Blitz di Greenpace nell’Adriatico 2 anni dopo il referendum: trivelle e airgun minacciano ancora il mare

Nuovo blitz di Greenpeace nell'Adriatico. L'associazione ha aperto due striscioni nei pressi della piattaforma Fratello Cluster poco a nord di Pescara. Esattamente due anni fa avremmo potuto dire addio alle nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa tramite il referendum

Nuovo blitz di Greenpeace nell’Adriatico. L’associazione ha aperto due striscioni nei pressi della piattaforma Fratello Cluster poco a nord di Pescara. Esattamente due anni fa avremmo potuto dire addio alle nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa tramite il referendum.

Stop trivelle – ieri, oggi, sempre” è il testo presente sui due striscioni. Un modo per ribadire che i mari italiani sono ancora sotto la minaccia di nuove attività di ricerca di idrocarburi. A due anni dal referendum infatti la situazione non è affatto migliorata, anzi.

Di recente, il Consiglio di Stato ha bocciato i ricorsi presentati dalle Regioni Abruzzo e Puglia contro il ministero dell’Ambiente e la società Spectrum Geo Lfd Dall’Emilia Romagna alla Puglia, non si salva nessuno. È stata legittimata la Valutazione d’Impatto Ambientale con cui il Ministero aveva approvato la concessione di due enormi aree per la prospezione di idrocarburi.

Di fatto, è stato dato un ulteriore via libera alle attività di prospezione e ricerca di gas al largo della costa adriatica. E la colpa è anche nostra visto che due anni fa al referendum avremmo potuto fermare tutto ciò. Da Rimini fin quasi all’estremità meridionale della Puglia, potrebbero presto essere avviate attività con l’airgun. Quest’ultima è una pratica potenzialmente pericolosa per la fauna marina. Si tratta di esplosioni di aria compressa in fondo al mare.

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I provvedimenti di VIA ottenuti dalla Spectrum Geo sono solo 2 dei 9 emanati in questi anni dal Ministero dell’Ambiente. Tutto l’Adriatico è opzionato per nuove attività di ricerca di fonti fossili.

“Oggi Greenpeace vuole ringraziare quei 16 milioni di italiani che due anni fa decisero di non voltarsi dall’altra parte di fronte alle sorti dei nostri mari; e dir loro che siamo ancora qui, perché purtroppo nulla è cambiato. La politica energetica portata avanti dal governo Gentiloni negli ultimi due anni, sebbene meno aggressiva di quella di Renzi, ha infatti continuato a intendere i nostri mari soprattutto come dei giacimenti”, ha detto Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace. “Ma sia chiaro, la protesta di oggi non è una commemorazione, ma un deciso monito al governo che verrà, di qualunque segno esso sia: una larghissima parte dei cittadini italiani è contraria alle trivelle. E l’Italia dovrà cambiare presto strategia, tornando a investire sulle rinnovabili e smantellando presto le oltre cento piattaforme disseminate lungo i nostri mari, nella maggior parte dei casi improduttive ed esonerate persino da royalties e oneri fiscali”.

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La caccia all’ultima goccia di petrolio è ancora aperta, purtroppo.

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Francesca Mancuso

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