Ecco perché boicottare i prodotti importati dall’Amazzonia non salverà la foresta

Boicottare i prodotti delle aziende complici nella deforestazione può aiutare a preservare le foreste, ma servono azioni concrete da parte dei governi

A partire dalla scorsa estate gli incendi che hanno interessato la foresta amazzonica hanno ricevuto molta attenzione da parte dei media e dell’opinione pubblica. Di fronte alla crisi climatica in atto, sono sempre più le persone interessate ai temi ambientali e perdere un patrimonio come l’Amazzonia ha destato molta preoccupazione.

Incendi boschivi altrettanto drammatici si sono verificati anche in Indonesia e Malesia e in diverse altre zone del Pianeta, tra cui l’Africa.

Poiché gli incendi vengono generalmente appiccati per fare spazio all’agricoltura, all’allevamento e ad altre attività produttive, molti gruppi ambientalisti e ONG hanno deciso di diffondere i nomi delle società coinvolte, invitando i consumatori a non acquistare i prodotti di tali aziende ed esercitando pressioni sugli azionisti, allo scopo di incoraggiare un cambiamento “dal basso”, senza l’intervento dei governi.

Questi sforzi, seppur nobili, rischiano però di favorire il greenwashing, fenomeno per cui le aziende fingono di prendere un impegno verso l’ambiente solo a parole, senza che vi siano azioni reali a sostegno della maggiore attenzione ambientale dichiarata. In questo modo, la deforestazione non riesce a essere fermata.

Il boicottaggio dei consumatori serve a fermare la deforestazione?

Le multinazionali che sfruttano le terre nelle aree boschive del Pianeta, sotto la pressione di ONG e soprattutto di consumatori e azionisti, cercano di dimostrare di essere sostenibili e di non essere coinvolte nella deforestazione.

Per convincere i clienti, le multinazionali chiedono ai loro fornitori esteri di dimostrare che i loro prodotti non provengono da terreni disboscati in modo illegale. Per dare prova della loro sostenibilità, i fornitori sono costretti ad aderire a uno standard di certificazione sviluppato in genere attraverso iniziative che coinvolgono ONG e aziende.

Casi come questo si sono verificati ad esempio quando i consumatori hanno iniziato a boicottare i prodotti che contengono olio di palma, dopo aver saputo come la coltivazione delle palme stesse contribuendo alla deforestazione in Asia meridionale.

In seguito alla pressione da parte di clienti, azionisti e ONG, alcune aziende cosmetiche e alimentari hanno provveduto a sostituire l’olio di palma con altri ingredienti, mentre altre hanno ottenuto certificazioni che dimostrassero la provenienza dell’olio di palma da coltivazioni sostenibili.

Ma nonostante gli sforzi, gli incendi in Asia meridionale continuano e questo suggerisce che richiedere ai fornitori di aderire a uno standard non è sufficiente.

Perché boicottare non è sufficiente a salvare le foreste?

Le certificazioni ottenute dai fornitori non sembrano riuscire a fermare la deforestazione. Il problema potrebbe dipendere dal fatto che i fornitori, pur ottenendo una certificazione, non rispettino gli obblighi e i requisiti definiti dagli standard.

Le certificazioni potrebbero anche essere rilasciate troppo facilmente, senza che vi siano controlli preventivi o senza prevedere sanzioni qualora le aziende non rispettino i requisiti imposti. Oppure, potrebbe trattarsi di un’operazione di greenwashing da parte delle multinazionali.

Ora in Amazzonia si sta verificando una situazione simile a quella che avviene in Asia. In seguito agli incendi, ONG e gruppi ambientalisti hanno invitato i consumatori a boicottare i prodotti importati dal Brasile, tra cui spicca la carne di manzo.

McDonald e altri grandi importatori di carni bovine vogliono preservare la loro reputazione di fronte a consumatori e azionisti, acquistando carne bovina sostenibile e finanziando organizzazioni che lavorano per proteggere la foresta amazzonica.
Come è avvenuto per l’olio di palma, le multinazionali stanno dunque chiedendo certificazioni ai propri fornitori.

Il problema è che non esiste un controllo che riguardi tutta la filiera della carne: le mucche vengono acquistate e vendute più volte prima che raggiungano i macelli e le aziende di confezionamento della carne controllano solo il ranch da cui è stato acquistato il bestiame, non l’intera catena di approvvigionamento. Gli allevatori sfruttando questa scappatoia e continuano ad allevare bestiame disboscando la foresta, per poi venderli ai ranch che rispettano le regole.

Il boicottaggio e la pressione delle ONG in queste circostanze ottengono risultati deboli e servirebbe l’intervento dei governi per preservare le foreste.

L’azione organizzata dei consumatori è importante e di sicuro può contribuire a spingere le aziende ad adottare comportamenti più sostenibili, ma è indispensabile che vi siano azioni concrete da parte dei governi, attraverso il monitoraggio delle aree e l’applicazione di sanzioni verso chi non rispetta la legge.
Solo così è possibile arrestare gli incendi e la deforestazione che stanno mettendo in serio pericolo le foreste di tutto il mondo.

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Tatiana Maselli

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