Perché il progetto di espansione della centrale nucleare slovena di Krško è un problema che riguarda anche l’Italia

Il progetto di ampliamento della centrale nucleare slovena di Krško, che sorge a 130 km da Trieste, è una questione che ci riguarda da vicino

In Slovenia, a soli 130 km da Trieste sorge una centrale nucleare, una delle più vecchie d’Europa: l’impianto di Krško. Al momento la struttura è dotata di un solo reattore con una potenza di 700 MegaWatt, ma proprio la scorsa estate il governo sloveno ha dato l’ok per la costruzione di una seconda unità nella centrale. Un progetto di cui si discute ormai da anni, ma che tra non molto potrebbe diventare realtà. 

Attualmente tutti i dettagli del progetto non sono ancora chiari, ma ciò che si sa è che il piano prevede la costruzione di un’unità da 1,1 GW (GigaWatt), con una produzione stimata di 9.000 GW di elettricità l’anno e una durata di 60 anni.

E la sua costruzione dovrebbe avvenire nel giro di circa cinque anni, anche se prima potrebbero volerci altri quattro anni per le procedure autorizzative. Questo piano, però, pone una serie di criticità che non possono essere sottovalutate e i rischi connessi all’impianto riguardano anche i Paesi vicini, Italia compresa.

Una delle centrali più vecchie d’Europa, costruita in un’area sismica

Ma a destare preoccupazione è il fatto che la centrale nucleare sorge in un’area sismica di livello medio-alto. Lo scorso inverno, a seguito del violento terremoto di magnitudo 6.4, che ha raso al suolo il centro della citta croata di Petrinja, la centrale è stata chiusa per precauzione. L’impianto nucleare di Krško, l’unico attivo in Slovena, ha infatti circa 40 anni, quando ancora il territorio su cui si trova apparteneva all’ex Jugoslavia. Oggi la centrale è gestita dalla società Nuklearna elektrarna Krško (NEK), posseduta al 50% dalla società statale slovena Gen-Energija e al 50% dalla società statale croata Hrvatska elektroprivreda (HEP).

L’impianto è operativo dal 1983 e avrebbe dovuto restare attivo fino al 2023, ma nel 2016 è stata chiesta una proroga di ben 20 anni. Ed è molto probabile che venga autorizzata.  Nel Paese, infatti, c’è un sostegno politico trasversale per l’energia nucleare, che gode di un ampio consenso tra i cittadini. E non è escluso che nei prossimi mesi venga proposto un referendum sulla delicata questione. 

Il parere degli esperti 

Come già accennato, il problema principale della centrale di è rappresentato dalla sua posizione. In passato diversi scienziati hanno evidenziato la pericolosità dell’impianto. Nel 2013, quando la Slovenia ha annunciato di voler costruire una seconda centrale nucleare vicino alla prima, L’IRSN Francia – istituto incaricato dalla stessa Slovenia di valutare il rischio sismico, ha dichiarato che l’area non era adatta. Numerosi studi sismologici hanno infatti accertato ben due faglie attive nella zona (Orlica e Libna). Tra i vari studiosi che mettono in guardia sui rischi c’è anche il professor Kurt Decker, geologo austriaco dell’Università di Vienna, con esperienza al servizio dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA).

“Tra tutte le centrali nucleari europee, Krško  è quella con la più alta sismicità e la più alta pericolosità sismica” e l’area intorno a Krško, al centro dell’Adriatico e della Placca pannonica, particolarmente soggetta a terremoti, “dall’area sismotettonica punto di vista è tutt’altro che ideale” – ha sottolineato Decker – “Le minacce includono il rischio sismico significativo” e i rischi connessi alla “rottura della superficie del suolo dovuta al movimento di una faglia attiva durante un terremoto” e la “valutazione del pericolo attualmente valida per la centrale nucleare non tiene conto dei recenti risultati sulle faglie attive”.

Il geologo fa notare anche che quando la centrale è stata costruita non si sapeva né quale magnitudo avesse avuto il violento terremoto del 1917  (con epicentro proprio a Krško) né quale potesse essere la magnitudo massima per quell’area.

La petizione lanciata in Austria per chiudere la chiusura dell’impianto nucleare 

Il progetto che prevede il raddoppio della centrale slovena ha messo in allarme i cittadini di alcuni Stati vicini, in particolare l’Austria. Di recente una rete internazionale di associazioni ambientaliste, tra cui la croata Zelena akcija e l’italiana Legambiente, hanno lanciato una petizione online non soltanto per chiedere il blocco del nuovo piano, ma la chiusura definitiva del vecchio impianto. 

