboidea (da 59 esemplari a 90 per triennio) e Cercopithoidea (da 1089 esemplari a 1190).

Scimpanzé

scimpanzé vivisezione

Gli scimpanzé sono forse i soggetti più controversi utilizzati nella sperimentazione.
Si stima che a partire dal 2006 siano stati più di 1.200 gli scimpanzé detenuti nei centri statunitensi per primati: in virtù della loro intelligenza questi primati sono stati utilizzati in una vasta gamma di esperimenti che hanno spaziato dalla psicologia alla ricerca sull’AIDS.
Inoltre, sono stati il fulcro dei programmi spaziali statunitensi; no dei più famosi scimpanzé astronauti fu Ham che venne impiegato nel pionieristico progetto “Space Chimps”. Il 31 gennaio 1961, dopo un anno e mezzo di formazione, Ham fu lanciato da Cape Canaveral per un volo spaziale suborbitale che ebbe molto successo e fornì dati importantissimi circa il possibile impiego dell’uomo in tali attività. Nel periodo compreso tra il 1980 e il 1990 grazie ai processi informatici e alle tecniche di imaging del DNA la necessità di utilizzare scimpanzé per la ricerca scientifica fu drasticamente ridotta. Il problema ora era dove collocare gli oltre 2.000 esemplari destinati alla ricerca che non potevano certo essere reinseriti in natura. Furono stanziati oltre 30 milioni dollari per la creazione di strutture atte ad ospitare gli scimpanzé, come ad esempio il Chimp Haven (), in Louisiana o il Save the Chimps nei pressi di Fort Pierce in Florida.

Nel diciannovesimo secolo il fisiologo francese Claude Bernard disse: “Se dovessi fare un paragone che esprimesse il mio pensiero sulla scienza della vita, direi che essa è come una sala superba e sfolgorante di luce alla quale però si può accedere solo da una lunga e spaventevole cucina”. Bernard praticò la vivisezione nel disgusto di sua moglie e di sua figlia che finirono per abbandonarlo, stanche dei suoi esperimenti, per poi diventare attiviste contro la vivisezione. Già nel 1865 la necessità di una tale “cucina” era appena tollerabile. Oggi forse sarebbe opportuno liberarcene definitivamente e dire no alla vivisezione, pervasi da un senso di profonda gratitudine verso tutti gli animali che hanno dato la loro vita per il migliorare la nostra.

Lorenzo De Ritis

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