In Sudafrica sta per iniziare un incubo per balene e delfini. Fermiamo le trivelle di Shell!

La splendida Wild Coast sudafricana, scrigno di biodiversità, è a rischio. Il colosso petrolifero Shell ha ottenuto il via libera per iniziare le indagini sismiche per poi trivellare. Ma le associazioni e gli abitanti del Paese non ci stanno e lanciano una petizione

La Wild Coast del Sudafrica rappresenta uno dei territori più ricchi di biodiversità di tutto il continente africano: ospita numerose specie di balene, delfini ma anche squali, foche e pinguini. Questa costa è nota per essere un’importante area di migrazione per le balene. Ma per questi cetacei e tante altre creature marine sta per iniziare un incubo. Dal 1° dicembre, infatti, la compagnia petrolifera Shell inizierà un’indagine sismica per cercare giacimenti di petrolio o gas lungo tutta la costa orientale, da Morgan Bay a Port St. Johns.

In poche parole verranno lanciate onde sonore in mare senza sosta, con pistole ad aria compressa, per i prossimi cinque mesi. Un’attività che avrà inevitabilmente un impatto negativo sulla fauna marina, in particolare sulle balene che vengono disturbate e disorientate da questi rumori molesti. Per fermare questo scempio la coalizione Oceans Not Oil si è mobilitata organizzando numerose manifestazioni di protesta e lanciando una petizione internazionale, indirizzata alla ministra dell’Ambiente del Sudafrica, Barbara Creecy, e alla multinazionale anglo-olandese Royal Dutch Shell. Alla petizione hanno già aderito oltre 316mila persone nel giro di appena 5 giorni.

Per cinque mesi, la nave gestita dai noleggiatori di Shell Exploration e Shearwater GeoServices (pagati da Production SA), trascinerà metodicamente fino a 48 cannoni ad aria compressa attraverso 6.011 km² di superficie oceanica, sparando emissioni di onde d’urto estremamente forti che penetrano per 3 km di acqua e 40 km nella crosta terrestre sottostante il fondale marino – spiegano gli attivisti. – La nave sarà attiva 24 ore su 24, sparando con i cannoni ogni 10 secondi. Nel processo, la vita marina della fragile Wild Coast, in preda al panico, sarà assordata e danneggiata. Abbiamo solo pochi giorni prima che le assordanti esplosioni inizino a danneggiare queste maestose creature”, concludono i promotori della petizione.

A rischio un delicatissimo ecosistema oceanico

Insomma, un intero ecosistema marino verrebbe messo in pericolo in nome del petrolio. L’indagine sismica annunciata da Shell ha suscitato grande indignazione in Sudafrica e anche la comunità dei pescatori locali ha deciso di alzare la voce contro il colosso petrolifero organizzando manifestazioni di protesta insieme ad altre organizzazioni.

Per difendere l’oceano dalle trivellazioni il movimento ambientalista Amadiba Crisis Committee sta invitando i cittadini sudafricani a partecipare ad una marcia simbolica lungo le spiagge della Wild Coast.

“Il progetto Shell è stato autorizzato dal nostro governo, come se non esistesse la minaccia del riscaldamento globale derivante dalla combustione di sempre più combustibili fossili” spiegano gli attivisti.

Per il movimento che si batte per la tutela dei diritti territoriali e ambientali l’utilizzo di cannoni ad aria compressa è estremamente pericoloso non soltanto per la fauna oceanica.

È anche una minaccia per il sostentamento delle comunità lungo la Wild Coast e nel KwaZulu-Natal, che usano le ricchezze del mare per portare cibo in tavola e sopravvivere – sottolineano – Questa è la nostra ‘economia dell’oceano’. Riguarda il cibo, non l’estrazione dell’oceano per far trarre profitto alla minoranza ricca. Chiediamo al governo sudafricano di riconoscere la crisi climatica. La  maggiore espansione dell’economia dei combustibili fossili non è la soluzione alla crisi economica. Non si può portare alla ripresa economica minacciando i nostri mezzi di sussistenza e l’ecosistema dell’oceano. Chiediamo che la vita delle persone venga anteposta ai profitti. e che venga revocata la licenza concessa a Shell.

Per firmare la petizione contro le trivelle in Sudafrica CLICCA QUI

Seguici su Telegram | Instagram | Facebook | TikTok | Youtube

Fonti: Oceans Not Oil/Change.Org/Amadiba Crisis Committee 

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook