Anche in Italia il Covid è mutato nei visoni, ma gli allevamenti restano aperti (e non si parla mai di uno stop definitivo)

Visoni e coronavirus: cosa sta succedendo? In Danimarca e in Irlanda, i governi stanno abbattendo milioni di visoni. E in Italia?

Visoni e coronavirus: cosa sta succedendo? In Danimarca e in Irlanda, non senza polemiche e dietrofront, i governi stanno abbattendo milioni di visoni per paura della mutazione del virus, ma parlano anche della chiusura definitiva degli allevamenti. E in Italia?

Il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie ha rilasciato una nuova valutazione proprio in merito alla diffusione del coronavirus tra i visoni di allevamento e che conferma i gravi pericoli per la salute pubblica già segnalati dalle evidenze scientifiche di ricerche condotte da Autorità sanitarie olandesi e danesi.

Dopo la segnalazione della Lav, l’Oms ha inserito anche l’Italia nella lista dei Paesi in cui è stata rilevata la presenza del coronavirus Sars-CoV-2 in allevamenti di visoni. “Ad oggi, 6 Paesi, cioè Danimarca, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Italia e Stati Uniti, hanno segnalato Sars-CoV-2 nei visoni d’allevamento all’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie)”.

Come vi avevamo già raccontato, secondo la Lav ci sarebbero dei focolai in Lombardia, dove sono presenti 2 strutture in provincia di Cremona e 1 in provincia di Brescia per un totale di quasi 40mila visoni. Secondo l’organizzazione, nel mese di agosto sono stati prelevati dei campioni dai visoni di un unico allevamento e almeno due sono positivi al SARS-CoV-2. Un’informazione che la LAV ha ottenuto soltanto adesso dopo numerosi e insistenti appelli e istanze di accesso agli atti al ministero della Salute, al Comitato Tecnico Scientifico, alle Regioni e all’IZS (della Lombardia ed Emilia Romagna). Ma in tutto questo periodo, gli allevamenti sono rimasti aperti, i dipendenti hanno continuato a lavorare senza protezioni e i visoni hanno avuto il tempo di essere incubatori di un virus mutato.

Quando il virus viene introdotto in un allevamento di visoni, può diffondersi rapidamente, infettando molti animali. Lo scorso 4 novembre, la prima ministra Mette Frederiksen ha annunciato la decisione del governo di dovere procedere all’abbattimento in urgenza di tutti i 17 milioni di visoni stabulati nei 1140 allevamenti intensivi del Paese (in un solo mese i focolai sono passati da 41 a 207 e il virus mutato nei visoni si è diffuso nella popolazione).

“Ora basta con questa irresponsabile inerzia. Ministero della Salute e Governo intervengano con urgenza, la salute pubblica non può essere messa ulteriormente a rischio dalla presenza di allevamenti di visoni destinati alla produzione di pellicce. E’ necessario vietare questi allevamenti da subito”, dichiara la LAV.

Il quadro è allarmante. A causa delle mutazioni che si verificano nella proteina Spike in molte di queste varianti (almeno 7) del virus, c’è il rischio che i vaccini che si stanno sviluppando con riferimento alla linea base del genoma e che puntano ad attaccare il virus proprio dalla proteina Spike, non forniranno una protezione ottimale, e comunque l’immunità di gregge alla prima infezione di Covid-19 potrà fornire una protezione inferiore contro le nuove varianti del virus.

“Abbiamo documentato come negli allevamenti di visoni in Italia non vengano rispettate le minime norme di biosicurezza da parte di operatori che non indossano dispositivi di protezione individuali quali maschere, guanti, tute monouso. La tutela della salute pubblica non può essere affidata alla irresponsabilità di chi lavora in queste strutture”, conclude la LAV.

“Questo preoccupante avvenimento riguarda i visoni, ma ogni giorno in tutto il mondo i maxi allevamenti intensivi rischiano di diventare focolai di malattie infettive. Il sistema degli allevamenti intensivi va radicalmente cambiato e invece viene foraggiato con i fondi pubblici della Politica Agricola Comune (PAC). I fondi pubblici, sia della PAC che del Recovery fund, dovrebbero invece essere utilizzati per una vera transizione del sistema e non per continuare ad alimentare un modello malato, che tra l’altro lascia indietro le aziende agricole di piccola dimensione e più ecologiche, che continuano a chiudere.” dichiara Federica Ferrario, responsabile Campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.

In tutto questo, il nostro Governo e le Regioni continueranno ad ignorare il fatto che  8 allevamenti italiani possono essere bombe ad orologeria dato il conclamato ruolo attivo nella trasmissione secondaria del virus su larga scala e nel lungo periodo?

FIRMA QUI LA PETIZIONE PER LA CHIUSURA DEGLI ALLEVAMENTI

Fonti: Lav

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