Amazzonia sempre più vicina al punto di non ritorno: sta per trasformarsi da foresta pluviale a savana

Gran parte dell’Amazzonia potrebbe essere sul punto di perdere la sua natura e di passare dall’essere una foresta pluviale a una savana.

Gran parte dell’Amazzonia potrebbe essere sul punto di perdere la sua natura e di passare dall’essere una foresta pluviale a una savana con una quantità di alberi decisamente inferiore. E la causa è, manco a dirlo, della crisi climatica.

A lanciare l’allarme è una nuova ricerca condotta dallo Stockholm Resilience Center che mostra come questo punto di svolta potrebbe essere molto più vicino di quanto si pensi: pubblicato sulla rivista Nature Communications, lo studio conclude che fino al 40% della foresta pluviale amazzonica esistente è ora in un punto in cui potrebbe già essere considerata come savana invece che come foresta pluviale.

Sinora si pensava in effetti che sì tali cambiamenti potevano essere possibili, ma non con una simile urgenza: se da un lato le foreste pluviali sono altamente sensibili ai cambiamenti delle precipitazioni e dei livelli di umidità, dall’altro gli incendi e le siccità prolungate non fanno altro che provocare la perdita di alberi e rendere imminente il passaggio a un insieme di boschi e praterie molto più simile a una savana.

Le foreste pluviali supportano una gamma di specie molto più ampia rispetto alla savana e svolgono un ruolo molto maggiore nell’assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera. Ma ora, vastissime aree dell’Amazzonia ricevono meno pioggia rispetto al passato a causa del clima che cambia: le piogge in circa il 40% della foresta sono ora a un livello in cui ci si potrebbe aspettare che la foresta pluviale esista invece come savana.

Già l’anno scorso, il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, è stato avvertito che la continua distruzione dell’Amazzonia da parte di incendi e taglialegna avrebbe avvicinato la regione a un punto critico in cui la foresta pluviale potrebbe trasformarsi definitivamente. Eppure, mai come quest’anno gli incendi sono stati i peggiori degli ultimi dieci anni, con un aumento del 60% dei punti caldi rispetto al 2019.

Secondo l’autore principale dello studio, Arie Staal, l’ecologia delle foreste pluviali significa che, sebbene producano le proprie precipitazioni autosufficienti nel clima giusto, sono anche inclini a seccarsi nelle condizioni sbagliate.

Man mano che le foreste crescono e si diffondono in una regione, ciò influisce sulle precipitazioni – dice lo studioso. Le foreste creano la propria pioggia perché le foglie emettono vapore acqueo e questo cade come pioggia più sottovento. Le piogge significano meno incendi che portano a ancora più foreste”.

Ma se si perdono vaste aree di foresta pluviale, i livelli di pioggia nella regione diminuiscono e proprio questo livello ridotto di “riciclaggio dell’umidità atmosferica” è stato simulato nei modelli computerizzati utilizzati nello studio.

foresta amazzonica

©Staal et al, Nature Communications, Obbe Tuinenburg

Le condizioni più asciutte rendono più difficile per la foresta recuperare e aumenta l’infiammabilità dell’ecosistema – conclude Staal al Guardian. Una volta che la foresta pluviale ha varcato la soglia e si è convertita in un misto di bosco e prateria di tipo savana, è improbabile che torni naturalmente al suo stato precedente”.

Qualsiasi passaggio dalla foresta pluviale alla savana impiegherebbe ancora decenni per avere pieno effetto, ma, insomma, una volta avviato il processo sarà difficile tornare indietro.

Fonti: Nature Communications / The Guardian

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