Dal minieolico ai grandi parchi: perché non stiamo sfruttando l’energia del vento, alleata contro le fossili (e il caro bollette)?

L’eolico è una fonte di energia pulita e rinnovabile. E funziona. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima ha individuato nel settore eolico, unitamente a quello del fotovoltaico, la principale tecnologia a cui è affidato il compito di realizzare la transizione energetica del nostro Paese. In occasione della Giornata Mondiale del Vento, Davide Astiaso Garcia, Segretario generale di ANEV, ci spiega cosa rischiamo di perdere

15 giugno, Giornata Mondiale del Vento, un’energia che rischiamo di perdere. Eppure è pulita e rinnovabile. Ma soprattutto funziona. L’Associazione Nazionale del Vento (ANEV) organizza oggi un convegno sul tema, ma l’eolico (come tutte le rinnovabili) è davvero troppo indietro nel nostro Paese. Che di vento (e di sole) non manca.

Eppure le tecnologie ci sono e in continuo aggiornamento, sia per alimentare grossi impianti che per poter sfruttare vento e sole nel nostro quotidiano, sui tetti delle nostre case, aiutandoci a contenere il caro bollette.

Ma lentezze autorizzative, “NO”  incomprensibili e non pochi pregiudizi circondano ancora questo settore che però può davvero contribuire alla transizione energetica del nostro Paese.

Abbiamo contattato Davide Astiaso Garcia, Segretario generale di ANEV, e gli abbiamo chiesto se e come l’eolico può aiutarci a liberarci delle fonti fossili. E cosa manca ancora affinchè questa fonte di energia (insieme alle altre rinnovabili) ci permetta davvero di dire addio a petrolio, carbone e gas e a tutte le nostre pericolose dipendenze.

L’eolico può davvero aiutarci a eliminare la nostra dipendenza dalle fonti di energia fossile?

L’eolico in Italia ha raggiunto ad oggi una potenza installata di circa 11 GW ed una produzione di energia elettrica rinnovabile superiore a 19 TWh annui, a cui corrisponde un quantitativo di emissioni evitate di CO2 pari a oltre 10 milioni di tonnellate, un risparmio di petrolio superiore a 20 milioni di barili e un bacino occupazionale, tra occupati diretti ed indiretti, di oltre 16.000 unità.

Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) fissa in 19,3 GW il target di potenza elettrica istallata da fonte eolica al 2030, nonché una correlata produzione di elettricità di oltre 40 TWh, per un contributo di emissioni evitate di CO2 di oltre 27 milioni di tonnellate, barili di petrolio risparmiati pari a 50 milioni e prospettive occupazionali fino a 67.000 unità distribuite sul territorio e localizzate principalmente in aree notoriamente depresse sotto questo aspetto.

Il PNIEC prevede quindi un incremento di almeno 9 GW di capacità eolica entro il 2030, individuando nel settore eolico, unitamente a quello del fotovoltaico, la principale tecnologia a cui è affidato il compito di realizzare la transizione energetica del nostro Paese.

Ricordiamo che l’Italia importa il 77% delle risorse energetiche da altri Paesi , e che la Russia è il primo Paese da cui il nostro dipende per soddisfare il proprio consumo di fonti fossili (gas, petrolio e carbone). Che purtroppo sono ancora le nostre fonti prevalenti. Quindi questi numeri sono importanti.

@I4C/Elaborazioni su dati Mite

Leggi anche: La Russia è il primo Paese da cui l’Italia dipende: questi grafici mostrano il fallimento delle nostre scelte energetiche

Cosa manca all’eolico per la sua piena affermazione?

Per raggiungere gli obiettivi del PNIEC richiamati e recepiti all’interno del PNRR, e puntare all’indipendenza energetica del nostro Paese, utilizzando risorse pulite disponibili nel nostro territorio, occorre però superare una serie di criticità.

Adesso è il momento per mettere in pratica le misure necessarie per la salvaguardia dell’ambiente per il tramite del processo di decarbonizzazione delle attività antropiche. Domani avremo meno tempo per reagire e pianificare con la giusta cinetica il percorso necessario per la decarbonizzazione e riduzione delle emissioni inquinanti.

Il minor tempo che avremo a disposizione si ripercuoterà sulle scelte e l’impostazione che verrà data allo sviluppo delle fonti rinnovabili da attuare nel prossimo decennio, determinando o meno il successo al raggiungimento degli obiettivi del PNIEC, non solo dal punto di vista del mero raggiungimento di un parametro di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma soprattutto dal punto di vista sociale, economico e industriale posto a base del PNRR e del pacchetto europeo “Fit for 55”.

Leggi anche: Auto a benzina e diesel: il Parlamento Europeo vota il bando entro il 2035

Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito alla realizzazione di strumenti di pianificazione (dalla Strategia Energetica Nazionale – SEN al Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima – PNIEC) e adesso, che ci troviamo nel percorso tracciato, constatiamo che le previsioni non trovano in Italia riscontro nei dati a consuntivo sia in termini di potenza installata sia in termini di produzione di energia da fonte eolica.

Adesso che la pianificazione dovrà essere aggiornata a seguito dell’adozione a livello europeo dei nuovi obiettivi stabiliti dal New Green Deal, portando il contributo delle fonti rinnovabili dall’attuale 30% al 40%, ci troveremo con una base di partenza decisamente inferiore rispetto le attese che avrà come conseguenza la necessità di dover sostenere un maggiore sviluppo annuale di fonti rinnovabili ed in particolare da fonte eolica, essendo quest’ultima riconosciuta come trainante del settore FER dal PNIEC.

