Olio di palma: Greenpeace blocca una nave a Rotterdam (FOTO)

Protesta di Greenpeace nel porto di Rotterdam dove alcuni attivisti stanno impendendo l’attracco di una nave che trasporta olio di palma importato dall’azienda malese IOI, colpevole secondo l’organizzazione ambientalista, della distruzione delle foreste indonesiane e della violazione dei diritti umani.

Protesta di Greenpeace nel porto di Rotterdam dove alcuni attivisti stanno impendendo l’attracco di una nave che trasporta olio di palma importato dall’azienda malese IOI, colpevole secondo l’organizzazione ambientalista, della distruzione delle foreste indonesiane e della violazione dei diritti umani.

La nave Esperanza, ormeggiata sul retro della raffineria sta cercando di impedire che l’olio di palma venga scaricato. A formare la delegazione di attivisti ci sono anche due indonesiani che hanno vissuto in prima persona, le conseguenze degli effetti degli incendi appiccati nella foresta per realizzare le piantagioni di palma.

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“Speravo che il governo e le aziende avrebbero risolto la crisi degli incendi, ma la loro incapacità di farlo mi ha fatto capire che ho la responsabilità di tutelare le foreste indonesiane” afferma Nilus, che assieme al compagno di viaggio Adi Prabowo, ha seguito l’addestramento di Greenpeace per individuare, prevenire e spegnere gli incendi.

Parliamo spesso dell’olio di palma, di questo grasso di origine vegetale che per le sue caratteristiche può essere paragonato al burro e che viene utilizzato in più della metà dei prodotti alimentari, di igiene personale e perfino nel latte formulato per i neonati.

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Secondo il rapporto di Greenpeace, “Un costoso trade-off”, negli ultimi 15 anni l’area occupata dalle piantagioni di palma da olio in Indonesia è raddoppiata, passando da quattro a otto milioni di ettari. Si prevede che entro il 2020 crescerà di ulteriori cinque milioni di ettari. Quest’espansione ha causato deforestazione e drenaggio delle torbiere per anni, creando le condizioni ideali per il dilagare dei vasti incendi boschivi che hanno devastato l’Indonesia negli ultimi due decenni.

Gli incendi dello scorso anno sono stati catastrofici e hanno avvolto la regione in una nube di fumo e ceneri per mesi. Tra luglio e ottobre 2015 più di 2 milioni di ettari di torbiere e foresta indonesiana sono stati consumati dalle fiamme. Questa nube soffocante ha anche causato oltre centomila morti premature in tutto il Sud-est asiatico, dati rivelati da uno studio condotto dalle università statunitensi di Harvard e Columbia.

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“IOI, che ha sede anche in Italia, continua a portare in Europa olio di palma prodotto a discapito delle foreste e dei diritti umani, ma essendo sconosciuto al grande pubblico pensa di potersela cavare senza attirare l’attenzione. Insieme possiamo far sapere ad IOI che non sarà più così facile. Ora gli occhi dell’opinione pubblica sono puntati su di loro: IOI deve sapere che non c’è mercato per l’olio di palma che mette in pericolo l’Indonesia, l’habitat di specie in via di estinzione, il clima del nostro Pianeta e la salute della gente del sud-est asiatico”, afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia.
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Greenpeace ha chiesto a IOI di firmare un impegno ad assicurare una catena di approvvigionamento sostenibile dell’ olio di palma, solo dopo la sigla gli attivisti concluderanno l’azione dimostrativa.

Dominella Trunfio

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