La Grande barriera corallina non finirà nella black list Unesco (almeno fino al 2022)

La Grande Barriera Corallina non sarà inserita nella black list di siti patrimonio mondiale "in pericolo". Arrivata la decisone

La Grande Barriera Corallina non sarà inserita nella black list di siti patrimonio mondiale “in pericolo” dopo grandi insistenze da parte dell’Australia, che voleva scongiurarlo a tutti i costi. Il Comitato del Patrimonio Mondiale ha accettato di non inserire questo delicato ecosistema nell’elenco dei siti in pericolo.

Nonostante l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura abbia affermato che la Barriera Corallina “inequivocabilmente” abbia soddisfatto i criteri per essere dichiarata in pericolo, gli sforzi di lobbying dell’Australia hanno avuto successo, sottolinea Greenpeace.

Oggi il comitato del patrimonio mondiale di 21 paesi ha deciso di non considerare la valutazione scientifica dell’organizzazione delle Nazioni Unite per la scienza e la cultura dell”UNESCO, secondo cui la barriera corallina era chiaramente in pericolo a causa del cambiamento climatico e per questo doveva finire nel famigerato elenco.

Tutto rinviato al 2022 quando l’Australia dovrà inviare una relazione sui progressi compiuti. Una sorta di libertà vigilata, come l’hanno definita le associazioni ambientaliste australiane.

Esse hanno affermato che la decisione è stata una vittoria per le lobby. Il Comitato ha rilevato “con la massima preoccupazione e rammarico” tre eventi di sbiancamento dei coralli di massa nel 2016, 2017 e 2020. Ha ribadito che il cambiamento climatico è la minaccia più grave per la barriera corallina e ha esortato l’Australia e tutte le nazioni a proseguire gli sforzi per limitare il riscaldamento a 1,5 °C.

In vista dell’incontro di oggi, il governo australiano aveva condotto una feroce campagna per evitare il declassamento della grande barriera corallina. L’Australia – uno dei principali produttori ed esportatori di carbone e gas – ha inizialmente ottenuto il sostegno dell’Arabia Saudita e del Bahrein, paesi notoriamente ricchi di petrolio, entrambi membri della commissione, per ritardare qualsiasi decisione almeno fino al 2023. Ma dopo un’intervento dalla Norvegia, la commissione ha deciso invece che la salute della barriera corallina sarebbe stata nuovamente esaminata nella riunione del prossimo anno.

Ley ha detto che il sostegno del comitato all’Australia darà ai

gestori della barriera corallina, agli scienziati marini e ai gestori del territorio la possibilità di mostrare il loro lavoro eccezionale.

La nostra preoccupazione era sempre che l’Unesco avesse optato per questa scelta senza un’adeguata consultazione, senza una visita in loco e senza tutte le ultime informazioni, ed è chiaro che questo processo ha riguardato non solo l’Australia ma anche altre nazioni”, ha detto il ministro dell’Ambiente.

L’appello dell’Unesco è stato una novità nel settore: per la prima volta è stato raccomandato di posizionare un sito patrimonio dell’umanità nella lista “in pericolo” principalmente a causa degli effetti del riscaldamento globale.

I fatti sono i fatti e la scienza è la scienza. La commissione ha sostenuto la scienza, ma non l’elenco “in pericolo”, ha detto Fanny Douvere, capo del programma marino dell’Unesco.

Questa non è una vittoria per il governo Morrison. La pressione è ora in aumento ed entro febbraio del prossimo anno si dovrà dire come si sta rispondendo al cambiamento climatico e agli scarsi risultati sulla qualità dell’acqua, ha detto Imogen Zethoven, un consulente dell’Unesco che lavora per l’Australian Marine Conservation Society.

Critica anche la posizione dell’amministratore delegato di Greenpeace Australia Pacific, David Ritter, che ha dichiarato:

Il governo australiano ha promesso al mondo che avrebbe fatto del suo meglio per proteggere la barriera corallina – invece ha fatto del suo meglio per nascondere la verità. Questa è una vittoria per uno degli sforzi di lobbying più cinici della storia recente. Questo non è un risultato: è un giorno di infamia per il governo australiano.

Il cambiamento climatico è la minaccia numero uno per la Grande Barriera Corallina – e il governo australiano non ha un piano credibile per ridurre le emissioni, nessun obiettivo climatico e continua a promuovere e sovvenzionare l’estrazione e la combustione di carbone, petrolio e gas che sono i principali motori del riscaldamento globale.

Secondo il WWF, la prima azione del governo dovrà essere quella di creare un piano statale per limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5
gradi:

Un piano climatico che protegga la Grande Barriera Corallina creerà anche certezza politica per maggiori investimenti in soluzioni per l’energia pulita e supererà la nostra opportunità unica di trasformare l’Australia in una superpotenza delle esportazioni. Ciò consentirà all’Australia di dire con orgoglio che stiamo facendo tutto il possibile per proteggere la barriera corallina e sarà un passo avanti vitale per evitare un elenco “in pericolo” del patrimonio mondiale nel 2022.

Fonti di riferimento: The Guardian, WWF Australia, Greenpeace

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