Cop21: ratificato l’accordo di Parigi, momento storico. Ma l’Italia è lontana dagli obiettivi globali

Una giornata storica. Così il segretario delle Nazioni Unite Ban-Ki moon ha definito la firma dell'accordo sul clima siglato a Parigi durante la Cop21. Il 22 aprile scorso, 175 leader mondiali si sono riuniti presso la sede delle Nazioni per ratificare quanto stabilito. Ma è solo l'inizio

Una giornata storica. Così il segretario delle Nazioni Unite Ban-Ki moon ha definito la firma dell’ siglato a Parigi durante la Cop21. Il 22 aprile scorso, 175 leader mondiali si sono riuniti presso la sede delle Nazioni per ratificare quanto stabilito. Ma è solo l’inizio.

Come ha ricordato Ban Ki-moon, adesso bisogna fare sul serio e garantire che l’accordo per contrastare i cambiamenti climatici a livello globale entri in vigore il più presto possibile.

“È di gran lunga il maggior numero di paesi che abbiano mai firmato un accordo internazionale in un solo giornoha detto il Segretario dell’Onu.

Adottato a Parigi dalle 196 parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), l’accordo punta essenzialmente a limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 gradi Celsius e ad adoperarsi per non superare i 1,5 gradi.

Cosa prevede l’accordo sottoscritto a Parigi?

In primo luogo, i paesi dovranno sostenere i paesi in via di sviluppo nell’effettiva attuazione dell’accordo. Non è ancora noto il target di riduzione delle emissioni da raggiungere entro il 2050, anche se si parla di raggiungere la “neutralità” delle emissioni nella seconda metà del secolo. Inoltre, la Cop21 ha introdotto due meccanismi: uno di mercato, finalizzato alla riduzione delle emissioni di gas serra e uno non di mercato, con un approccio integrato che vada a interessare azioni di mitigazione, adattamento, capacity building, trasferimento tecnologico. Infine, è stato stabilito l’obiettivo globale di incrementare la capacità adattativa, di rafforzare la resilienza e di ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici.

L’accordo entrerà in vigore 30 giorni dopo che almeno 55 paesi, che rappresentano il 55 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra, depositeranno gli strumenti di ratifica o di accettazione presso il segretario generale.

“Se tutti i paesi che hanno firmato oggi faranno il passo successivo a livello nazionale e aderiranno all’accordo, il mondo otterrà il requisito necessario affinché l’accordo di Parigi entri in vigore,”

ha aggiunto Ban Ki-moon congratulandosi con i 15 paesi che lo hanno già fatto. Sono: Barbados, Belize, Fiji, Grenada, Maldive, Isole Marshall, Mauritius, Nauru, Palau, Palestina, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Samoa, Somalia e Tuvalu.

Diversi stati hanno annunciato l’intenzione di aderire all’accordo nel 2016, tra cui Australia, Argentina, Camerun, Canada, Cina, Francia, Mali, Messico, Filippine e Stati Uniti. Altri paesi, tra cui Brasile, Unione Europea e la Federazione russa si sono impegnati a lavorare rapidamente per completare i passi necessari per l’adesione all’accordo.

“Sono molto contento di vedere così tanto sostegno e slancio politico per portare avanti l’accordo in avanti”.

Secondo il capo delle Nazioni Unite, la partecipazione di così tanti paesi e di tanti leader mondiali elimina ogni dubbio sulle reali intenzioni della comunità internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici.

Parlando a fianco del Segretario generale, il presidente francese François Hollande si è congratulato con tutti coloro che hanno reso possibile raggiungere la seconda fase del processo, la firma del documento.

hollande ban ki moon

Decarbonizzare l’economia deve essere la regola numero uno da seguire:

“Dobbiamo sostenere i paesi in via di sviluppo a fare questa transizione. I poveri e più vulnerabili non devono subire ulteriori conseguenze a causa di un problema che non hanno creato loro” precisa Ban Ki-moon.

