Per prevenire la prossima pandemia, dovremmo preoccuparci del commercio legale di animali selvatici

Per prevenire la prossima pandemia dovremmo preoccuparci del commercio legale di animali selvatici che superano i controlli senza certificazione sanitaria

Il commercio legale di animali selvatici è un rischio tanto grave per la diffusione di malattie zoonotiche quanto il commercio illegale , avvertono gli esperti.

Ogni anno milioni di animali vivi entrano negli Stati Uniti (così come negli altri Paesi). Per prevenire la prossima pandemia dovremmo preoccuparci proprio di questo, ovvero del commercio legale di animali selvatici che superano i controlli senza certificazione sanitaria. Parliamo ad esempio, negli ultimi mesi, di ventimila rane dalla Cina che saranno cotte e mangiate; 40 scimmie per la ricerca biomedica e ancora trecento vongole giganti dal Vietnam e 30 pastinache dell’Amazzonia brasiliana per acquari domestici.

Jonathan Kolby, in un’approfondimento su National Geographic racconta ciò a cui ha assistito quando era un ispettore della fauna selvatica. “Ho visto regolarmente animali come questi accanto a casse piene di bottiglie di shampoo, cetrioli e rose appena tagliate al porto di Newark, nel New Jersey”,dice.

Secondo Kolby, nel 2019 tra aeroporti, porti marittimi e valichi di frontiera, sono stati importati negli Stati Uniti 4,3 miliardi di dollari tra prodotti derivanti dalla fauna selvatica e fauna selvatica stessa. Un altro dato allarmante è che, ogni anno, circa 200 milioni di animali vivi vengono importati negli Stati Uniti.

Secondo un rapporto degli Committee on Homeland Security and Governmental Affairs, si parla di 175 milioni di pesci da acquario e 25 milioni di animali tra mammiferi, anfibi, uccelli, insetti, rettili, ragni e altro ancora. Inoltre, ogni anno vengono intercettate migliaia di spedizioni illegali di animali selvatici. Nel solo 2019, l’agenzia ha aperto oltre 10mila indagini sul mercato nero.

Tra i tanti problemi di questa situazione al collasso, da non sottovalutare c’è la questione degli agenti patogeni che entrano negli Stati Uniti e tutto questo, non può non avere conseguenze anche sulla salute umana.

“La mia esperienza al Fish and Wildlife Service, dove ho lavorato per 10 anni, prima come ispettore della fauna selvatica e più recentemente come specialista delle politiche che regolano e gestiscono il commercio internazionale di specie selvatiche, mi hanno dimostrato che sebbene siano stati implementati molti controlli per combattere il commercio illegale, le malattie che arrivano attraverso gli animali selvatici, passano inosservate”, dice ancora Kolby.

L’importazione di qualsiasi animale vivo comporta il rischio di malattie per gli animali stessi e per le persone. Lo scoppio del nuovo coronavirus in Cina, su cui si ipotizza che il virus sia passato dai pipistrelli agli umani e poi diffuso in un mercato umido a Wuhan, probabilmente attraverso un ospite intermedio, ha fatto luce su quanto facilmente possano emergere malattie zoonotiche dalla fauna selvatica. In effetti, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale per la salute degli animali, circa il 60% delle malattie umane conosciute ha origine negli animali.
Di fatto, però negli Stati Uniti, ci sono controlli, ma nessuna agenzia federale è incaricata dello screening per le malattie. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) regolano l’importazione di animali selvatici ma intervengono solo in caso di rischio di malattia per pollame o bestiame di importanza agricola.

Il problema comunque non riguarda solo l’America, la maggior parte dei paesi non ha un’agenzia governativa che vaglia in modo completo le importazioni di animali selvatici, per controllare eventuali agenti patogeni.

“L’assenza di qualsiasi entità formale dedicata alla prevenzione della diffusione delle malattie dal commercio di specie selvatiche è un divario cronico in tutto il mondo”, afferma Catherine Machalaba, consulente politica di EcoHealth Alliance, un’organizzazione no profit focalizzata sui collegamenti tra la salute umana e della fauna selvatica.

I funzionari conoscono da tempo le lacune nel sistema normativo degli Stati Uniti. Nel 2005, le National Academies of Science hanno pubblicato un rapporto che ha rilevato un “divario significativo nella prevenzione e nella rilevazione rapida delle malattie emergenti” dalla fauna selvatica importata.

Cinque anni dopo, l’Ufficio di responsabilità del governo degli Stati Uniti, che controlla le spese e le operazioni del governo, ha pubblicato un rapporto sulle importazioni e le malattie di animali vivi. Ha scoperto che il servizio di pesca e fauna selvatica “generalmente non limita l’ingresso di animali selvatici importati che possono comportare rischi di malattia”. Inoltre, afferma il rapporto, il CDC non usa tutti gli strumenti adatti per impedire l’importazione di animali vivi che presentano un rischio di malattie zoonotiche.

In tutta questa situazione, un ruolo chiave lo giocano anche varietà di piante, frutti di mare, erbe medicinali e tanto altro. La chiave per ridurre la diffusione di agenti patogeni c’è, conclude Matthew Gray, direttore associato del Centro per la salute della fauna selvatica dell’Università di Tennessee, a Knoxville ed è quella di un “commercio pulito”, in cui i funzionari del settore privato e del governo collaborino per attuare strategie più sicure. Un esempio potrebbe essere quello di fare test e fornire certificazioni di polizia sanitaria. “Se il commercio pulito non è economicamente sostenibile, potrebbero essere erogati sussidi statali, come spesso accade con l’agricoltura”, afferma.

“Sembra esserci una mancanza di incentivi e la malattia Covid-19 evidenzia tutti i nostri limiti”, afferma Priya Nanjappa, direttore delle operazioni presso Conservation Science Partners, un’organizzazione no profit che fa ricerca e analisi per progetti di conservazione.

La mancanza di incentivi, afferma ancora Najappa, sembra derivare dalla falsa convinzione che se una malattia importata non colpisce immediatamente la salute pubblica o gli animali, non costituisce una grave minaccia per gli interessi economici. Niente di più falso.

Fonte: National Geographic

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