Anche i delfini hanno l’Alzheimer? Trovati segnali di demenza negli esemplari spiaggiati

Secondo alcuni studi effettuati dai ricercatori sui fenomeni degli spiaggiamenti nelle acque basse, è emerso che che anche i delfini, invecchiando, possono sviluppare la malattia neurodegenerativa dell'Alzheimer, che li porta soffrire di smarrimento e demenza perdendo completamente la rotto. Inoltre, nel caso in cui il delfino affetto da questa patologia si trovi in testa al gruppo che lo segue, l'intero branco finirà per arenarsi, ancora vivo, in acque molto basse.

Sono tra gli animali più intelligenti al mondo con alcune capacità cognitive paragonabili a quelle dell’uomo e proprio come negli esseri umani, anche i delfini potrebbero incorrere in malattie degenerative del cervello come l’Alzheimer che potrebbero spiegare i fenomeni sempre crescenti di spiaggiamenti di questi cetacei.

Uno studio scozzese pubblicato sull’European Journal of Neuroscience ha dimostrato che anche questi animali, proprio come l’essere umano, possono sviluppare spontaneamente le particolari lesioni che li porteranno a soffrire della malattia neurodegenerativa dell’Alzheimer. (Leggi anche: Perché nel Mar Nero stanno aumentando gli spiaggiamenti dei delfini (c’entra la guerra in Ucraina)

Gli scienziati, infatti, hanno osservato il comportamento dei delfini che si erano pericolosamente (e inspiegabilmente) spinti in acque basse, riscontrando evidenti sintomi della demenza. Una scoperta questa che potrebbe spiegare i numerosi casi di spiaggiamenti di branchi ancora vivi.

Il ricercatore dell’Università di Glasgow, Dr Mark Dalgleish, a seguito di alcuni studi, ha spiegato in un comunicato stampa:

Questi sono risultati significativi che mostrano, per la prima volta, che la patologia cerebrale negli odontoceti spiaggiati è simile al cervello degli esseri umani affetti da Alzheimer clinico. Mentre è allettante in questa fase ipotizzare che la presenza di queste lesioni cerebrali negli odontoceti indichi che possono anche soffrire dei deficit cognitivi associati all’Alzheimer umano, sono necessarie ulteriori ricerche per capire meglio cosa sta succedendo a questi animali.

Nonostante i ricercatori cerchino di spiegare il fenomeno dello spiaggiamento degli animali vivi in acque poco profonde, che oggi appare inspiegabile, questo studio potrebbe avallare la teoria del cosiddetto “leader malato”. Secondo questa ipotesi, infatti, interi branchi non solo di delfini, ma anche di balene, seguirebbero un capo branco che mostra segni di confusione e smarrimento propri dell’Alzheimer.

Oggi, le cause per le quali i delfini contraggono questo disturbo ancora sono poco chiare. Dagli studi effettuati sono emersi livelli anomali della proteina beta-amiloide che si erano accumulati in placche le quali sembrerebbero compromettere i neuroni nel cervello, un’altra proteina chiamata tau si era raccolta in grovigli all’interno dei neuroni e c’era un accumulo di cellule gliali, che causano l’infiammazione del cervello.

I delfini, dunque, invecchiano e, come accade per l’uomo, esiste la possibilità che le capacità di vascolarizzazione si indeboliscano, aumentando quindi le demenze e i deficit cognitivi, probabilmente anche a causa di cambiamenti ormonali.

Gli studiosi continuano quotidianamente a porsi delle domande per capire quali siano i fattori scatenanti questo fenomeno. In questo modo auspicano di riuscire ad elaborare modi per trattare o, addirittura, prevenire l’Alzheimer a favore sia di esseri umani che di animali.

Fonte: Glasow University / European Journal of Neuroscience

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