L’ex attivista di Greenpeace Patrick Moore a favore del nucleare. Ma l’associazione prende le distanze

Sta facendo il giro dei giornali la pseudo-conversione di Patrick Moore, che, a dispetto del suo passato che lo aveva visto operare tra le fila dei fondatori di Greenpeace negli anni Settanta, definisce quella nucleare come un'energia pulita e sicura. L'organizzazione prende le distanze.

Nucleare sì, nucleare no. Un dilemma questo che non solo divide l’Italia in tempo di elezioni regionali, ma che si sta propagando, come abbiamo visto, anche tra le associazioni ambientaliste. Oggi sta facendo il giro dei giornali la “pseudo-conversione” di Patrick Moore, che, a dispetto del suo passato che lo aveva visto operare tra le fila dei fondatori di Greenpeace negli anni Settanta, definisce quella nucleare come “un’energia pulita e sicura“.

Molti sono stati i “voltafaccia”, tanti i personaggi che, in un primo momento si erano detti contrari alla nascita di centrali e reattori, ma che poi hanno cambiato posizione. Già in un precedente articolo greenMe.it aveva fatto una rassegna degli ambientalisti convertiti al nucleare, citando tra gli altri anche Mark Lynas: “Non parliamo di una conversione improvvisa, ci sono voluti anni per uscire allo scoperto. Per un ambientalista, dire di si all’atomo è un po’ come ammettere davanti ai propri genitori di essere gay. Non è semplice, sei terrorizzato all’idea che ti respingano“.

Patrick Moore in un intervista riportata dal Sole 24 Ore mette in evidenza come le energie rinnovabili siano una soluzione per un lontano futuro, mantre il nucleare diventa fondamentale per l’Italia visto che “non ha giacimenti di combustibili fossili“. Per lui, è inoltre secondario il problema dello smaltimento delle scorie, appellandosi alle nuove tecnologie, in grado di renderle innocue: “Dentro una centrale ci vivrei dentro. È il posto più sicuro al mondo. Lì c’è una cultura della sicurezza che non ha pari“.

Una posizione totalmente contraria a quella sostenuta da Greenpeace che si sta battendo contro il ritorno del nucleare in Italia e che in un comunicato dal titolo “GREENPEACE E PATRICK MOORE. STORIA DI UN CASO DA PSICANALISI… O DI UN CALCOLO?” prende le distanze dalle dichiarazioni di Moore e precisa con inequivocabili toni, le informazioni che circolano su di lui e sul suo legame con l’organizzazione.

A partire da quella che lo appellerebbe come “fondatore di Greenpeace“: Moore, spiega l’associazione: “Ha fatto sì parte del gruppo di persone che, negli anni Settanta, hanno costruito l’organizzazione ma se ne è poi allontanato nel 1985 a causa di gravi dissensi”. “Da allora, Patrick Moore ha sostenuto molte tesi diverse, dall’infiltrazione comunista tra gli ambientalisti alla sua giustificazione delle atrocità dei generali argentini. Da molti anni viene finanziato dalle industrie del legname e del nucleare. Ci si chiede dov’è la notizia se poi afferma che le foreste vanno tagliate a raso o che solo l’energia nucleare può salvare il pianeta. In particolare, Moore ha lavorato per la BCFE, un gruppo creato per difendere gli interessi dell’industria del legname canadese e che ha operato come ramo dell’agenzia di relazioni pubbliche Burson-Marsteller. La stessa agenzia, peraltro, ha lavorato con la giunta militare dell’Argentina per attrarre investimenti stranieri e migliorare l’immagine del regime. A una domanda specifica su questo aspetto, Patrick Moore, ha avuto modo di dichiarare che tanto le “persone vengono uccise dappertutto

Secondo l’associazione, quindi, il mutamento di opinione dell’ex ambientalista è da imputare ad un suo tornaconto personale. E spiega anche perché il nucleare non servirebbe ad abbattere le emissioni di anidride carbonica: “Patrick Moore semina spesso e volentieri informazioni false. Riguardo al nucleare, Moore ha spesso detto di essere favorevole, indicandolo come l’unica fonte di energia in grado di salvare il nostro pianeta dai cambiamenti climatici. Naturalmente, è l’esatto contrario“. Lo ha ribadito Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia: “Pur raddoppiando il numero di reattori oggi esistenti, il taglio delle emissioni di CO2 non sarebbe superiore al 5 per cento e occorrerebbe inaugurare un nuovo reattore ogni due settimane da qui al 2030. E tutto questo a discapito delle vere soluzioni per il clima: fonti rinnovabili ed efficienza energetica“.

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