Adesso che la situazione geopolitica causata dal conflitto in Ucraina impone con un’urgenza sempre maggiore che il nostro Paese giunga al più presto ad una indipendenza energetica dall’estero, occorre obbligatoriamente favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili disponibili nel territorio nazionale, utilizzando le risorse pulite, in primis vento e sole, per autoprodurci l’energia che consumiamo.

Riflettendo su quanto avvenuto nel passato, giungiamo però alla conclusione che il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC attuale (e maggior ragione quando sarà aggiornato) non sarà possibile a meno che il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione e esercizio di impianti eolici avvenga con tempi più rapidi e compatibili con la pianificazione industriale degli operatori.

Leggi anche: L’Italia può diventare energeticamente indipendente con le rinnovabili? Sì, ma la burocrazia blocca tutto (da troppi anni)

E, riflettendo noi su quanto sta avvenendo, preoccupa che la tendenza sia cercare altri Paesi da cui comprare sempre le famigerate e mai dimenticate fonti fossili. Come se, nell’emergenza, il nostro Pianeta e il nostro futuro non conti nulla.

Di fatto i dinieghi oramai costanti delle Soprintendenze e le lungaggini dei processi autorizzativi hanno comportato, negli ultimi nove anni, il passaggio dai 2.463 MW eolici autorizzati nel triennio 2012/2014 (con una media di 821 MW/anno), ai 1.186 MW eolici nel triennio 2015/2017 (con una media di 395 MW/anno) e ai soli 589 MW nell’ultimo triennio 2018/2020 (con una media di 196 MW/anno, periodo in cui risalta il dato di soli 102 MW installati nel 2020).

Per quanto sopra si registra negli ultimi 8 anni una riduzione dei provvedimenti autorizzativi emessi dalle Pubbliche Amministrazioni competenti del 76%.

L’eolico, forte anche di una tecnologia matura e consolidata (sia in ambito on-shore che off-shore) è in grado di contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e realizzare quindi l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica.

Tuttavia, riteniamo, che al fine di poter esplicitare l’intero potenziale eolico e contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi ambiziosi posti dall’UE di ridurre le emissioni nette di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e diventare pertanto il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, che le condizioni presenti nel nostro Paese non siano ancora sufficienti e che i suddetti obiettivi non verranno raggiunti se non si interverrà in maniera rapida e decisiva nella risoluzione di alcune criticità che hanno determinato il recente rallentamento e insufficiente processo di crescita della fonte eolica, addebitabili in estrema sintesi alle seguenti motivazioni:

  • Lentezza del rilascio delle autorizzazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni: ad oggi ci vogliono mediamente cinque anni e mezzo di tempo contro i sei mesi previsti;
  • Eccessiva discrezionalità all’interno delle procedure di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale, N.d.R.);
  • Dinieghi costanti delle Soprintendenze
  • Disomogeneità tra piani e norme regionali e obiettivi nazionali;
  • Contenziosi relativi a conflitti tra istituzioni (Ministero della Transizione Ecologica spesso positivo e Ministero della Cultura negativo) che comportano tempi non compatibili con l’investimento industriale

Le criticità sopra elencate devono essere risolte adesso e non possono essere più posticipate se vogliamo realmente traguardare gli obiettivi UE al 2030, quindi quelli al 2050.

Quali sono le reali potenzialità del minieolico e quali i suoi attuali limiti?

Anche il minieolico può contribuire al raggiungimento di detti obiettivi, anche se chiaramente per traguardare gli obiettivi di potenza e produzione elettrica previsti dal PNIEC per la fonte eolica, il grosso dovrà venire dai parchi eolici.

Leggi anche: Non c’è vento da perdere: il video geniale sull’energia eolica che ti farà ridere, ma soprattutto riflettere

Il minieolico non può di certo coprire il fabbisogno energetico di una Nazione ma il caro bollette, soprattutto con la guerra in Ucraina, sta colpendo duramente le famiglie, e può costituire uno strumento utile al ripensamento dell’approccio al consumo energetico, che da mero sfruttamento di risorse non rinnovabili, diventa produzione in house da fonti pulite e rinnovabili.

Ha i suoi limiti e ci devono essere le condizioni perchè sia conveniente economicamente, ma è un’alternativa che dobbiamo prendere in considerazione, insieme ad altre rinnovabili come il fotovoltaico. Ma soprattutto, come scriveva il Presidente dell’associazione Società Meteorologica Italiana Luca Mercalli

Noto ancora far le pulci su costi, convenienza in bolletta e così via – scrive su questo Mercalli – Ma quando i prezzi dell’energia raddoppiano in poche settimane e si rischia il blackout, ha ancora senso fare i conti solo economici o non c’è un valore intrinseco più importante nella scelta di essere un po’ più autosufficienti? E poi c’è anche il risparmio di CO2 che salverà i vostri figli dalla crisi climatica, il che non ha prezzo

Leggi anche: Fotovoltaico da balcone: come installarlo per aumentarne l’efficienza

Non c’è vento da perdere” dicono Le Coliche nel loro reel realizzato per ANEV: ma lo stiamo perdendo. Mentre il tempo sta per finire davvero.

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook