Sebbene siamo ormai alla fine del mese di settembre, da nord a sud, le temperature dello stivale non accennano a diminuire, specie nelle regioni settentrionali, dove in questi giorni si sta registrando un caldo record, con valori ben sopra la media stagionale.
Non a caso, è il settembre più caldo degli ultimi 150 anni, con temperature spesso addirittura più elevate di quelle registrate nei mesi estivi: punte di 30 gradi e una media mensile di 26.
Segno evidente che l’estate non vuol proprio lasciare spazio all’autunno.
A Torino, settembre è stato il mese più caldo dal 1753 (quindi da 258 anni), periodo in cui sono cominciate le misure meteorologiche nella città. E c’è di più: le piogge e il primo freddo arriveranno solo dopo il 10 ottobre.
Situazioni che normalmente si registrano unicamente (e non sempre) nelle regioni meridionali.
Più in generale, nelle zone del centro-nord, le temperature stanno evidenziando i valori normalmente registrati nel mese di agosto: fino 29-30°C.
Per assurdo, il sud è la zona d’Italia che evidenzia temperature più basse (ma solo di pochi gradi), per via delle correnti di Grecale.
Insomma, prima di vedere la pioggia o un ridimensionamento dei valori bisognerà aspettare la seconda settimana di ottobre, mentre – stando al parere degli esperti – a novembre si registrerà il boom di piogge.
Ma come mai questo cambiamento climatico così evidente?
La causa è nel progressivo aumento delle temperature generali che, negli ultimi anni, si stanno verificando un po’ in tutta Europa.
Come abbiamo già spiegato qualche giorno fa, secondo i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna i picchi di caldo dipenderebbero da uno spostamento delle temperature giornaliere verso valori più elevati.
No si tratta di picchi di caldo casuali quindi, ma di valori in progressivo e costante aumento. Tutto ciò però si ripercuote sull’agricoltura e sulle coltivazioni.
“Per salvare le piante da frutta dallo stress provocato dal caldo torrido e dall’assenza di pioggia al nord è stato necessario ricorrere straordinariamente all’irrigazione di soccorso per kiwi, mele e pere in un mese in cui normalmente l’acqua è garantita dal cielo” – denuncia la Coldiretti “In molte aree – sottolinea la Coldiretti – è stato necessario allungare il periodo di irrigazione per non perdere le colture in un autunno del tutto anomalo dal punto di vista meteorologico che sta mettendo a rischio le produzioni abituali di stagione. La necessità di una operazione di irrigazione del tutto straordinaria – conclude la Coldiretti – comporta un aggravio di costi per gli agricoltori in una situazione già difficile .dal punto di vista economico“.