Jefta: cosa prevede l’accordo col Giappone di cui nessuno parla (e perché non va firmato)

La ratifica dell’accordo Jefta di libero scambio tra Ue e Giappone prevista per oggi è stata rinviata al 17 luglio a causa dei disastri provocati dalle piogge nel paese nipponico, ma il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, aveva già annunciato di dare il suo via libera, nonostante la sua contrarietà espressa in campagna elettorale contro questo tipo di accordi, dal Tttip al Ceta

La ratifica dell’accordo Jefta di libero scambio tra Ue e Giappone prevista per oggi è stata rinviata al 17 luglio a causa dei disastri provocati dalle piogge nel paese nipponico, ma il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, aveva già annunciato di dare il suo via libera, nonostante la sua contrarietà espressa in campagna elettorale contro questo tipo di accordi, dal Tttip al Ceta.

La firma ufficiale dell’Economic Partnership Agreement e dello Strategic Partnership Agreement, un accordo rafforzato di libero scambio e una intesa politica complessiva, tra Unione Europea e Giappone slitta, ma per l’Italia il risultato non cambia.

In un’intervista rilasciata a La Repubblica, senza troppi giri di parole, dà il via libera del governo italiano alla firma del Jefta, alla domanda: “In Europa l’Italia sta dando il via libera a un accordo di scambio con il Giappone, mentre nel contratto avete ribadito la netta contrarietà a questo tipo di accordi, come il Ceta e il Ttip. Avete cambiato idea?”, il vicepremier risponde: “Sia noi che la Spagna, insieme alla firma, stiamo inviando delle osservazioni con condizioni precise che riguardano agricoltura, piccole imprese e una serie di interventi necessari”.

I tre impegni del Decalogo #NoCETA

Una decisione che viene definita sconfortante e grave secondo la campagna Stop TTIP/Stop CETA che spiega:

“La decisione arriva da un Movimento che ha chiesto il voto dei suoi elettori, con il patto pre-elettorale #NoCETA #Nontratto impegnandosi, a bocciare il CETA, a respingere accordi che non siano preceduti da dettagliate valutazioni d’impatto economico, sociale e ambientale a livello europeo, nazionale e globale e da verifiche altrettanto severe sul loro impatto ex post per correggerne i potenziali effetti negativi, ma soprattutto a rifiutare accordi negoziati senza un’adeguata e trasparente partecipazione dei cittadini e dei loro rappresentanti e delle loro organizzazioni, a partire dagli eletti nei Parlamenti europeo, nazionali e nelle Autorità locali, a garanzia dell’obiettivo che le politiche commerciali privilegino l’interesse generale e non quello di potenti lobbies economiche”.

“Cosa che – continuano i sostenitori della campagna – non è senz’altro avvenuta perché il ministro Di Maio, spiace rilevarlo, unico tra i suoi predecessori, ha proceduto alla firma senza neppure convocare il Tavolo istituzionale di confronto sui negoziati commerciali con cui il MISE, da dopo la Ministeriale della WTO di Seattle del 1999 riunisce insieme categorie, sindacati e società civile, quantomeno, per informarli delle intenzioni del Governo italiano”.

Secondo Greenpeace con la firma del Jefta verrebbero meno alcuni dei dieci principi per gli accordi sul commercio che l’Unione europea si è impegnata a seguire. Ovvero: trasparenza, sostenibilità, coerenza con gli accordi multilaterali, principio di precauzione, migliorare gli standard ambientali e sociali, impatto della produzione, accesso giusto ed equo alla giustizia, cooperazione regolatoria, protezione delle economie del Sud del mondo e valutazione indipendente.

Perché dire NO al Jefta

Il Jefta è un trattato di liberalizzazione degli scambi tra Ue e Giappone ed è stato negoziato in assoluta segretezza (leggibile solo grazie al Leak di Greenpeace) al pari del CETA e presenta esattamente le stesse criticità, semplificando di fatto il commercio tra le due parti anche su questioni che riguardano le competenze nazionali come appalti pubblici, agricoltura, sicurezza alimentare, servizi, investimenti, commercio elettronico.

Limita poi la capacità degli Stati europei di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi, sottovalutando il fatto che il Giappone è il paese con il più grande numero di colture ogm autorizzate al mondo.

