Costa Concordia: in arrivo il decreto salva-coste, navi a 5 chilometri dalla spiaggia

Dopo lo scandalo della Costa Concordia, spunta la tanto richiesta bozza di un nuovo decreto legge, che mira a limitare il passaggio delle imbarcazioni da crociera o di grande stazza in corrispondenza di aree protette o troppo vicino alle coste.

Dopo lo scandalo della Costa Concordia, spunta la tanto richiesta bozza di un nuovo decreto legge, che mira a limitare il passaggio delle imbarcazioni da crociera o di grande stazza in corrispondenza di aree protette o troppo vicino alle coste.

Se il decreto verrà approvato, come ci auguriamo, i “palazzi galleggianti” che attraversano i canali veneziani di San Marco e della Giudecca, le navi che passano nelle aree vicine al santuario dei Cetacei, o nel canale di Piombino, dovranno rispettare regole più ferree, tenendosi a distanze maggiori dalla costa, per evitare il ripetersi di sciagure annunciate come quella avvenuta all’isola del Giglio.

Secondo quanto si legge nella bozza del decreto interministeriale che sta circolando, tra il ministro delle Infrastrutture e trasporti ed il ministro dell’Ambiente: “Nella fascia di mare ricompresa tra la costa e le tre miglia marine dal perimetro esterno delle aree protette nazionali, marine e costiere sono vietati la navigazione, l’ancoraggio e la sosta delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda, fatto salvo quanto strettamente necessario all’ingresso e all’uscita dai porti”.

Il decreto, nella bozza in circolazione, prevede poi misure di sicurezza per le navi cargo nell’area del santuario dei cetacei (i materiali inquinanti trasportati sul ponte vanno ben ancorati), per evitare situazioni gravi, come la perdita di oltre 190 fusti da una nave della Grimaldi avvenuta a dicembre. Nel canale di Piombino, invece, per le navi sopra le 500 tonnellate sarà obbligatorio il pilotaggio.

Diversi i provvedimenti nella laguna di Venezia, dove – si legge sempre nella bozza – “è vietato il transito nel canale di San Marco e nel canale della Giudecca delle navi adibite al trasporto di merci e passeggeri superiori a 40.000 tonnellate di stazza lorda”.
Per la navigazione nelle acque lagunari invece, “ogni nave passeggeri superiore a 500 tonnellate di stazza lorda” deve “navigare ad una distanza minima non inferiore a due miglia dalla nave che la precede nello stesso senso”.

Tutto questo “considerato che le coste della penisola italiana ed i mari che la circondano sono particolarmente vulnerabili ai rischi del trasporto marittimo e della navigazione anche tenuto conto del lentissimo ricambio che caratterizza le acque del bacino del Mediterraneo”.

E infatti a rischiare non sono solo i passeggeri, ma anche le acque, la flora e la fauna che vive lungo le coste coinvolte dai disastri: “rischio di grave inquinamento dell’ambiente marino collegato al trasporto marittimo – si legge sempre nella bozza del decreto – che può derivare dalle sostanze pericolose e nocive trasportate dalle navi come carico o come propellente per i fini della stessa navigazione”. Per questo, c’è l’impellente “necessità di proteggere in maniera particolare alcune zone marine e costiere particolarmente vulnerabili interessate da notevoli volumi di traffico”.

Ma quali saranno le tempistiche di approvazione di questo decreto?
Il tempo passa e i rischi che un tale disastro possa ripetersi è altissimo, con tutto ciò che consegue a livello ambientale! Per questo, stamattina un gruppo di attivisti di Greenpeace, vestiti con tute bianche sporche di petrolio, ha protestato a Roma di fronte alla sede del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con cartelli e striscioni dalle scritte eloquenti: “Un altro disastro quanto ci costa?” e “Rotte a rischio: decreto subito!”.

A due settimane dalla tragedia della Costa Concordia – ha fatto sapere Greenpeace – si parla di “accordi volontari” con le compagnie, rinviando così gli interventi indispensabili a data da destinarsi.

In occasione della manifestazione Greenpeace ha consegnato al Ministro Passera una lettera in cui si chiede di non perdere altro tempo prezioso per emanare con urgenza disposizioni atte a evitare altri disastri.

Da tempo chiediamo al governo limiti alla navigazione in zone critiche, come il Santuario dei Cetacei, che avrebbero potuto evitare questa tragedia. – ha detto Giorgia Monti, responsabile della Campagna mare di Greenpeace Italia – L’Italia è già in ritardo di dieci anni e ulteriori rinvii sono inammissibili.
Il silenzio del Ministro Passera e l’annuncio di un possibile accordo volontario con gli armatori, – ha continuato – ci spinge a pensare che, passata l’emozione dovuta all’ennesimo disastro, il governo ci stia ripensando e che ancora una volta si decida di non fare nulla. Dopo i morti, adesso rischiamo un disastro ambientale. Per questo una regolamentazione precisa e vincolante del traffico marittimo nelle aree sensibili, a partire dal mare del Santuario dei Cetacei dove si è verificato il naufragio della Concordia, non è rinviabile”.

Da anni, l’associazione ambientalista non perde occasione per ribadire il problema del traffico marittimo, che rischia di mettere in serio pericolo le aree potette, in particolare quella del Santuario dei Cetacei.
Secondo Greenpeace, per proteggere l’ambiente da incidenti navali occorrerebbe una canalizzazione del traffico nelle aree sensibili (Canale di Piombino, Arcipelago Toscano, ingresso porti principali), la limitazione della velocità (e della rumorosità), un’anagrafe degli idrocarburi scaricati nei terminali petroliferi (oil fingerprint) e un preciso controllo del traffico di navi con carichi pericolosi e grandi navi da crociera superiori a una certa stazza. Con opportune disposizioni e relativi controlli, si potrebbe garantire la sicurezza del traffico navale e contemporaneamente la tutela dell’ambiente.

Verdiana Amorosi

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook