Animali: sanno distinguere il bene dal male

Gli animali sono esseri morali? Conoscono la differenza tra il bene e il male? A tutti noi, da piccoli, sono state insegnate delle regole su come comportarsi, per sviluppare un proprio codice morale. Ma gli esseri umani sono l'unica specie a conoscere un personale senso di moralità? A rispondere a queste e altre domande è, in un'intervista, il dottor Marc Bekoff, collaboratore dell'HuffingtonPost, biologo evoluzionista ed etologo

Gli animali sono esseri morali? Conoscono la differenza tra il bene e il male? A tutti noi, da piccoli, sono state insegnate delle regole su come comportarsi, per sviluppare un proprio codice morale. Ma gli esseri umani sono l’unica specie a conoscere un personale senso di moralità? A rispondere a queste e altre domande è, in un’intervista, il dottor Marc Bekoff, collaboratore dell’HuffingtonPost, biologo evoluzionista ed etologo.

Esiste, allora, qualcosa che può essere definito come “morale animale“? “Penso che gli animali riconoscano il bene e il male. Ci sono molte prove di ciò nella capacità di prendersi cura degli altri, come un animale che accudisce un membro ferito del proprio gruppo, invece di attaccarlo, lasciarlo solo o rubargli il cibo. Quindi sì, penso che ci siano alcuni buoni esempi di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e di quello che io definirei un comportamento morale“, risponde Bekoff.

Molti studi su canidi, come lupi, cani e coyote, spiegano l’importanza del gioco come apprendimento. Ma che succede con gli altri animali? Giocano? E seguono regole speciali? “Il gioco – risponde il biologo- è stato studiato in animali come gli uccelli, e ci sono alcune evidenze che dimostrano come anche i pesci giochino. Ma, in realtà, la maggior parte delle ricerche sono state condotte sui mammiferi. A quanto pare, una ricerca fatta sul gioco nei ratti ha dimostrato, per esempio, che il loro modo di giocare è complesso tanto quello di cani, lupi, coyote e scimpanzé“.

Ma non tutti gli animali rispettano le regole del gioco e ce ne sono alcuni che agiscono “immoralmente”. “L’ho visto nei parchi con i cani, – racconta Bekoff- ma una delle cose che abbiamo imparato anche in natura, tra i coyote selvaggi, ma gli animali non vengono etichettati come imbroglioni o giocatori sleali. Quello che succede è che poi gli altri rifiutano i loro segnali di gioco o li evitano. Questi individui non hanno legami con gli altri membri e sono più propensi a lasciare il gruppo. Ne consegue un tasso di mortalità fino a quattro volte più alto. Così, come biologo, quello che sto veramente cercando in’ultima analisi è se c’è una qualche conseguenza del non giocare in modo equo. Beh, sembra che la conseguenza possa essere quella di lasciare il gruppo e avere più probabilità di morire“.

Questo spiega, quindi, perché il bullismo non possa portare alcun beneficio agli animali selvatici. Ma per quanto riguarda il comportamento morale? Ha un vantaggio evolutivo? “Quello che fondamentalmente, troviamo in tutti i primati è che oltre il 90% del loro comportamento è ciò che chiamiamo pro-sociale o affiliativo, positivo. Il 10%, o anche meno, è ciò che chiameremmo aggressivo o assertivo. Ma la cosa importante è che oltre quel 10% la percentuale può diventare veramente dannosa. Così, quello che mi entusiasma è che la ricerca sul comportamento morale degli animali e su quello pro-sociale sta dimostrando che essere carini e gentili con gli altri è per gli animali un comportamento naturale“, conclude l’esperto.

La maggior parte dei comportamenti animali, insomma, sono di tipo cooperativo, nonostante i documentari vogliano farci credere in una natura competitiva. Così, se anche noi umani siamo animali, forse nel nostro DNA, dopo centinaia di milioni di anni di evoluzione, esiste una incancellabile bussola morale che potrebbe fare di noi degli esseri migliori e rispettosi. Meglio continuare a comportarsi “da animali”, ne va della nostra probabilità di sopravvivere.

Roberta Ragni

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