I funzionari di Trump si affrettano a vendere i diritti di trivellazione nell’Artico (prima che Biden possa bloccare tutto)

Trump sta agendo in fretta per vendere i diritti petroliferi dell'Alaska. L'ennesimo regalo alle lobby del petrolio

Il mandato sta per volgere al termine ma prima di dire addio alla Presidenza, Trump sta agendo in fretta per vendere i diritti petroliferi dell’Alaska. L’ennesimo regalo alle lobby del petrolio.

Secondo quanto riferito da The New York Times, da tempo Trump era al lavoro per vendere i diritti per l’estrazione di petrolio in Alaska ma i tempi per farlo sono ormai ristretti. Così ieri l’amministrazione ha annunciato che inizierà a vendere contratti di locazione petrolifera per l’Arctic National Wildlife Refuge. Le vendite in leasing potrebbero avvenire poco prima del giorno dell’insediamento del nuovo presidente, lasciando a Biden la patata bollente e la possibilità di annullarle.

Tra una manciata di giorni dunque inizierà il processo formale di vendita di contratti di locazione alle compagnie petrolifere, una spinta dell’ultimo minuto per raggiungere l’obiettivo a lungo cercato di consentire la perforazione di petrolio e gas nell’Arctic National Wildlife Refuge in Alaska.

“Questa vendita di leasing è un altro regalo che l’amministrazione Trump sta cercando di ottenere per i suoi alleati dell’industria petrolifera”, ha detto Adam Kolton, direttore esecutivo dell’Alaska Wilderness League. “Ma è deludente che questa amministrazione fino alla fine abbia mantenuto una così bassa considerazione per le terre pubbliche americane, o per la fauna selvatica e le comunità indigene che dipendono da loro”.

L’Arctic National Wildlife Refuge è una delle ultime vaste distese selvagge degli Stati Uniti, ettari di natura incontaminata dove vivono branchi erranti di caribù, orsi polari e uccelli acquatici migratori. È stato a lungo apprezzato e protetto dalle associazioni ambientaliste, ma il presidente Trump si è vantato che aprirne una parte allo sviluppo del petrolio è stato uno dei suoi sforzi più significativi per espandere la produzione interna di combustibili fossili.

Il registro federale lunedì ha annunciato un “invito a presentare candidature” dal Bureau of Land Management, reso noto ufficialmente oggi relativo alle vendite in leasing di circa 600 ettari di natura incontaminata lungo la costa dell’Oceano Artico. Un invito a presentare candidature è essenzialmente una richiesta alle compagnie petrolifere di specificare quali tratti di terra sarebbero interessati ad esplorare e potenzialmente a trivellare alla ricerca di petrolio e gas.

L’American Petroleum Institute, un gruppo industriale, ha detto di aver accolto con favore la mossa. In una dichiarazione, l’organizzazione ha affermato che lo sviluppo del rifugio era

“atteso da tempo e creerà posti di lavoro ben retribuiti e fornirà un nuovo flusso di entrate per lo stato”.

I tempi

L’annuncio dell’amministrazione stabilisce una tempistica serrata per le vendite in leasing, con la prima che potrebbe avvenire intorno al 17 gennaio. Le candidature però saranno ammesse fino al 17 dicembre, dopodiché l’ufficio, parte del dipartimento degli interni, potrebbe emettere un avviso finale di vendita che avverrà entro 30 giorni, alla vigilia dell’insediamento di Biden. Tempi molto ristretti se si considera che normalmente occorrono diversi mesi.

L’unica buona notizia è che qualsiasi vendita sarebbe soggetta a revisione da parte delle agenzie dell’amministrazione Biden, inclusi l’ufficio e il dipartimento di giustizia, un processo che potrebbe richiedere un mese o due. Ciò potrebbe consentire alla Casa Bianca di Biden di rifiutarsi di emettere i contratti di locazione, magari sostenendo che le basi scientifiche del piano per consentire la perforazione dell’Alaska erano imperfette, come hanno affermato i gruppi ambientalisti.

Le associazioni sono sul piede di guerra, in particolare un gruppo che rappresenta una tribù nativa dell’Alaska, i Gwich’in, che vivono vicino all’area e hanno intentato una causa, sostenendo che il Dipartimento degli Interni non ha tenuto adeguatamente conto degli effetti dello sviluppo del petrolio e del gas sul cambiamento climatico e sulla fauna selvatica.

I Gwich’in sono particolarmente preoccupati per gli effetti sulle mandrie di caribù Porcupine, che vagano in quella parte dell’Alaska e nelle aree limitrofe in Canada e utilizzano la pianura costiera per far nascere i proprio piccoli. I nativi, che hanno legami spirituali con gli animali e fanno affidamento su di loro per il cibo, dicono che anche la perforazione esplorativa e la costruzione di strade che lo accompagna e altre attività, potrebbero influenzare la sopravvivenza delle mandrie.

A rischio anche gli orsi polari, che verranno ulteriormente privati del loro habitat naturale, il ghiaccio marino. Gli scienziati temono che anche un’esplorazione preliminare, sotto forma di un’indagine sismica per avere una migliore percezione delle riserve di petrolio sotto la pianura costiera, possa disturbare, ferire o persino uccidere orsi e cuccioli nelle tane invernali mentre camion e altre attrezzature pesanti attraversano la tundra.

Prospettive che fanno rabbrividire…

Fonti di riferimento: The New York Times, Federal register

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