Caccia alle foche: il WTO conferma il divieto di vendere pellicce e carne di foca in UE

Caccia alle foche.Grande vittoria per l’Europa e per i difensori degli animali. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organisation - WTO) ha confermato l’embargo dell’UE per la commercializzazione di prodotti derivanti dall’uccisione delle foche. E’ la prima volta che il WTO dà la precedenza ai diritti degli animali rispetto all’espansione del commercio.

Grande vittoria per le foche, per l’Europa e per i difensori dei diritti degli animali. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organisation – WTO) ha confermato l’embargo UE per la commercializzazione di prodotti derivanti dall’uccisione delle foche. È la prima volta che il WTO dà la precedenza ai diritti degli animali rispetto all’espansione del commercio internazionale.

Canada e Norvegia lo scorso gennaio avevano fatto ricorso contro la conferma da parte del WTO della decisione dell’Unione Europea di vietare la vendita di pellicce e carne di foca all’interno dei confini comunitari. Ora viene ribadito il verdetto che era già stato espresso dal WTO lo scorso novembre. Il divieto è stato proposto prendendo in considerazione i metodi crudeli e violenti con cui le foche vengono uccise.

Alcune eccezioni riguarderebbero le merci vendute dalle popolazioni indigene, per le quali la caccia tradizionale rappresenta una delle poche risorse per la sopravvivenza, ma la conferma del divieto potrebbe condurre a una messa al bando totale anche da questo punto di vista.

Il ministro dell’Ambiente canadese Leonoa Aglukkaq ha contestato duramente il verdetto, sostenendo che la caccia alle foche è praticata da secoli in modo umano e sostenibile. Il Canada si giustifica sostenendo che, a seguito dell’embargo UE in vigore ormai da quattro anni, la popolazione delle foche è aumentata tanto da mettere in pericolo le risorse ittiche marine.

Sappiamo bene che l’uccisione delle foche avviene in maniera cruenta e barbara. Lo sdegno riguarda soprattutto la pratica di tramortire con violenza le foche colpendole con uno strumento chiamato hakapik. Le disposizioni del divieto Europeo sono entrate effettivamente in vigore dal 20 agosto 2010.

Dopo 5 anni di contenziosi, ora si scrive la parola fine. La buona notizia è che dal 2010 ad oggi il divieto europeo ha già salvato 2 milioni di foche e ha comportato il crollo del mercato dei prodotti derivanti a questi animali. Si tratta soprattutto di pellicce, ma anche di carne e di grasso, come ha comunicato la LAV.

L’Italia ha avuto un ruolo importante e attivo nella vicenda. È stata infatti tra i Paesi che avevano introdotto uno stop, sotto forma di moratoria, all’importazione di pellicce di foca. La presa di posizione dell’Italia, insieme a quella di altri Paesi come Belgio e Olanda, ha condotto alla legislazione UE.

“Siamo orgogliosi di essere stati in prima linea contro il più grande massacro di mammiferi marini mai compiuto dall’essere umano” ha dichiarato la LAV“Abbiamo partecipato a spedizioni in Canada per documentare le stragi in corso, organizzato mobilitazioni nazionali con centinaia di nostri attivisti impegnati nelle piazze italiane, manifestato davanti la Commissione Europea, partecipato al complesso lavoro di un network internazionale in collaborazione con l’avvocatura della Commissione UE e oggi possiamo dire di avere raggiunto un risultato davvero straordinario!”.

In definitiva, il bando imposto per motivi etici dall’Unione Europea sull’importazione di prodotti derivati dalle foche è legittimo, mentre Canada e Norvegia vorrebbero che fosse eliminato qualsiasi tipo di vincolo a tali commerci.

“Canada e Norvegia dovrebbero prendere atto riconoscere che il commercio dei prodotti di foca, ottenuti con il brutale e barbaro massacro di migliaia di animali percossi fino alla morte, ormai non ha futuro” – ha commentato l’ENPA“Invece di arroccarsi su posizioni anacronistiche, tese a difendere ciò che non è difendibile, i due Paesi prendano atto che i massacri di animali sono insostenibili, da un punto si vista sia etico che economico, e pongano fine ad una pratica ormai invisa alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica mondiale”.

Clicca qui per consultare tutta la cronistoria del contenzioso.

Marta Albè

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