Scoperta straordinaria: un fossile risolve un antico mistero sull’origine della vita

Come è nata la vita sulla Terra? Un antico fossile mette ora un tassello in più verso la soluzione del mistero della vita

Quando è nata la vita sulla Terra? Ma soprattutto, come? Un antico fossile mette ora un tassello in più verso la soluzione del grande mistero della vita.

I briozoi, piccoli invertebrati acquatici, sono probabilmente nati oltre 35 milioni di anni prima di quanto si pensasse in precedenza. La scoperta, condotta da un gruppo di scienziati guidati dalla Northwest University (Cina), ha così “allineato” questi gruppi di esseri viventi al resto dei principali gruppi animali.

I più antichi fossili di briozoi, colonie formate da minuscoli animali singoli chiamati zooidi, erano precedentemente datati al periodo Ordoviciano, secondo dei sei (sette in Nord America) periodi geologici in cui è suddivisa l’era geologica paleozoica, a circa 480 milioni di anni fa, 50 milioni di anni dopo la prima comparsa della maggior parte degli altri gruppi animali.

Ma ora, la scoperta e l’analisi di fossili di Protomelision gatehousei dall’Australia e dalla Cina hanno smentito questa tesi, confermando che i bryozoa non erano in ritardo, essendosi invece evoluti tra i loro parenti stretti oltre 500 milioni di anni fa.

Questa scoperta è importante perché avevamo previsto che i briozoi del Cambriano avrebbero potuto avere colonie incrostanti, ma P. gatehousei non lo fa – spiega Paul Taylor, che ha collaborato alla ricerca – La sua struttura, con individui schiena contro schiena che crescevano verso l’alto nella colonna d’acqua, non è la forma coloniale più probabile per un briozoo primitivo, e suggerisce che potrebbe esserci una diversità molto maggiore di briozoi nel Cambriano. Inoltre, la loro storia potrebbe estendersi ancora più indietro nel tempo

I briozoi sono un grande phylum del regno animale, composto da circa 6.500 specie viventi. Tutte loro vivono in acqua, la maggior parte abita negli oceani. Ogni colonia è composta da molti singoli zooidi, piccoli animali invertebrati lunghi meno di un millimetro e geneticamente identici, che si uniscono per formare il briozoo (in alcune specie alcuni zooidi si specializzano per svolgere ruoli riproduttivi o difensivi).

Sono per lo più sessili e si attaccano alle rocce, ma alcuni si attaccano a conchiglie o alghe – continua Paul – Sono un’importante fonte di cibo e possono fornire habitat per granchi e pesci, formando mini strutture simili a barriere coralline

fossile briozoa origine della vita

©Nature

Proteggerli, tra l’altro, è fondamentale.

Purtroppo la gente non ne sa molto – riferisce su questo lo scienziato – Quelli noti tendono ad essere visti in modo negativo poiché inquinano navi e moli. Tuttavia, la briostatina è un prodotto derivato da una specie testata come farmaco contro il cancro e l’Alzheimer

La maggior parte dei gruppi di briozoi ha scheletri duri fatti di carbonato di calcio che formano facilmente fossili, cosa che ha consentito già l’identificazione di oltre 15.000 specie estinte. Ma si pensa che i primi briozoi avessero corpi molli che avrebbero reso meno probabile la formazione di fossili.

Gli scienziati sospettavano in realtà da tempo che anche i briozoi si fossero evoluti durante il Cambriano, ma mancavano prove reali. Infatti, mentre il loro DNA suggeriva che si fossero effettivamente originati durante questo periodo, i più antichi fossili trovati finora li collocavano nell’Ordoviciano.

Ora sappiamo che la risposta a questo enigma era già stata trovata 44 anni fa (ma non lo sapevamo).

Scoperto in Australia nel 1977, infatti, P. gatehousei era stato descritto dallo scienziato Glenn Brock come diverso da quasi tutti gli altri fossili trovati nella zona. La sua somiglianza con i briozoi è stata notata all’epoca, ma con il campione rotto in frammenti i ricercatori non erano sicuri di classificarlo in questo gruppo.

Anni dopo, Zhiliang Zhang, allievo di Glenn, ha trovato altri esemplari in Cina, che sosteneva essere gli antenati di tutti i briozoi.

I ricercatori hanno scoperto così che ogni colonia aveva una “rete a nido d’ape” diversa da qualsiasi tipo di fossile trovato nel Cambriano. Una singola colonia di P. gatehousei avrebbe avuto circa 100 zooidi che emergevano da entrambi i lati di uno strato centrale, simile ad alcuni altri briozoi trovati più tardi nei reperti fossili.

Analizzando meglio il tutto, comunque, in particolare confrontando le sue caratteristiche con specie viventi e fossili, gli esperti hanno dimostrato che in realtà non è proprio l’antenato di tutti i Bryozoa vivi oggi, ma probabilmente un parente stretto.

Spero che questo ritrovamento illumini il gruppo e induca altri a controllare i loro reperti, il che potrebbe rivelare più briozoi del Cambriano

conclude Taylor

Il lavoro è stato pubblicato su Nature.

Fonti: Natural History Museum / Nature

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