Elettrosmog: il DL Sviluppo allenta la tutela. In arrivo 20 mila nuove antenne?

E mentre il nostro Governo si accinge barcollante alla fine dei suoi giorni, piove un'altra tegola sulle nostre teste. Il decreto sviluppo tanto discusso avrebbe predisposto alcune modifiche alla legge sull'elettromagnetismo, incrementando fino al 70% gli attuali limiti per gli impianti di telefonia mobile.

E mentre il nostro Governo si accinge barcollante alla fine dei suoi giorni, piove un’altra tegola sulle nostre teste. Il decreto sviluppo tanto discusso avrebbe predisposto alcune modifiche alla legge sull’elettromagnetismo, incrementando fino al 70% gli attuali limiti per gli impianti di telefonia mobile.

Certo, la navigazione dai nostri smartphone sarà più veloce, nessuno lo nega, ma altrettanto veloce è l’aumento del rischio di contrarre un tumore, proprio per una maggiore esposizione alle emissioni, soprattutto nelle ore diurne. A denunciare il misfatto sono stati i presidenti di tutte le Arpa (Agenzie regionali per l’ambiente) e l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che hanno inviato due belle tirate d’orecchie all’ormai ex governo Berlusconi.

Il nuovo decreto sviluppo pare dunque aver toccato un argomento davvero bollente, la cui importanza riguardante direttamente la nostra salute. Secondo quanto prevede la nuova normativa, modificata dal decreto, i valori di attenzione il cui limite nel nostro Paese è di 6 volt per metro, saranno da considerare soltanto all’interno degli edifici. Questa la modifica sostanziale, che ha fatto infuriare gli ambientalisti e non solo. Giorgio Assennato, presidente dell’Assoarpa, l’associazione delle Arpa italiane fa sapere: “In questa maniera se ne esclude l’applicabilità su tutte le aree di pertinenza esterne delle abitazioni, come i balconi, terrazzi, giardini e cortili

Avete idea di cosa significherebbe? Antenne e antennine ovunque. Si parla di 15-20mila nuovi impianti installati nel giro di un paio d’annetti. Il perché di tale aumento è legato, secondo gli addetti ai lavori, alla necessità da parte delle compagnie telefoniche di adeguarsi alla tecnologia, attraverso l’installazione delle nuove antenne Long Term Evolution. La beffa è che per una volta l’Italia aveva i limiti più severi, di 6 volt, contro la media europea di 40.

Legambiente dal canto suo ha sottolineato che nonostante la necessità di adeguare le tecnologie sia importante, occorre prima stabilire alcune priorità, prima tra tutte la salute umana. “Anche se il potenziamento delle reti di telecomunicazioni mobili del Paese e in particolare dei servizi multimediali a banda ultra larga è giusto, non può passare attraverso una semplificazione della normativa che tutela la popolazione dall’esposizione dei campi elettromagnetici. La salute delle persone è sempre prioritaria e visto che autorevoli studi confermano i rischi legati all’esposizione alle radiofrequenze, i provvedimenti in questa materia devono essere presi con assoluta cautela” si legge in un comunicato dell’associazione ambientalista.

E c’è dell’altro: “L’introduzione di un nuovo metodo di rilevamento basato sul valore di 6 volt per metro nell’arco delle 24 ore e non nell’arco dei 6 minuti come avviene oggi, non solo aumenterà l’esposizione dei cittadini alle radiazioni non ionizzanti, ma renderà anche le tecniche di misurazione più complesse e farraginose moltiplicando i contenziosi e i ricorsi soprattutto in sede amministrativa“.

E se l’attuale normativa aveva imposto dei limiti, sicuramente esisteva un motivo più che fondato. “Per di più – continua Legambiente – la legge quadro (legge n.36/2001), i successivi decreti attuativi, le leggi regionali e i regolamenti comunali in materia, hanno posto criteri così stringenti proprio per minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza che lo IARC (International agency for research on cancer) ha classificato come ‘possibilmente cancerogeni per l’uomo’“.

Dalle proteste all’azione. “Ci attiveremo – conclude l’associazione – perché vengano mantenute le attuali metodologie di misurazione dell’elettrosmog, che rendono l’Italia uno dei paesi europei più tutelati dall’inquinamento elettromagnetico e a maggior ragione perché questa modifica non è necessaria a sviluppare le cosiddette tecnologie di quarta generazione”.

Anche perché le vicende di Radio Vaticana dovranno pur aver insegnato qualcosa…

Francesca Mancuso

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