Emergenza gas: Tajani vuole riaprire il dibattito sul nucleare

Il freddo siberiano che in queste settimane ha portato gelo e neve in tutte le regioni italiane ha fatto aumentare notevolmente i consumi di gas, destinati soprattutto alle industrie, ma anche alle abitazioni, tanto da creare il rischio di una vera e propria emergenza gas. Un fenomeno particolarmente evidente nel nostro Paese, dove la dipendenza delle forniture di materie prime dalle altre nazioni è praticamente totale.

Il freddo siberiano che in queste settimane ha portato gelo e neve in tutte le regioni italiane ha fatto aumentare notevolmente i consumi di gas, destinati soprattutto alle industrie, ma anche alle abitazioni, tanto da creare il rischio di una vera e propria emergenza gas. Un fenomeno particolarmente evidente nel nostro Paese, dove la dipendenza delle forniture di materie prime dalle altre nazioni è praticamente totale.

Si torna quindi a parlare di gas e di Russia e, mentre in Puglia gli ambientalisti hanno dato vita ad una protesta contro la realizzazione di un nuovo gasdotto, che rifornirebbe il nostro Paese dal Mar Caspio fino in Puglia, si riapre non solo l’ipotesi di liberalizzare subito l’ENI, ma anche il dibattito sul nucleare, che sembrava archiviato dopo il referendum di giugno.

Sul problema dell’approvvigionamento del gas all’Italia – ha detto Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e responsabile per la politica industriale – bisogna dire la verità senza fare dell’allarmismo, ma mi sembra che ora sulla scelta del nucleare una riflessione vada fatta. L’incidente alla centrale di Chernobyl fu la fine del comunismo e il disastro alla centrale atomica di Fukushima in Giappone è stato più un problema legato allo tsunami”.

Non curante dei rischi del nucleare, non curante delle conseguenze del disastro di Chernobyl e Fukushima, Tajani continua a banalizzare sulla pericolosità dell’atomo e – fedele alla politica del governo Berlusconi – ha definito sciagurata la decisione di tutti gli italiani che il 12 e il 13 giugno hanno scelto di dire un no definitivo a questa folle alternativa.

Tra l’altro, proprio in questi giorni, la Francia – che continua ancora oggi a servirsi di 58 reattori nucleari sparsi su tutto il territorio nazionale – sembra non aver ancora risolto il problema della dipendenza dalle materie prime, perché l’energia prodotta dalle sue centrali non è sufficiente ad alimentare tutto il Paese. Segno che il nucleare non serve neanche a questo!

Verdiana Amorosi

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