La decrepita centrale nucleare di Krško non resisterà certamente a un controllo di sicurezza antisismico indipendente. – scrivono gli attivisti – La società operativa deve retrofittare il reattore con grandi spese o spegnerlo a un costo inferiore. L’estensione delle operazioni ritarderà il problema della sicurezza irrisolto e renderà più probabile una catastrofe nucleare. La roulette russa non deve essere giocata con la vita di milioni di europei per altri 20 anni: il reattore sismico di Krško deve essere spento! Il cancelliere Kurz e il ministro dell’Ambiente Gewessler sfruttano la politica antinucleare nel programma di governo. Ora devono finalmente agire e lavorare con i loro colleghi sloveni per garantire la sicurezza delle persone in tutta Europa. In un mondo giusto, in cui devono essere evitati i danni all’ambiente e alla salute umana, non c’è posto per un sistema energetico distruttivo del XX secolo! Mettiamo fine al rischio ora e assicuriamo il nostro futuro e quello dei nostri figli.

Contrario all’espansione della centrale nucleare slovena anche il Ministero per la Protezione del Clima austriaco, che ha ribadito che l’impianto si trova in una zona sismica a rischio. E la scorsa estate la ministra del clima e dell’ambiente Leonore Gewessler ha rincarato la dose, scagliandosi contro il nucleare.

“L’energia nucleare divora somme di denaro assurde che sarebbero molto più opportunamente spese per l’espansione delle energie rinnovabili” ha dichiarato Gewessler. 

E le perplessità dell’Austria non si limitano alla centrale slovena. Da anni il Paese sta mettendo pressione sulla questione ancora più spinosa del previsto raddoppio della centrale ungherese di Paks, la cui costruzione è stata concordata dal premier ungherese Orban direttamente con Putin, sulla base di una licenza fondata – secondo molti – su dati errati.

La posizione delle istituzioni italiane

L’espansione della centrale nucleare di Krško è stata oggetto di dibattito anche in Italia negli ultimi tempi, anche se del progetto si parla ormai da anni. Non sono mancate le polemiche da parte dell’assessore alla Difesa dell’ambiente, energia e sviluppo sostenibile della regione Friuli Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro, che all’indomani del voto del Parlamento sloveno ha espresso timore “per il nostro territorio, che dista meno di 100 chilometri in linea d’aria dalla centrale esistente che, come noto, è l’unica in Europa a sommare i pericoli del nucleare a quelli della zona sismica con rischio medio-alto”.

Già l’anno scorso ho espresso le mie perplessità oltre che sui rischi sismici, anche sulla chiarezza progettuale relativamente la gestione delle scorie radioattive. – ha sottolineato Scoccimarro – L’Italia nel 1987 ha deciso di rinunciare al nucleare, ma ora si trova di fatto circondata da una decina di centrali a pochi chilometri dal confine. 

A esprimere le sue perplessità in merito anche il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, che – pur non essendo totalmente contrario al nucleare – ha inviato una lettera al Premier Mario Draghi, e al ministro della Transizione Ecologica, chiedendo che “vengano effettuati opportuni approfondimenti e controlli su una scelta piena di incognite”.

Voglio precisare che sebbene l’Italia si sia a suo tempo espressa con referendum contro il nucleare, personalmente non sono assolutamente contrario a prescindere, ma la sicurezza deve essere certificata – ha chiarito Ziberna – Del resto le centrali nucleari di nuova generazione sono assai più sicure di quelle vecchie e se si sta correndo verso una elettrificazione del parco veicoli in Europa è scontata la necessità di una maggior produzione elettrica. Con i 40 anni di vita della centrale di Krško ci troviamo però di fronte a una delle più vecchie d’Europa. Inoltre è collocata su terreno sismico e mi chiedo per quale motivo, anziché demolirla ed, eventualmente, costruirne un’altra, di nuova generazione, possibilmente in un’altra area si punti al raddoppio di un impianto che, in passato, ha già creato seri problemi. Mi auguro davvero che il nostro governo intervenga magari ponendo la questione nell’ambito dell’Unione europea. La Slovenia ha il sacrosanto diritto di scegliersi le fonti di approvvigionamento energetico, ma credo sia interesse e diritto di tutti salvaguardare la salute dei cittadini. Ecco perché ritengo sia imprescindibile la possibilità di una vigilanza sin dalle fasi decisionali da parte di organismi scientifici anche italiani.

Nel nostro Paese, però, non sono mancate le voci favorevoli al raddoppio della centrale di Krško, tra cui quella dell’ex presidente del Friuli-Venezia Giulia Renzo Tondo che in passato aveva spinto per una partnership al piano per risolvere i problemi energetici della Regione. Tutto questo, nonostante i rischi evidenziati dagli esperti. 

Ciò che appare certo al momento è che la Slovenia sembra fortemente intenzionata a proseguire con il suo progetto, mentre l’Italia si limita alle parole e dalla Commissione europea tutto tace. 

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Fonte: Euractiv/ Nuklearna elektrarna Krško/Primorski dnevnik/Rodolfo Ziberna (Facebook)/MiSE/Ansa/Regione FVG

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