Green Hill: domani la protesta davanti la Regione. Giallo sui 454 cani “invisibili”

Gli animalisti non hanno intenzione di arrendersi e, nel timore che il presidio di stamattina, tenutosi a Roma di fronte al Ministero della Salute, non sia sufficiente a risolvere la questione Green Hill, si sono già mobilitati per dare vita ad una ulteriore azione di protesta, che avrò luogo a Milano domani, venerdì 23 dicembre, di fronte a Palazzo Lombardia, per chiedere alla Regione di intervenire direttamente con un obbligo di chiusura per l’allevamento.

Gli animalisti non hanno intenzione di arrendersi e, nel timore che il presidio di stamattina, tenutosi a Roma di fronte al Ministero della Salute, non sia sufficiente a risolvere la questione Green Hill, si sono già mobilitati per dare vita ad una ulteriore azione di protesta, che avrò luogo a Milano domani, venerdì 23 dicembre, di fronte a Palazzo Lombardia, per chiedere anche alla Regione di intervenire direttamente con un obbligo di chiusura per l’allevamento.

A dispetto del nome, che evoca prati verdi e paesaggi incontaminati, Green Hill, per chi ancora non ne fosse al corrente, non è altro che un allevamento lager per cani destinati alla vivisezione con sede a Montichiari, in provincia di Brescia. La speranza degli animalisti è che presto l’azienda bresciana possa essere chiusa. I presidi degli ultimi giorni, tenutisi proprio a Montichiari, non sono stati sufficienti per convincere il sindaco della città, Elena Zanola, a ritirare la licenza a Green Hill, sulla base di irregolarità amministrative da parte dell’azienda produttrice di cavie. Green Hill non avrebbe rispettato i regolamenti vigenti sull’allevamento di animali destinati alla sperimentazione. Ciò basterebbe per decretarne la chiusura.

Le irregolarità sono state portate alla luce dall’Oipa (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) e riguardano la mancata registrazione di ben 454 cani di razza beagle – la cui presenza presso Green Hill non è risultata riscontrabile né tramite l’anagrafe canino né tramite le liste di registrazione dell’allevamento – che vanno a sommarsi alle altre centinaia di cani, il cui destino è di essere venduti a centri di sperimentazione, laboratori universitari ed aziende farmaceutiche dislocate in tutta Europa.

Si teme che i cani “invisibili” siano stati mantenuti tali per poter essere destinati a sperimentazioni che violano il protocollo europeo in materia di vivisezione. Purtroppo essa non è ancora proibita in Europa, dove sono comunque state stabilite delle norme rivolte alla protezione degli animali destinati alle sperimentazioni di laboratorio. Una violazione comprovata dei regolamenti UE da parte di Green Hill dovrebbe, a rigor di logica, provocarne la chiusura immediata.

La speranza degli attivisti è che venga prima di tutto fatta chiarezza sulle irregolarità emerse dalle indagini effettuate dall’Oipa, che lasciano ipotizzare un comportamento non del tutto corretto da parte dell’Asl, che avrebbe vidimato i fogli finora utilizzati dall’allevamento per la registrazione dei cani, documenti che avrebbero invece dovuto passare al vaglio del Sindaco di Montichiari. Tra le indiscrezioni vi è inoltre la possibilità che la stessa Green Hill abbia ottenuto l’autorizzazione ad accedere all’anagrafe canino.

Gli antivivizionisti del Coordinamento Fermare Green Hill sperano che la Regione Lombardia rispolveri una mozione con la quale lo scorso febbraio il Consiglio Regionale si era dichiarato contrario alla vivisezione ed aveva promesso provvedimenti in merito, che da allora non sono mai stati posti in essere. Le parole e le promesse non bastano più agli animalisti, che non smettono di gridare a gran voce quale sia la terribile realtà all’interno di Green Hill.

Gli animalisti tengono a rendere noto a tutti come i cani di Green Hill non vengano trattati come esseri viventi, bensì considerati alla stregua di merci, costretti a vivere in gabbie addossate l’una all’altra, senza alcuna possibilità di uscire all’aperto, senza mai essere esposti alla luce naturale, fino al momento di essere caricati su di un furgone che li trasporterà verso il patibolo.

La situazione è ormai giunta a livelli insostenibili. Mentre le autorità stentano ancora ad intervenire con provvedimenti in merito, gli attivisti mettono a rischio la propria stessa vita in nome della causa in cui credono. È il caso di Alessandro Zucchetti, colto da grave malore durante uno dei presidi tenutisi a Montichiari la scorsa settimana. A due giorni dall’arresto cardiocircolatorio, l’attivista quarantacinquenne è uscito dal coma farmacologico a cui i medici lo avevano sottoposto. Il malore era stato probabilmente acuito dallo stress e dal freddo, che i manifestanti avevano dovuto patire poiché non era stato permesso loro di piantare delle tende per ripararsi, concessione che è avvenuta solo a seguito del malore di Alessandro, dopo cui la zona destinata al presidio è stata spostata dalla piazza di Montichiari verso la strada che conduce a Green Hill.

Marta Albè

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