Trivelle e arbitrati: non è vero che l’Italia deve pagare per forza, ecco perché (PETIZIONE)

Nessun investitore europeo potrà più fare causa al nostro Paese se fermeremo trivelle e progetti simili. A stabilirlo è un documento siglato da 15 Stati europei, tra cui anche l’Italia.

Nessun investitore europeo potrà più fare causa al nostro Paese se fermeremo trivelle e progetti simili. A stabilirlo è un documento siglato da 15 Stati europei, tra cui anche l’Italia.

Il 15 gennaio scorso, infatti, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito nel Caso Achmea* che nessun investitore con sede nell’Unione europea può più fare causa a un altro stato membro utilizzando la clausola arbitrale contenuta nei trattati commerciali e sugli investimenti.

Non ci sono più scusanti per fermare le trivellazioni. In questi giorni le compagnie dell’oil&gas minacciano arbitrati internazionali contro l’Italia per l’emendamento al Dl Semplificazioni che sospenderebbe per 18 mesi le ricerche.

Il caso Rockhopper, tramite cui l’impresa britannica chiede 350 milioni di dollari di risarcimento in sedi arbitrali all’Italia per averle vietato di trivellare entro le 12 miglia dalle coste abruzzesi, viene citato come simbolo da emulare. Non è certo la prima volta che succede, ma se finora questa arma poteva essere utilizzata, adesso le cose sono cambiate.

“Dal 15 gennaio scorso nessun investitore con sede nell’Unione europea può più fare causa a un altro stato membro utilizzando la clausola arbitrale contenuta nei trattati commerciali e sugli investimenti”, spiegano dalla Campagna Stop TTIP/CETA.

Facciamo un passo indietro e spieghiamo esattamente cosa è successo in quella data. Il 15 gennaio è stato siglato un documento da 15 stati europei, tra cui l’Italia con il suo ambasciatore Maurizio Massari.

I firmatari richiamano la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE sul caso Achmea, secondo cui l’arbitrato internazionale tra stati membri dell’UE è incompatibile con il diritto dell’Unione.

Prendendo le mosse da quella sentenza, dichiarano che “tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, compreso il Trattato sulla Carta dell’energia, sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’UE e devono pertanto essere compatibili con il Trattati”.

In questo quadro, la clausola contenuta in tutti gli accordi bilaterali intraeuropei e nella Carta dell’energia viene definita “incompatibile con i Trattati e quindi dovrebbe essere disapplicata”.

Che cosa significa? Una simile presa di posizione metterà fine a circa 200 accordi commerciali tra paesi membri dell’UE ed eviterà le compensazioni agli investitori di quei paesi decise in sede di arbitrato internazionale.

“In parole povere, l’Italia annuncia che non pagherà un centesimo alla Rockhopper, né a tutti gli altri investitori con sede negli stati membri che le hanno intentato cause arbitrali”, scrive la Campagna Stop TTIP/CETA.

“Viste le conclusioni della Corte di Giustizia e la presa di posizione dei 15 paesi membri contro gli arbitrati- dichiara Enzo Di Salvatore, professore di diritto costituzionale ed estensore dei quesiti del referendum contro le trivellazioni in mare-l’Avvocatura dello stato ora faccia quello che tutti si aspettano da lei, e chieda la chiusura della assurda causa intentata dalla Rockhopper”.

Ma le buone notizie sono a metà perché questo documento non ci mette al riparo da tutte le cause e risarcimenti che potrebbero essere presentate da investitori extra-UE grazie al #CETA, al trattato Europa-Singapore all’esame del Parlamento europeo il 12 febbraio prossimo, e da tutti gli altri trattati che contengono una clausola #ISDS, #ICS o simili.

“Per questo chiediamo con una petizione europea che il Parlamento bocci subito il CETA e che le clausole arbitrali vengano cancellate da tutti i trattati sul commercio e gli investimenti”, spiega Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP/CETA .

PETIZIONE

La campagna Stop TTIP/CETA Italia e il Coordinamento No Triv chiedono al Governo Italiano di bocciare il #CETA per fermare il proliferare di accordi commerciali che contengono #ISDS #ICS, arbitrati e capestri.

“Lo stop agli arbitrati è un punto dirimente della battaglia per i beni comuni e contro l’ingerenza delle imprese private, che porteremo in piazza il prossimo 23 marzo a Roma nella manifestazione per il clima e contro le grandi opere imposte e a forte impatto” conclude Francesco Masi, portavoce del Coordinamento nazionale No Triv.

Sosteniamo insieme la petizione per mettere fine ai privilegi delle multinazionali e per l’istituzione di un trattato delle Nazioni Unite che vincoli le corporation al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente perché ISDS deve essere cancellato in tutti i trattati commerciali e sugli investimenti, e i piani dell’UE di estenderlo e consolidarlo creando una corte permanente di arbitrato internazionale devono essere stracciati.

FIRMA QUI LA PETIZIONE

*La lunga controversia legale tra lo Stato slovacco e l’olandese Achmea B.V., che contestava la legge slovacca che impediva alla controllata compagnia di assicurazione sanitaria Union ZP di distribuire utili, si è conclusa il 6 marzo con la pubblicazione della sentenza da parte della Corte di giustizia europea (CJEU). Secondo i giudici, le clausole compromissorie dei contratti internazionali sulla protezione degli investimenti (BIT), cui Achmea si richiamava nel suo ricorso, non hanno valore perché contrarie al diritto dell’UE se entrambe le parti in causa sono Stati membri dell’Unione europea.

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Dominella Trunfio

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