Alla cerimonia di ratifica non poteva mancare Leonardio Di Caprio. L’attore americano, che di recente ha conquistato l’Oscar ed è messaggero di pace dell’Onu, davanti ai 175 rappresentanti dei paesi ha detto:

“Il nostro pianeta non può essere salvato se non lasciamo i combustibili fossili nel terreno a cui appartengono. È necessario un cambiamento sconvolgente e massiccio, ora, che porti ad una nuova coscienza collettiva. Una nuova evoluzione collettiva della razza umana”.

Di Caprio ha puntato il dito contro paesi che di recente ha visitato come messaggero di pace Onu, la Cina, il Canada, la Tunisia, l’India, l’America sottolineando il fatto che l’attività umana sia la causa dei cambiamenti climatici oggi e potrà esserlo ancora di più in futuro.

dicaprio ratifica

“Ho visto città come Pechino soffocate dall’inquinamento industriale, antiche foreste boreali in Canada tagliate e foreste pluviali in Indonesia incenerite. In India ho incontrato agricoltori le cui colture sono state letteralmente spazzate via dalle inondazioni. In America ho assistito a siccità senza precedenti in California e all’innalzamento del livello del mare che ha inondato le strade di Miami. In Groenlandia e nell’Artico sono rimasto stupito nel vedere che antichi ghiacciai stanno rapidamente scomparendo ben prima delle previsioni scientifiche. Tutto ciò che ho visto e imparato in questo viaggio mi ha terrorizzato”.

“Possiamo congratularci l’uno con l’altro oggi, ma non vorrà dire nulla se ciascuno di voi tornerà nei propri paesi e non si spingerà oltre promesse di questo storico accordo”, ha detto DiCaprio. “Ora è il momento di agire, dell’azione senza precedenti. Il mondo vi sta monitorando. Le generazioni future potranno ringraziarvi o odiarvi”.

L’Italia. Cosa deve fare il nostro paese? Secondo quanto reso noto oggi dal Climate Report della Fondazione Sviluppo sostenibile, a livello globale le emissioni di gas serra nel 2014 e nel 2015 sono state stabili, nonostante l’aumento del Pil di circa il 3% l’anno. Ma in Italia nel 2015, dopo anni di calo (-20% al 2014 rispetto al 1990), le emissioni di gas serra sono addirittura aumentate del 2,5%. L’incremento, che interrompe una serie positiva di riduzioni, è dovuto alla crescita del Pil, al calo del prezzo del petrolio e del gas, all’aumento dei consumi energetici, a un rallentamento delle politiche di efficienza energetica e all’interruzione della crescita delle fonti energetiche rinnovabili.

Tra il 2005 e il 2012 l’Italia, nello sviluppo delle fonti rinnovabili, ha raggiunto dei risultati importanti anche grazie all’aiuto degli incentivi portando le energie pulite dall’8 al 16% del consumo nazionale, facendo meglio della media europea e collocandosi fra i leader mondiali. Ma nell’ultimo triennio, la situazione si è capovolta: secondo il dossier, le rinnovabili sono passate dal 16,7% nel 2013 al 17,3% del 2015, con una crescita modestissima, dello 0,2% all’anno ed è diminuita la quota di elettricità da fonti rinnovabili passando dal 43% al 38% tra il 2014 e il 2015.

Così facendo, pur avendo già centrato l’obiettivo europeo del 17% al 2020, l’Italia è molto lontana dall’obiettivo europeo del 27% al 2030 e anche dall’attuazione dell’Accordo di Parigi.

“Collocando l’obiettivo della variazione di temperatura in una posizione intermedia – fra i 1,5°C e 2°C – con l’Accordo di Parigi, l’Italia al 2030 dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra intorno al 50% rispetto al 1990: ciò richiederebbe un forte impegno nel risparmio e nell’efficienza energetica con una riduzione dei consumi attesi di circa il 40% e un raddoppio della quota di fonti rinnovabili, dal 17,3% a circa il 35% del consumo energetico finale al 2030 e nel solo comparto elettrico, le rinnovabili dovrebbero soddisfare almeno 2/3 della domanda di elettricità” spiega la Fondazione.

Per attuare l’Accordo di Parigi, in sostanza, il nostro paese dovrà definire una nuova Strategia Energetica Nazionale con obiettivi ambiziosi al 2030. Un’impresa non semplice vista l’affezione italiana alle fonti fossili.

Francesca Mancuso

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