Le trivelle nei mari italiani resteranno ferme (ma il problema è spostato solo di qualche mese)

E alla fine la proroga è arrivata. Per altri 7 mesi saranno scongiurate nuove trivellazioni nel nostro paese

E alla fine la proroga è arrivata. Per altri 7 mesi saranno scongiurate nuove trivellazioni nel nostro paese. I timori legati allo sospensione dello stop alle trivelle erano forti ma per fortuna al momento il rischio si è allontanato. Ma potrebbe essere una vittoria a metà.

Nei giorni scorsi, la Camera ha approvato il Decreto Milleproroghe in cui è presente un emendamento a firma di Rossella Muroni che prevede l’ulteriore rinvio dello stop alle trivelle. Introdotto dal Ministro Costa nel 2019, il provvedimento prevedeva da una parte l’aumento di 25 volte dei canoni annuali di coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi, dall’altra lo stop di 18 mesi alle ricerche di idrocarburi in mare.

Sospensione che però era sparita dal testo del decreto approvato a dicembre. Si temeva una ripresa imminente della attività di ricerca ed estrazione ma così non sarà, almeno per i prossimi sette mesi. Il Milleproroghe ha disposto una miniproroga di 7 mesi (da febbraio a fine settembre 2021) della scadenza per l’approvazione definitiva del PiTESAI, il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee.

Un rinvio che seppur faccia tirare un sospiro di sollievo, non accontenta le associazioni. Per Legambiente, Greenpeace e il WWF non si risolve il problema delle trivellazioni nel nostro paese. Ma non solo. Vengono sottovalutati anche gli impegni sulla decarbonizzazione assunti con l’Europa dall’Italia insieme agli altri Stati Membri.

” Per rispettare gli obiettivi dell’European Green Deal Greenpeace Italia, Legambiente e WWF chiedono alle forze politiche di maggioranza di dotare quanto prima il nostro Paese di una legge, analoga a quelle approvate in Francia e, recentemente in  Danimarca (uno dei maggiori produttori di petrolio della UE) che stabilisca un chiaro termine ultimo, coerente con l’obiettivo europeo del  conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, di validità delle concessioni per l’estrazione degli idrocarburi e che preveda, di conseguenza, un fermo delle autorizzazioni per le attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi” è l’appello delle associazioni.

Una sospensione definitiva

E da settembre cosa accadrà? Il rinvio sembra spostare solo il problema di qualche mese. Se in autunno verrà approvato il Piano delle Aree Idonee, quest’ultimo si limiterebbe a limitazione le aree per la prospezione ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, a mare e a terra.

“Considerati i tempi necessari per arrivare dalle prospezioni all’estrazione di idrocarburi, e rientrare dagli investimenti, autorizzare nuovi progetti non avrebbe senso perché sarebbero comunque fuori tempo massimo all’interno di un piano serio di decarbonizzazione” lamentano le associazioni.

Per questo le associazioni hanno chiesto che il nuovo PiTESAI nasca per garantire davvero la transizione energetica puntando alla neutralità climatica entro il 2050. Come? la risposta è ovvia: dire addio alle fonti fossili con la decarbonizzazione della economia italiana.

E per farlo occorre fissare un termine ultimo,

“coerente con l’obiettivo europeo del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, di validità delle concessioni per l’estrazione degli idrocarburi e che preveda, di conseguenza, un fermo progressivo delle autorizzazioni”.

Oltre che utile per l’ambiente, lo smantellamento, la bonifica, il recupero e il riuso dei materiali delle piattaforme e dei pozzi a terra e a mare, sarebbe vantaggioso anche dal punto di vista economico:

“Nei nostri mari ci sono numerosi relitti di piattaforme non produttive (le associazioni con il Ministero per lo Sviluppo Economico ne avevano individuate nel 2018 almeno 34 solo nell’Adriatico, da smantellare) e di servitù petrolifere che mettono a rischio l’ambiente e i settori economici che vivono delle risorse naturali, colpiti duramente da questa pandemia (solo nel settore della pesca sono 60mila gli addetti in Italia e di turismo costiero vivono almeno 47mila esercizi)”.

Transizione ecologica sia, ma solo se si abbandoneranno in tempi brevi petrolio e carbone.

Fonti di rifermento: Camera, Legambiente/Greenpeace/WWF, Facebook/Rossella Muroni

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