Ancora, preoccupazioni per le eccellenze del made in Italy, Dop, Igp, Doc che così come per il CETA, solo alcune denominazione saranno protette ma saranno più a rischio contraffazione. Per questo, il Jefta al pari del TTIP e del CETA, viene definito come un accordo tossico, che mette in pericolo l’ambiente e la salute dei cittadini, oltre che la sovranità dei paesi.

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Jefta: le criticità per il settore agroalimentare

Le principali criticità del Jefta sono sintetizzate dalla campagna Stop TTIP/Stop CETA:

Indicazioni geografiche

Il trattato va a proteggere solo 18 Indicazioni geografiche italiane agroalimentari e 28 vini e alcolici, su un totale di 205. Si prevede la coesistenza per asiago, fontina e gorgonzola per sette anni. Durante questo periodo l’utilizzo dei nomi deve essere accompagnato dall’indicazione dell’origine in etichetta. Grana padano, Pecorino Romano e Toscano, Provolone Valpadana, Mozzarella di bufala campana e Mortadella Bologna: per queste IG viene garantita la protezione del nome complessivo ma non quella dei termini individuali (ad es. Grana; Romano, mortadella, pecorino, mozzarella, ecc.). Per quanto riguarda il “PARMESAN” sarà possibile continuare ad utilizzare tale termine e registrare marchi che lo contengono, a patto che il suo utilizzo non induca in errore il pubblico rispetto all’origine del prodotto (esattamente come nel CETA).

Prodotti trasformati

Per i prodotti alimentari e i prodotti agricoli trasformati questo accordo autorizzerà la completa liberalizzazione di prodotti chiave come la pasta (in 10 anni), cioccolatini (10 anni), preparato di pomodoro e salsa (5 anni), ecc.

Ogm

Il JEFTA limiterebbe ulteriormente la capacità dell’UE e degli stati membri di controllare le importazioni giapponesi di alimenti e mangimi (articolo 6.7, in particolare 6.7.4), anche se ci sono in Europa già casi documentati di infrazioni consistenti alle normative anti-ogm. Ultimo il caso francese che ha interessato anche l’Italia. A livello mondiale, il Giappone è il paese con la maggior parte delle colture Ogm approvate sia per alimenti che per mangimi animali, e quindi il rischio di contaminazioni, in presenza di un trattato che abbatte il numero di controlli alle frontiere d’arrivo, sarebbe innegabile.

;E-commerce

Il capitolo del JEFTA sull’e-commerce (Capitolo 8) contiene regole che limitano la capacità di regolare i flussi di dati e
quindi di regolamentare le società transnazionali il cui modello di business dipende dai dati. Queste regole
oltrepassano i limiti già labili inclusi nel CETA. Non è inoltre garantita la completa esclusione dei dati personali dal
commercio bilaterale.

Sviluppo sostenibile e lavoro

Il capitolo commercio e sviluppo sostenibile del JEFTA (capitolo 16), che contiene gli impegni non vincolanti delle
parti rispetto ai temi dell’ambiente e del lavoro, è ancora più debole di quello deò CETA. Il Giappone inoltre non ha
ratificato due delle otto convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Cosa succede adesso

L’Intergruppo Parlamentare No CETA, costituitosi la scorsa legislatura e composto da deputati e senatori di tutti gli schieramenti, ha chiesto pubblicamente al Vice presidente del Consiglio e Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, di far sospendere la firma del Trattato UE-Giappone (JEFTA) e di riferire in Parlamento su un via libera rilasciato senza adeguata consultazione del Parlamento. La Campagna Stop TTIP/Stop CETA si associa alla richiesta e rilancia la proposta di un incontro con il Ministro per ribadire le proprie preoccupazioni sugli effetti a catena di una eventuale approvazione del Jefta.

“Chiediamo al Vice Presidente Di Maio di impegnare il Governo Italiano a intervenire per far sospendere la firma tra Commissione Europea e Governo giapponese, prevista per il 17 luglio, e a riferire al più presto in Parlamento al fine di consentire, nella trasparenza di una discussione pubblica, la definizione di un mandato chiaro al governo”.

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Dominella Trunfio

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