La lotta disperata degli indigeni Mapuche per allontanare le industrie dalle foreste

Pur di difendere le loro terre ancestrali dalle industrie che vogliono sfruttarle, gli indigeni Mapuche del Cile sono disposti a tutto, anche a bruciare le foreste. Ed è quello che stanno facendo

Pur di difendere le loro terre ancestrali dalle industrie che vogliono sfruttarle, gli indigeni Mapuche del Cile sono disposti a tutto, anche a bruciare le foreste. Ed è quello che stanno facendo.

Un atto estremo, pari alla loro disperazione. È autunno nel sud del Cile, e nella regione dell’Araucanía le foglie hanno assunto le tipiche colorazioni giallo-rossastre ma non è ovunque così. Alcune colline sono tristemente coperte da file di pini carbonizzati.

“Abbiamo bruciato queste foreste come atto di resistenza legittima contro le industrie estrattive che hanno oppresso il popolo Mapuche. Se rendiamo la loro attività non redditizia, andranno via, permettendoci di recuperare le nostre terre devastate e ricostruire il nostro mondo” è la motivazione di Hector Llaitul.

Llaitul è un portavoce della Coordinadora Arauco-Malleco (CAM), un’organizzazione anticapitalista che usa tattiche di azione diretta e di sabotaggio.

Non c’è pace per questi popoli, sempre più oppressi dall’industria e dalla ricerca forsennata del profitto.

Quest’anno si è già rivelato un anno particolarmente difficile con crescenti attacchi da parte degli attivisti indigeni Mapuche dell’Araucania contro lo stato cileno e le grandi imprese. Ad aprile, molte colture sono state bruciate, le strade sono state bloccate e 16 veicoli forestali sono stati incendiati al di fuori della capitale regionale, Temuco.

Questi atti sono diventati sempre più frequenti creando un’atmosfera di tensione costante. Secondo le statistiche pubblicate da un’associazione imprenditoriale locale, nel 2017 ci sono stati 43 attacchi nella regione, principalmente incendi contro le aziende di legname.

Rispetto a mezzo secolo fa, la parte occidentale del Cile ha subito le modifiche più profonde: le piantagioni di pino ed eucalipto hanno sostituito la biodiversità delle foreste originarie.

Nel frattempo, i gruppi Mapuche sono diventati sempre più aggressivi, pronti a tutto pur di recuperare le terre ancestrali e ottenere l’autonomia politica.

“I Mapuche sono stati impoveriti spiritualmente, culturalmente ed economicamente dal Cile. Sono disposto a sacrificare la mia vita per il mio popolo” sono le parole di Celestino Cordova, condannato a febbraio 2014 per un incendio doloso in una fattoria a nord di Temuco che ha provocato la morte di una coppia di anziani.

Da allora, la presenza della polizia è stata intensamente aumentata in Araucanía, portando alla militarizzazione della regione e alla persecuzione sempre più indiscriminata degli indigeni.

protesta mapuche

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Su una ex riserva di legname che si affaccia su Lumaco, le azioni intimidatorie degli indigeni hanno ottenuto l’effetto sperato. L’azienda forestale Arauco ha abbandonato il progetto di sfruttamento dopo una serie di ripetuti attacchi incendiari e oggi, in una piccola radura, una dozzina di giovani uomini e donne stanno ricostruendo le loro case nei boschi.

Quando recuperiamo le terre, seminiamo colture, alleviamo animali e ricostruiamo il nostro mondo culturale” prosegue Llaitul.

Il governo di destra dell’attuale presidente, Sebastián Piñera, ha una visione diversa per il futuro dell’Araucanía, la regione con il più alto tasso di povertà e disoccupazione del paese.

I ministri hanno visitato Temuco ad aprile per finalizzare un importante piano di crescita per la regione, concentrandosi su turismo, agricoltura, investimenti energetici e programmi di formazione. L’obiettivo? Consentire ai 150.000 ettari di terra, consegnati ai gruppi Mapuche negli ultimi anni, di tornare alla produzione.

Gli incendi non sono certamente giustificabili ma si tratta di un gesto disperato, l’unico ritenuto possibile dagli indigeni per allontanare chi per profitto, ha deciso di sfruttare indiscriminatamente le loro terre ancestrali.

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Francesca Mancuso

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