Capodogli: spiaggiamento di massa a Vasto, colpa delle trivelle?

Un tremendo spiaggiamento di massa. Sette capodogli, tutte femmine, si sono spiaggiati nella riserva di Punta Penna nel Comune di Vasto, in Abruzzo. Si sono bloccati sui bassi fondali a circa 10 metri dalla costa. Quattro di loro sono stati salvati, ma per altri 3, di cui una incinta, non c'è stato nulla da fare, nonostante l'intervento dei soccorsi e la grande partecipazione attiva dei cittadini intervenuti sul posto

Un tremendo spiaggiamento di massa. Sette capodogli, tutte femmine, si sono spiaggiati nella riserva di Punta Penna nel Comune di Vasto, in Abruzzo. Si sono bloccati sui bassi fondali a circa 10 metri dalla costa. Quattro di loro sono stati salvati, ma per altri 3, di cui una incinta, non c’è stato nulla da fare, nonostante l’intervento dei soccorsi e la grande partecipazione attiva dei cittadini intervenuti sul posto.

C’entrano le intense attività petrolifere che riguardano il mar Adriatico? Tra i colpevoli c’è anche l’intensa attività di ricerca geosismica attraverso l’air-gun da parte delle compagnie petrolifere, in questo momento specie sulle coste dell’altra sponda? Il dubbio è legittimo. L’air-gun è una pratica, che per l’intensità di suono prodotto nel sottofondo marino diviene micidiale per i cetacei e per la fauna marina in genere com’è acclarato da decine di pubblicazioni scientifiche.

In sostanza, si sparano delle cannonate sonore da 280 decibel che rimbalzano sul fondale e vengono raccolte da dei sensori che in base all’eco prodotta rivelano se ci sono giacimenti. I cetacei hanno un udito molto sviluppato e queste bombe arrecano loro un grave danno, con perdita dell’orientamento.

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Solo di fronte alle coste abruzzesi ci sono 2.615 kmq dati in concessione alle compagnie petrolifere per attività di estrazione e ricerca petrolifera e in totale nell’Adriatico centro meridionale ci sono oltre 12.290 kmq interessati da permessi di ricerca, istanze di coltivazione o per nuove attività di esplorazione di petrolio che si aggiungono alle 8 piattaforme già attive.

“Il dolore per quanto è accaduto, e poteva andare anche peggio, proprio nella spiaggia più bella d’Abruzzo è grande, sembra – sottolinea Fabrizia Arduini referente energia del WWF Abruzzo – un richiamo disperato alla saggezza, il mare ci sta parlando attraverso le drammatiche immagini dei suoi splendidi animali, essenza stessa della vastità magnifica in cui abitano, e che noi trattiamo come una comoda discarica per i nostri veleni e suoni assordanti. Facciamo appello alla Regione Abruzzo sia per Elsa 2, sia perché si adoperi concretamente per instaurare insieme a tutte le regioni adriatiche, un dialogo di vera collaborazione che non sia a singhiozzi come sino ad oggi è stato, al fine di tutelare l’ecosistema marino. Basta slogan, basta perdere tempo, noi siamo il mare e il mare è noi, non capire questo è imperdonabile per noi stessi, e per le generazioni future”.

L’imperativo, ora, è quello di indagare a fondo sulle cause. Lo dobbiamo ai capodogli morti, che proprio come l’orsa Daniza per la quale si sta mobilitando tutta Italia, sono vittime innocenti delle attività umane, e a quelli ancora vivi, animali da tutelare con tutte le nostre forze.

I Presidente di Legambiente Abruzzo, Giuseppe Di Marco, ribadisce con fermezza, proprio per questo “la palese impossibilità di coesistenza di modelli di sviluppo sostenibile con la deriva petrolifera, alla quale si vuole condannare il nostro mare. Continuare a parlare di estrazioni petrolifere non è solo una scelta folle di politica energetica, ma rischia soprattutto di disperdere la vera ricchezza del nostro territorio, ovvero il suo straordinario patrimonio naturalistico, storico e culturale.”

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Bisogna fugare ogni dubbio sui nessi con la ricerca del petrolio, aggiunge Gianfranco Pazienza, di Legambiente Puglia e assegnista di ricerca del Cnr-Ismar:

“Bisogna capire bene quello che è successo – commenta – si deve interrogare l’Ispra e il Ministero dell’Ambiente per sapere se in questi ultimi 10-15 giorni siano state fatte attività di ricerca del petrolio con la tecnica dell’airgun. La legge consente questo genere di operazione solo se effettuato da personale specializzato, solo in questo caso l’operazione viene autorizzata. Bisognerà poi capire bene le condizioni dei cetacei spiaggiati, se erano digiuni e nel caso da quanto tempo e altri fattori per capire bene la situazione”.

Sono ormai certificati gli effetti dell’indagine attraverso airgun sulla fauna acquatica, in particolare sui mammiferi marini. Ci sono studi, infatti, che dimostrano come gli effetti si ripercuotano anche a 3mila miglia dalla sorgente, inducendo i cetacei a modificare il loro comportamento e arrecando gravi danni.

Anche l’Ispra afferma nel “Rapporto tecnico Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani” del maggio 2012 che i fattori antropici, come il rumore generato dagli airgun nel corso di attività sismiche, possono determinare nei capodogli l’impossibilità a orientarsi, e il loro successivo spiaggiamento. Oltre gravi danni anche sull’udito dei pesci e su altre specie marine, anche questi dimostrati ormai da numerosi studi e ricerche condotte negli ultimi anni, che Legambiente ha puntualmente ricordato e riportato anche nei documenti prodotti dall’associazione con le osservazioni ai diversi progetti presentati dalle compagnie petrolifere.

“Sulla base di questi elementi – conclude Giuseppe Di Marco – riteniamo indispensabile e chiediamo agli enti competenti (Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico) di verificare se questi effetti sono stati considerati in fase di rilascio delle autorizzazioni, dove si stanno svolgendo questo tipo di ricerche e chiarire se e quali conseguenze queste abbiano avuto sull’episodio in particolare e quali ne potranno avere in futuro sulla fauna e sugli ecosistemi marini. Riteniamo una scelta assolutamente insensata e estremamente dannosa per l’ambiente marino quella di continuare a concedere aree per la ricerca e l’estrazione di petrolio, noncuranti delle gravi conseguenze ambientali che queste possono comportare. Tutto questo in nome di una presunta indipendenza energetica e di una subdola tesi di convivenza tra modelli di sviluppo che sono agli antipodi. Usciamo da questa farsa!”.

Intanto, proprio verso la fine luglio, un comunicato della Petroceltic Italia, metteva a conoscenza del riavvio del progetto Elsa 2, con i nomi dei comuni in cui la proponente aveva depositato i documenti che illustrano il progetto, a cominciare dalla Sintesi non Tecnica (SIN) e dallo Studio di Impatto Ambientale (SIA). Tra questi il comune di Ortona, il maggiormente coinvolto poiché, in caso di esito positivo, il pozzo di perforazione per la ricerca sarà effettuato a pochi chilometri più a largo dalla riserva regionale Ripari di Giobbe.

Per avere i primi risultati delle necroscopie sarà necessario attendere diversi mesi. Nel corso dei primi esami è stato trovato gas nel sistema circolatorio dei tre cetacei. Il professor Sandro Mazzariol, del CERT di Padova, dice: “È presto per poter dire con precisione di cosa si tratti. La presenza di gas, secondo studi esistenti, può derivare da fermentazione post mortale o dallo schiacciamento derivato dallo spiaggiamento”.

Roberta Ragni

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