Ghiaccio sempre più bollente. Addio al 40% dei ghiacciai alpini

I ghiacciai alpini si sono ridotti del 40% in meno di 50 anni. A lanciare l'allarme è il nuovo rapporto “Ghiaccio bollente” del WWF. Dal 1962 a oggi si è passati da 519 kmq agli attuali 368

I ghiacciai alpini si sono ridotti del 40% in meno di 50 anni. A lanciare l’allarme è il nuovo rapporto “Ghiaccio bollente” del WWF. Dal 1962 a oggi si è passati da 519 kmq agli attuali 368.

Che i ghiacciai si stiano drasticamente riducendo, è ormai un fatto accertato. Anche i negazionisti sembrano essersi rassegnati all’evidenza. Tuttavia, la velocità con cui stiamo perdendo questo prezioso patrimonio alpino è preoccupante.

Secondo il dossier, lo scioglimento dei ghiacciai interessa innanzitutto Artide e Antartide. Ai poli, l’aumento delle temperature è addirittura doppio rispetto alle altre zone della Terra.

In particolare, il tasso di decrescita dell’estensione della superficie ghiacciata marina nell’Artico, secondo il quinto rapporto dell’IPCC, è tra il 3.5 e il 4.1% per ogni decennio. A marzo 2015, la massima estensione era pari a 14.280 milioni di km quadrati, la più bassa delle estensioni invernali mai registrate dalle rilevazioni satellitari. Ne deriva che la calotta artica si sta riducendo in maniera drastica e a questi ritmi entro il 2050 il mare Artico sarà praticamente privo di ghiacci nei mesi estivi. Male anche nell’Antartide, dove negli ultimi 50 anni le temperature sono aumentate di circa 3°C.

Alaska

Ma oltre alle zone polari, c’è il cosiddetto terzo polo: sono i ghiacciai cosiddetti “alpini”- le nostre Alpi ma anche l’Himalaya, la Patagonia, l’Alaska, gli Urali e il Kilimangiaro e Ruwenzori in Africa,– che fungono da serbatoi d’acqua dolce durante i mesi caldi e nei quali si registra una riduzione del 75%, soprattutto al di sotto dei 3000 metri.

ghiacciai alpini foto

E le conseguenze sono gravi: dal ghiaccio del pianeta dipendono infatti risorse idriche, mitigazione del clima, equilibrio degli Oceani, emissioni di gas serra. Lo scenario peggiore per l’IPCC al 2100 prevede un innalzamento del livello dei mari da 52 a 98 centimetri. Oggi, il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere del mondo entro i 100 km dalla costa. Tra le grandi città a rischio ci sono Miami, New York, Shangai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d’Egitto.

Inoltre, c2 miliardi di persone soffriranno per la scarsità di acqua a causa della perdita dei ghiacci alpini asiatici (un quarto della popolazione attuale): 7 grandi fiumi sono infatti alimentati dai ghiacciai himalayani tra cui Brahmaputra, Gange, Indo, Mekong.

“Il 2015 è un anno cruciale per le decisioni che la comunità internazionale dovrà prendere, a partire dal Summit delle Nazioni Unite per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per i prossimi 15 anni (New York 25-27 settembre) e la COP21 di Parigi sul Cambiamento Climatico. Uscire dai combustibili fossili, a partire dal carbone, deve essere l’obiettivo ineludibile dell’intera umanità, è la condizione per cercare di mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e scongiurare gli scenari più catastrofici. Conosciamo i rischi, grazie alle ricerche scientifiche e, purtroppo, anche dalle osservazioni sul campo nel lavoro che come WWF svogliamo tutti i giorni. Nelle aree montuose in tutto il mondo e nelle regioni artiche e antartiche, le popolazioni locali guardano spaventate il loro mondo che si trasforma e considerano il cambiamento climatico una minaccia presente e un possibile incubo futuro” sostiene il WWF.

Per questo, ha ancora più valore la prossima conferenza sul clima di Parigi, durante la quale i rappresentanti dei paesi si ritroveranno per trovare un accordo vincolante per contenere entro i 2°C l’aumento globale delle temperature.

In caso contrario, le conseguenze sarebbero irreversibili.

Francesca Mancuso

Foto: WWF

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