Green Hill, al via il processo. 6.000 beagle morti in 2 anni e mezzo

E' iniziato il processo contro Green Hill. Già dalle prime battute della mattinata sono emersi dati agghiaccianti. 6.000 beagle morti in due anni e mezzo nella struttura. Per loro era la normalità

Sembra incredibile, eppure il cane, il miglior amico dell’uomo, è allevato e usato per testare farmaci, prodotti chimici, pesticidi, detersivi e altre sostanze. E Green Hill di Montichiari (Brescia) ha allevato per anni cani beagle destinati ai laboratori di tutta Europa per questi scopi. Perché lo ricordiamo? Perché oggi è iniziato il processo contro la struttura, chiusa su ordine della Procura di Brescia nel luglio 2012.

E già dalle prime battute della mattinata sono emersi dati agghiaccianti. Come il fatto che lì dentro siano morti 6.000 beagle in appena due anni e mezzo. E per loro era la normalità. E il pensiero vola veloce a tutti i cani che, invece, ce l’hanno fatta. Furono 2639 cani, tra cui mamme e molti cuccioli, a essere stati messi in salvo e affidati a famiglie nel giro di poche settimane: un’operazione complessa, che non ha precedenti per numero di animali “da laboratorio” liberati.

Indimenticabili gli sguardi e l’iniziale incertezza dei cani liberati: non avevano mai camminato sull’erba, visto la luce del sole o ricevuto una carezza. Nel 2013, poi, la Corte di Cassazione ha accolto la richiesta della Procura di Brescia per una loro maggiore tutela, stabilendo che sarebbero rimasti per sempre con le famiglie che li hanno accolti. E questo è quello che già sapevamo.

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La novità di oggi è che Legambiente nazionale e Legambiente Lombardia, oltre a Oipa e associazione Vita da cani, sono state escluse come parti civili. Ammesse, invece, Lav, Leal, Lega nazionale difesa del cane ed Enpa. Così ha deciso il giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Brescia Roberto Gurini, come riporta Il Giornale di Brescia. Sul banco degli imputati ci sono i co-gestori di Green Hill 2001, della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group, oltre al direttore e al veterinario dell’allevamento. Le ipotesi di reato sono maltrattamento e uccisione di animali.

La contestazione viene da una certezza inquietante: molti beagle allevati per la vivisezione sono stati deliberatamente soppressi perché non erano più idonei allo scopo. Durante l’ispezione scattata con il sequestro probatorio del 18 luglio 2012, infatti, si è scoperto che molti cuccioli sono stati uccisi perché affetti da dermatite, un problema assolutamente risolvibile con adeguate cure e alimentazione idonea.

Questo avvalora anche il sospetto che i cani non fossero utilizzati esclusivamente per esperimenti nella ricerca scientifica, come sostenuto dall’azienda, ma anche nell’ambito della ricerca cosmetica. La nostra “mangia scarpe” Vivi, per fortuna, è scampata a tutto questo orrore, di cui non serba più alcun ricordo.

La novità è che, dietro richiesta della nostra Associazione, l’azienda in quanto tale (la Green Hill 2001 Srl) è stata chiamata dal Giudice a rispondere in solido nel Processo. È stata cioè coinvolta nel procedimento giudiziario, come corresponsabile dei singoli imputati: il Responsabile, il Direttore e il Veterinario della struttura“, dichiara Gianluca Felicetti, Presidente LAV, autore, insieme alla biologa Michela Kuan, Responsabile LAV Settore Vivisezione, del libro “OLTRE IL FILO SPINATO DI GREEN HILL. La vivisezione esiste ancora. Come e perché superarla“.

Un saggio in cui i due esperti si rivolgono a tutti coloro che si pongono la questione etica e della validità scientifica della sperimentazione sugli animali, lo sfruttamento dei più deboli, la gestione della nostra salute, l’impiego trasparente dei fondi per la ricerca, spiegando cosa è successo negli ultimi anni, i dati, il dibattito, gli ambiti applicativi (ricerca di base, farmacologica, chimica, didattica ecc.), i casi di cronaca più significativi, l’uso delle cavie umane, i metodi sostitutivi.

E si parla anche dell’obiezione di coscienza alla vivisezione: l’Italia è l’unico Paese a garantire per legge a studenti e ricercatori questo diritto, grazie a una storica battaglia antivivisezionista, senza contare anche la direttiva europea, l’iniziativa dei cittadini per abrogarla, la nuova legge in vigore in Italia da pochi mesi. L’opinione dei ricercatori (con tutti i nomi e i volti), le testimonianze dei malati, le denunce degli attivisti e la sfida che lanciano alla ricerca sugli animali. Alla vivisezione, metodo mai validato scientificamente eppure in uso.

Esistono numerosi metodi alternativi alla sperimentazione animale tra cui i modelli informatici, le analisi chimiche, le indagini statistiche, gli organi bioartificiali, i microchip al DNA, i microcircuiti con cellule umane, i test in vitro. Il sostegno e lo sviluppo dei metodi di ricerca senza uso di animali deve diventare una priorità per il nostro Paese. E questo è l’unico modo per liberare tutti gli altri animali ancora oppressi dalle naglie della vivisezione.

Roberta Ragni

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