Disastro ambientale in Brasile: divieto di pesca per le sostanze nocive nel Rio Doce

Il Rio Doce, dopo oltre tre mesi dal disastro che ha colpito il Brasile, paga duramente i danni della marea di sostanze tossiche e inquinanti riversatesi nel fiume dopo il crollo delle dighe di una miniera di ferro

Il Rio Doce, dopo oltre tre mesi dal disastro che ha colpito il Brasile, paga duramente i danni della marea di sostanze tossiche e inquinanti riversatesi nel fiume dopo il crollo delle dighe di una miniera di ferro.

Nei giorni scorsi, il Tribunale federale ha confermato l’ingiunzione preliminare del procuratore e ha vietato a tempo indeterminato la pesca nel Rio Doce, ad eccezione di quella destinata alla ricerca scientifica. Secondo l’ordine del tribunale, il divieto è scattato lunedì 22 febbraio.

La task force che sta indagando sul disastro ambientale causato dalla rottura della diga di Fundão ha spiegato che il divieto di pesca ha lo scopo di preservare la salute delle persone che consumano il pesce nella regione. Inoltre, il divieto garantirà il completamento del lavoro tecnico per capire l’impatto del fango inquinato sul mare e il conseguente avvelenamento della fauna.

Secondo l’ingiunzione, Samarco dovrà comunicare e diffondere sul proprio sito web la notizia del divieto di pesca nella regione, secondo il calendario prestabilito dai giudici.

Per la task force, è necessaria un’azione immediata visto che finora non è stato condotto alcuno studio per accertare se i pesci, i molluschi e i crostacei che popolano l’area della foce del Rio Doce, siano stati contaminati dalle sostanze nocive riversatesi nel fiume dopo l’incidente.

Qualora Samarco non si attivasse subito, le conseguenze per la salute umana potrebbero essere molto gravi. Dal canto suo la società si difende, spiegando che i lavori che riguardano il Rio Doce sono in corso.

Uno staff di 350 persone per conto dell’azienda sta effettuando il monitoraggio quotidiano della qualità dell’acqua in 170 punti lungo tutto il fiume. In tre mesi, sarebbero stati svolti circa 90.000 test, secondo la società mineraria.

Samarco ha assicurato anche di aver salvato 3000 tra pesci e molluschi sono prima del passaggio delle acque torbide. Queste creature a suo dire potrebbero essere utilizzate per ripopolare il fiume. Ma non solo. Durante l’ultimo monitoraggio settimanale delle spiagge alla foce del Rio Doce secondo Samarco i livelli dei metalli sarebbero al di sotto del limite consentito e si parla anche di

“valutare la possibilità di utilizzare l’acqua dolce del fiume a scopo di irrigazione e per il consumo da parte degli animali”.

Tanti i dubbi in proposito. Su Samarco adesso grava l’ombra di un maxi risarcimento chiesto dal governo brasiliano. La società dovrebbe siglare un accordo prima della fine di febbraio con le autorità e rischia di pagare fino a 4,45 miliardi di euro in dieci anni, per i lavori di riparazione e per la compensazione dei danni.

Si tratta di un disastro unico, senza precedenti. Le cause della rottura delle due dighe situate nei pressi della città di Mariana, rimangono ancora sconosciute. Sono in corso delle indagini, con risultati attesi entro sei mesi o un anno, ma circolano diverse ipotesi. Solo la giustizia determinerà la colpevolezza o meno di Samarco ma l’azienda si è distinta per la sua noncuranza verso questa tragedia ecologica.

Francesca Mancuso

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