Professori e ricercatori universitari uniti contro il ritorno del nucleare in Italia

Un gruppo di scienziati, professori e ricercatori universitari di vari atenei hanno inviato una lettera-appello a tutti i candidati a Governatore delle prossime regionali per spiegare il perché l'Italia non dovrebbe tornare al nucleare

Il ritorno del nucleare in Italia è una scelta sbagliata e miope, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo strettamente economico, e non ridurrà affatto la dipendenza dell’ Italia dai Paesi Esteri per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico.  Gli sforzi dell’ Italia, al contrario, dovrebbero maggiormente rivolgersi alla tecnologia solare ed alle altre fonti di energia rinnovabile. Questa, in estrema sintesi, l’opinione di un gruppo di scienziati, professori e ricercatori universitari di vari atenei italiani che, nell’imminenza delle elezioni regionali, ha deciso di redigere una lettera contro il ritorno dell’ Italia al nucleare.

La lettera-appello sarà indirizzata a tutti i candidati alla carica di Governatore nelle prossime  elezioni regionali visto che le Regioni avranno un ruolo importante nella scelta della localizzazione delle nuove centrali nucleari. I firmatari hanno chiesto anche un incontro con i candidati alla presidenza regionale al fine di poter spiegare al meglio le proprie ragioni e chiedere ai candidati stessi di sottoscrivere la loro petizione.

Secondo gli scienziati e ricercatori estensori della lettera -appello e facenti parti della organizzazione “energiaperilfuturo.it” , già autori di un manifesto sottoscritto da oltre 2mila ricercatori e 8mila cittadini, il ritorno dell’ Italia al nucleare, dunque, sarebbe una scelta “strategicamente sbagliata” mentre ogni sforzo andrebbe concentrato sullo sviluppo delle energie rinnovabili dato che  “una corretta politica energetica deve basarsi anzitutto sulla riduzione dei consumi mediante l’eliminazione degli sprechi e l’aumento dell’efficienza energetica, poi sullo sviluppo dell’energia solare e delle altre energie rinnovabili“. Energie rinnovabili tra le quali, è stato ribadito anche in sede europea, non figura l’energia nucleare, per cui gli scienziati puntualizzano anche che l ‘Italia, già agli ultimi posti in Europa per il ricorso all’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, rischia di non raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 entro il 2020, obiettivi fissati dalla Direttiva Europea 28/2009 che per il nostro Paese  prevedono la produzione di almeno il 17% di energia, necessaria al fabbisogno energetico nazionale, attraverso il ricorso a fonti di energia rinnovabile.

Le ragioni che gli scienziati adducono a sostegno della loro “no” al nucleare sono molte e , a ulteriore sostegno delle proprie tesi, i firmatari della lettera-appello citano anche cifre e dati: innanzitutto, non è vero che “l’energia nucleare è in espansione in tutto il mondo“. Da “vent’anni il numero di centrali nel mondo è di circa 440 unità e “in Europa il contributo del nucleare alla potenza elettrica installata è sceso dal 24 per cento del 1995 al 16 per cento del 2008“. Anche la decisione dell’amministrazione Obama di rilanciare il nucleare negli Stati Uniti non modifica sostanzialmente la situazione. La notizia conferma, anzi, la necessità per il nucleare di ricevere aiuti statali: “8,3 miliardi di dollari come prestito garantito“.

Quindi, continua la lettera degli scienziati, “Mentre i costi delle energie rinnovabili scenderanno certamente nei prossimi 10 anni i costi del nucleare sono per loro natura non ben definiti e destinati ad aumentare, tanto che probabilmente la costruzione delle centrali, se mai inizierà, dovrà essere molto probabilmente sospesa perché fra 10 anni il nucleare non sarà più economicamente conveniente“.”Un euro investito oggi nelle fonti energetiche rinnovabili può trasformarsi in energia pulita entro pochi mesi. Il nucleare, al contrario, richiede massicci investimenti finanziari, i cui frutti potranno raccogliersi, nella migliore delle ipotesi, solo tra 10 o 15 anni.

Bisogna contate, poi, che le centrali nucleari richiederanno anche ingente dispendio di risorse ambientali ed economiche, non solo per la loro costruzione, ma anche per l’avvio della loro produzione, nonché nella fase finale di dismissione e smantellamento. Forti dubbi, inoltre, permangono anche sulla sicurezza e sulla questione, ancora non risolta, dello smaltimento delle scorie radioattive, un problema per il quale neanche Inghilterra e Stati Uniti hanno saputo trovare una soluzione adeguata.

Falso anche l’argomento che il nucleare garantirebbe l’indipendenza energetica del nostro Paese ,”semplicemente perché l’Italia non ha uranio“,  e sarebbe costretta ad importarlo da altri paesi, come ad esempio la Francia spesso tenuta come modello per la gestione energetica del nucleare. Ma la stessa Francia importa uranio da altri Paesi, ad esempio anche dal Niger che è uno Stato con una situazione politica molto instabile e, nonostante le 58 centrali nucleari attive, importa comunque molto petrolio.  Dal punto di vista strettamente ambientale, poi, le centrali nucleari non sono ritenute un toccasana neanche per il clima: “le centrali nucleari, per essere costruite, alimentate con uranio, liberate dalle scorie che producono e, infine, smantellate, richiedono un forte investimento energetico basato sui combustibili fossili“. Le centrali, inoltre, come detto, non potranno entrare in funzione prima del  2020 e “quindi non potranno contribuire a farci rispettare gli impegni dettati dall’Unione Europea“.

Una posizione molto critica, dunque, che gli scienziati di “energiaperilfuturo.it” hanno deciso di esternare proprio adesso confidando nei Governatori delle Regioni e nella risonanza che potrà avere la loro iniziativa in un periodo di campagna elettorale, già segnato , di per sé, da molte polemiche, a scapito della corretta comprensione di intendimenti e programmi di molti candidati, specie nel settore delle energie rinnovabili e, in generale, nello sviluppo della economia, sia essa “Green ” o tradizionale.

Del resto la legge 99/2009 ( nota, infatti, come “delega nucleare”)  che ha segnato il ritorno dell’ Italia alla controversa tecnologia nucleare, non ha mancato di sollevare già diverse polemiche ed anche veri e propri ricorsi giudiziari. Attualmente, infatti, sono pendenti di fronte alla Corte Costituzionale ben dodici ricorsi, aventi ad oggetto la legge 99/2009 ed i conflitti sulla sulle attribuzioni e sul riparto di competenze in materia energetica tra Regioni e Stato Centrale.

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