Il CETA potrebbe eliminare l’etichetta obbligatoria d’origine del grano

L’etichetta di origine del grano, ma anche la “diffidenza” verso il glifosato e il divieto di OGM in Italia non sono misure ben viste dalla CropLife Canada.

L’etichettatura di origine del grano avrebbe un impatto “disastroso” sull’export canadese: per questo la Camera di Commercio canadese e il CropLife Canada, l’Associazione internazionale delle aziende agrochimiche, attaccano le leggi italiane che, rendendo obbligatoria l’indicazione in etichetta della provenienza del grano, sarebbero colpevoli di aver ridotto fortemente le importazioni di grano canadese.

E ora il trattato di liberalizzazione commerciale UE-Canada, il celebre CETA, può far saltare proprio quelle norme volute dai consumatori a tutela della salute e delle produzioni locali.

Lo dice chiaro e tondo in un dossier la Camera di Commercio canadese che, insieme con CropLife Canada, punta il dito contro “l’etichettatura dei paesi di origine (COOL, ‘Country Of Origin Labeling’) che l’Italia ha introdotto per i prodotti di grano. L’impatto – si legge – è stato disastroso per le esportazioni canadesi di grano duro, che è crollato negli ultimi cinque anni”.

In pratica, le barriere commerciali non tariffarie impedirebbero all’industria cerealicola del Canada di trarre tutti i benefici dall’accordo economico globale con l’Unione europea.

Canada importazioni grano

Cosa proporrebbero piuttosto le aziende riunite sotto il CropLife e la Camera di Commercio per eliminare questa misura a detta loro “protezionista, assunta non per gli interessi dei consumatori, ma piuttosto per proteggere il mercato interno”? Servirsi del comitato per la cooperazione regolatoria istituito dal CETA: nel report, infatti, la Camera di Commercio canadese spiega che “uno dei punti di forza del CETA è la struttura istituzionale creata dall’accordo, che forza il governo del Canada e la Commissione europea a mettere sul tavolo i fattori ‘irritanti’ per il commercio”. E l’etichettatura del grano sembra proprio essere dannosa per il commercio del Canada, anche perché, sostengono, l’etichettatura sarebbe stata promossa da “attivisti che amplificano informazioni errate su presunti residui di glifosato nelle esportazioni canadesi”.

I residui minimi di pesticidi

Nel dossier viene criticata anche la stretta europea ai residui dei pesticidi, una riduzione della chimica in agricoltura che secondo i canadesi sarebbe da annoverare tra le “barriere al commercio ingiustificate che non offrono alcun livello superiore di sicurezza per i consumatori”.

Anche in questo caso, si “invita” a utilizzare le possibilità offerte del CETA perché vengano risolti i “disallineamenti” sui residui minimi di pesticidi, dal momento che la scienza, scrivono, “ha bisogno di essere depoliticizzata, facilitando il rapporto diretto tra i regolatori per costruire una maggiore fiducia”.

La ciliegina sulla torta: il dossier chiosa che il CETA sarà importante anche per dialogare sulle biotecnologie affinché “i prodotti canadesi contaminati da OGM vecchi e nuovi non siano buttati fuori dal mercato europeo”.

Si sfiora, insomma, quasi il paradosso. Via l’origine del grano in etichetta e semaforo verde a OGM e glifosato. La soluzione? Magari bocciare l’accordo “tossico” dello stesso CETA.

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Germana Carillo

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