Zanzare: quella modifica genetica per sterminarle. Ma a quale prezzo?

Una reazione a catena genetica potrebbe risolvere per sempre il problema zanzare. Ma con quali conseguenze?

Si eliminano le femmine fertili e, zac, abolito il problema zanzare. Alcuni scienziati londinesi sono riusciti per la prima volta al mondo ad annientare intere popolazioni di zanzare anofele che trasmettono la malaria. Ma è così semplice? E, soprattutto, è una buona idea? Far collassare un intero popolo di insetti non potrebbe nuocere sulla catena alimentare?

Si chiama “gene drive” ed è in pratica lo sviluppo di zanzare geneticamente modificate volto a sopprimere le popolazioni degli insetti che diffondono la malattia. A pensarci sono stati i ricercatori dell’Imperial College London, guidati Andrea Crisanti, professore di parassitologia molecolare.

Basandosi sulla nozione che, in condizioni normali, un frammento di Dna ha il 50% di probabilità di trasmettersi alla generazione successiva, col “gene drive” si inserisce nelle zanzare femmine un gene che blocca la fertilità. Un “trucchetto” che nei laboratori lancia quella percentuale al 99%.

Una vera manipolazione dei geni – una popolazione di zanzare della specie Anopheles gambiae è stata azzerata nell’arco di 7/11 generazioni – che farebbe storcere il naso a chiunque, se non fosse che probabilmente così si potrebbe mettere la parola fine a un problema devastante come la malaria.

L’esperimento, pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, si è basato su una serie di test dai quali è stato individuato l’interruttore, ossia il gene che decide se dall’uovo di zanzara si svilupperà un maschio o una femmina capace di pungere e diffondere la malattia. È il cosiddetto doublesex: “colpendo questo punto debole i maschi restano sani, ma le femmine sviluppano tratti ambigui e perdono il pungiglione. Senza femmine fertili, la riproduzione si ferma e addio malaria. Ma la stessa strategia potrebbe funzionare anche contro zika, dengue, febbre gialla”, spiegano i ricercatori.

In pratica, questo gene consente di bloccare la capacità riproduttiva delle femmine: “i maschi fertili lo trasmettono alla progenie e la popolazione collassa, come in una sorta di reazione a catena genetica”.

Quando viene alterato fa sì che le femmine crescano con i caratteri di tutti e due i sessi: in questo modo, diventano incapaci sia di pungere che di riprodursi. L’esperimento è stato condotto su un gruppo di Anopheles gambiae, particolarmente letale e attivo in Africa subsahariana. Nel 2016 si sono registrati 216 milioni di casi di malaria nel mondo, con 445mila decessi. Delle 3.500 specie di zanzare esistenti, circa 40 sono in grado di trasmettere la malattia. “Negli ultimi 20 anni i contagi sono andati continuamente diminuendo. Dal 2016, invece, sono di nuovo in crescita. Forse abbiamo bisogno di più armi per la battaglia. Il nostro studio dimostra che il gene drive può essere una soluzione efficace”.

Sterminare le zanzare farebbe più benefici o dannerebbe piuttosto la natura?

Nessuno sa esattamente cosa accadrebbe se le zanzare scomparissero, tanto che un esperimento di quattro anni si propone di studiare le conseguenze ecologiche di questo schema senz’altro audace per porre fine alla malaria.
Vero è che per gli esseri umani le zanzare sono fastidiose e nel peggiore dei casi mortali, ma per dozzine di altre specie in natura sono concorrenti, impollinatori o prede. Se le passate campagne di eradicazione della malaria ci hanno insegnato qualcosa (come il DDT nel anni ‘50), è che “rimodellare” l’ambiente può avere conseguenze non volute.

È per questo motivo che in ottobre un team di scienziati del progetto Target Malaria dell’Università del Ghana e dell’Università di Oxford intraprenderà uno studio di quattro anni sull’ecologia della zanzara della malaria Anopheles gambiae stesso in Ghana. Alla fine, sperano di capire come pesci, pipistrelli, fiori e insetti reagirebbero se quelle popolazioni di zanzare venissero ridotte o addirittura completamente eliminate.

Le Anopheles gambiae sembrano rappresentare solo una piccola percentuale della dieta per gli animali che la mangiano e solo una piccola percentuale dell’impollinazione per le piante che si basano su di essa, per cui la loro eliminazione avrà o no un impatto rilevante sull’ecosistema?

Così conclude Steven Juliano, ricercatore di ecologia delle zanzare alla Illinois State University. “Potrebbe valere la pena perdere una specie. Potrebbe valerne la pena, perché il peso della sofferenza umana è piuttosto alto”.

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