È italiana la spugna nanotech per separare gli oli dalle acque inquinate

Creata presso i laboratori del Center for Biomolecular Nanotechnologies (CBN) dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Lecce una spugna in grado di assorbire gli olii presenti in acqua

Una spugna in grado di assorbire gli olii, separandoli dall’acqua, per contrastarne l’inquinamento. È nata presso i laboratori del Center for Biomolecular Nanotechnologies (CBN) dell’Istituto Italiano di Tecnologia presso l’Università del Salento a Lecce.

Lo studio da titolo “Magnetically driven floating foams for the removal of oil contaminants from water”, pubblicato dalla rivista dell’American Chemical Society ACSNano, ha portato alla creazione di un nuovo materiale, formato da schiume poliuretaniche facili da reperire in commercio, che hanno la capacità di separare l’olio dall’acqua, anche grazie alle nanoparticelle colloidali superparamagnetiche di ossido di ferro.

I ricercatori sono partiti dal presupposto che le superfici in schiuma non trattate sono di base idrofobiche e oleorepellenti, ma possono diventare anche idrorepellenti e olio- assorbenti attraverso una nuova tecnica che coinvolge le particelle elettrostatiche di politetrafluoroetilene, meglio noto come Teflon o Fluon, utilizzato ad esempio per rivestire le padelle anti-aderenti.

Hanno poi constatato che le superfici di politetrafluoroetilene espanso trattate con nanoparticelle di ossido di ferro presentavano un aumento della velocità di assorbimento di olio. Successivamente sono stati effettuati degli altri studi al microscopio per valutare la bagnabilità del nuovo materiale. E i risultati sono stati positivi visto che gli effetti combinati della morfologia superficiale e della chimica delle schiume influivano sull’assorbimento d’olio.

Inoltre, grazie alla sua leggerezza, il materiale nato dalla ricerca può facilmente galleggiare sull’acqua. Da qui l’idea di creare delle spugne olio-assorbenti, capaci di muoversi dentro le acque inquinate dagli olii ripulendole e purificandole anche con l’ausilio di un magnete.

Si trattebbe di un processo low cost, ma particolarmente utile e soprattutto veloce, che potrebbe depurare in un breve lasso di tempo grandi fuoriuscite di petrolio in acqua.

E dopo i numerosi casi registrati negli ultimi anni, una soluzione di questo tipo non sarebbe certo da disegnare.

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