La tartaruga verde torna nella ‘sua’ spiaggia per deporre le uova e trova una pista d’atterraggio

Le tartarughe di mare ritornano quasi sempre nella stessa spiaggia in cui sono nate per deporre le uova…

Era tornata in spiaggia per deporre le uova al sicuro, ma al posto della sabbia è stata costretta a nidificare su una pista d’atterraggio costruita proprio li lo scorso anno all’interno di un progetto degli Emirati arabi da 60milioni di dollari.

La pista di atterraggio di 2200 m di Maafaru formerà parte di un aeroporto circondato da resort alberghieri sull’atollo di Noonu. Un progetto mastodontico che porterà all’ennesima perdita di suolo e di habitat natura della fauna selvatica.

La drammaticità sta tutta in questa immagine: la tartaruga verde arriva in spiaggia, ma è costretta a depositare le uova in una pista.

Come sappiamo la la tartaruga verde (Chelonia Mydas) è una specie elencata come minacciata dalla IUCN, ma non solo, uno studio, condotto dalla National Oceanic and Atmospheric Administration(Noaa) negli Stati Uniti insieme agli scienziati australiani del Department of Environment and Heritage Protection, ha rilevato che la popolazione maschile delle tartarughe verdi è in rapido declino da circa due decenni per colpa dei cambiamenti climatici. Le temperature più calde favoriscono il formarsi del sesso femminile dei nascituri.

Le tartarughe sono abitudinarie e solitamente ritornano sulla stessa spiaggia per deporre le uova. A volte fanno viaggi lunghi per raggiungere la sabbia e mettere i loro futuri piccoli al sicuro. Ma questa è la triste realtà e anche se la questa tartaruga sta bene perché secondo molti, poi è tornata in acqua, non possiamo ignorare il problema.

Maafaru è da sempre un sito di nidificazione, perché allora si è pensato al profitto e non alla salvaguardia della spiaggia?

“Nonostante la costruzione della pista, la frequenza con cui le tartarughe visitano l’isola per scopi di nidificazione non è diminuita”, afferma una fonte del Consiglio dell’isola di Maafaru.

Difficile da credere e la domanda rimane sempre la stessa: quanto della biodiversità dovrà essere ancora sacrificata per il progresso?

Leggi anche:

Dominella Trunfio

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook