Fukushima: rilascio delle acque dal 2023, ma si dovrà costruire prima un tunnel sottomarino

Dalla primavera del 2023 inizierà l'operazione di sversamento delle acque della centrale nucleare di Fukushima

A distanza di 12 anni dal disastro nucleare di Fukushima, inizierà lo sversamento nell’oceano Pacifico delle acque radioattive appositamente trattate. La decisione era stata già annunciata negli scorsi mesi, suscitando non poche polemiche soprattutto tra i cittadini giapponesi, i pescatori e i Paesi confinanti. Ma adesso è stato indicato finalmente il periodo in cui inizierà la delicata operazione, che avverrà a partire dalla primavera del 2023. A comunicarlo è la Tepco, la società giapponese che gestisce la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, colpita dal terribile sisma e dallo tsunami del 2011. 

Ma come avverrà esattamente lo sversamento nell’oceano? La Tepco prevede di costruire un tunnel sottomarino lungo circa un chilometro in modo da rilasciare 1,25 milioni di tonnellate di acqua radioattiva trattata e stoccata in migliaia di cisterne dell’impianto. La costruzione del tunnel sarebbe necessaria per evitare interferenze con la pesca locale, ma ancora non sono stati forniti altri dettagli sulla realizzazione della struttura. 

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Gli impatti inevitabili sull’economia 

Secondo il piano adottato lo scorso martedì, il governo giapponese istituirà uno speciale fondo per acquistare prodotti ittici e congelarli temporaneamente per rispondere al prevedibile calo delle vendite di pesce. Inoltre, le autorità prevedono di iniziare ad allevare pesci nelle acque appositamente trattate per dimostrare la sicurezza delle operazioni di decontaminazione. 

Da quando è stata comunicata la scelta di procedere con il rilascio dell’acqua della centrale nell’Oceano Pacifico le associazioni di pescatori si sono attivati, organizzando una serie di proteste. Dal 2011 ad oggi, infatti, la ripresa della attività connesse alla pesca è inferiore del 20% al fatturato precedente al disastro nucleare e lo sversamento potrebbe essere l’ennesimo colpo di grazia. 

“Una decisione inaccettabile ed estremamente spiacevole”: così l’aveva definita Hiroshi Kishi, il Presidente della Federazione nazionale delle cooperative ittiche. Anche i Paesi vicini, in particolare la Corea del Sud e la Cina avevano chiesto al governo giapponese di ripensarci.  Diversi i gruppi ambientalisti, tra cui Greenpeace, che si sono mobilitati per fermare l’operazione, proponendo soluzioni alternative. Ma a nulla sono valse le proteste.

Una procedura sicura?

L’acqua contaminata dalle radiazioni è stata filtrata attraverso un avanzato sistema di trattamento dei liquidi. Tuttavia, il trizio, un isotopo radioattivo dell’idrogeno, non può essere eliminato. Secondo il governo giapponese e l’operatore della centrale di Fukushima, il trizio non sarebbe pericoloso per la salute umana, se presente in basse concentrazioni. E sulla sicurezza (sia per l’uomo che per la fauna marina) sembrano concordare anche gli scienziati. 

“I livelli di diluizione sono talmente alti che è estremamente bassa la probabilità che un pesce s’imbatta in qualche atomo di trizio, e, se pure ciò dovesse accadere, quantitativi così bassi non avrebbero alcun effetto sul pesce, né, si conseguenza, sul successivo gradino della catena alimentare” spiega Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare presso ENEA.

In ogni caso, però, per consentire lo sversamento dell’acqua trattata nell’oceano sarà necessario costruire un tunnel sottomarino, che in qualche modo andrà ad impattare l’ecosistema marino. E dopo oltre un decennio dal terribile incidente di Fukushima, siamo ancora qui a discuterne e a subirne le conseguenze e non abbiamo imparato dalla storia che il nucleare è da abolire per sempre per il bene di tutti. 

Fonte: Tepco /The Japan Times

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