Ancora allarmi da Fukushima: tifone Ma-On e carne radioattiva

Non cessano i pericoli per il già disastrato impianto di Fukushima Daiichi, minacciato ora dal possibile arrivo del violento tifone Ma-on, che ha già interessando le isole giapponesi Minami Daito, nella prefettura meridionale di Okinawa con raffiche di vento fino a oltre 100 km/h e forti piogge torrenziali. Alle 12 GMT di ieri la tempesta era centrata a 33,3°N 134,2°E, a pochi chilometri dalle coste meridionali dell'isola Shikoku, con lo status di “tropical storm”. Sono 50 in tutto i feriti, mentre un anziano contadino risulta disperso.

Non cessano i pericoli per il già disastrato impianto di Fukushima Daiichi, minacciato ora dal possibile arrivo del violento tifone Ma-on, che ha già interessando le isole giapponesi Minami Daito, nella prefettura meridionale di Okinawa con raffiche di vento fino a oltre 100 km/h e forti piogge torrenziali. Alle 12 GMT di ieri la tempesta era centrata a 33,3°N 134,2°E, a pochi chilometri dalle coste meridionali dell’isola Shikoku, con lo status di “tropical storm”. Sono 50 in tutto i feriti, mentre un anziano contadino risulta disperso.

Secondo le ultime previsioni, l’allarme per la centrale sembra essere un po’ meno preoccupante rispetto ai giorni precedenti: Ma-On dovrebbe spostarsi verso est, attraversando l’estremità sudorientale dell’isola Honshu, la principale dell’arcipelago, per poi dirigersi verso est-sudest, allontanandosi così dalla costa e dall’area di Tokyo e Fukushima.

Ma le autorità giapponesi e la Tepco continuano la corsa contro il tempo per attuare tutte le misure necessarie per proteggere il reattore dalle possibili conseguenze del tifone e metterlo in sicurezza, come l‘installazione di tre coperture di acciaio per coprire le falle presenti nell’edificio del reattore 3 dell’impianto. Si teme, infatti, che la pioggia possa penetrare all’interno e provocare nuove fughe radioattive.

Resta alto, invece, l’allarme per la carne radioattiva, la cui vendita è stata da ieri definitivamente vietata. Si sta sempre più insinuando, infatti, il sospetto che la carne dei bovini in cui è stato rilevato cesio radioattivo possa essere stata venduta altrove, oltre che a Tokio e dintorni. “Non possiamo completamente escludere la possibilità che la carne sia stata venduta anche all’estero, ma le probabilità sono davvero molto basse” ha detto Yuichi Imasaki, il vicedirettore del dipartimento carne e uova del Ministero dell’Agricoltura giapponese.

In Italia però, possiamo stare tranquilli in quanto, come afferma anche un comunicato della Coldiretti sulla base delle elaborazioni su dati ISTAT: “Sono pari allo zero le importazioni in Italia di carne bovina fresca, refrigerata o congelata provenienti dal Giappone nel corso del 2011. Sono peraltro nulle – sottolinea la Coldiretti – anche le importazioni di derivati del latte come formaggi e latticini e dunque non c’è alcun rischio per gli italiani dopo la scoperta che 650 capi di bestiame allevati in Giappone sono sospettati di essere positivi al cesio radioattivo, con parte della carne spedita in almeno 38 delle 47 prefetture nipponiche.

Roberta Ragni

 

 

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