Referendum sull’acqua pubblica: le ragioni del No

Si trova ad Arezzo il modello ideale da seguire per gestire bene i servizi idrici delle nostre città con il modello misto pubblico-privato. Questo è il pensiero del Comitato per il No ai referendum sull'acqua pubblica.

Si trova in Toscana il modello ideale da seguire per gestire bene i servizi idrici delle nostre città. La risposta è nel modello misto, che ad Arezzo sta portando i suoi buoni frutti, grazie alla compartecipazione del pubblico e del privato. Almeno questo è il pensiero del Comitato Nazionale per il No, che ha iniziato proprio in Toscana il suo tour elettorale per l’astensione al referendum.

Secondo l’associazione infatti, solo attraverso l’astensione alla consultazione sull’acqua pubblica del prossimo 12 e 13 giugno si potrà garantire la salvaguardia di una riforma utile:
“Abbiamo scelto la Toscana – ha detto Walter Mazzitti, Presidente del Comitato Nazionale per il No – per iniziare il nostro viaggio in Italia, attraverso il quale vogliamo informare i cittadini dai rischi che si annidano nella sfida referendaria. Il perché è semplice: qui già esiste un modello virtuoso di società mista pubblico/privata di gestione dei servizi idrici che sta garantendo qualità gestionale, investimenti ingenti e un’etica imprenditoriale che ha spazzato via le logiche clientelari della casta dell’acqua.
Il “Modello Toscana-Arezzo”- ha continuato il Presidente – è un esempio da studiare, la prova che pubblico e privato insieme possono fare bene. In Toscana c’è la più alta percentuale in Italia di investimenti effettuati per ammodernamento della rete, gran parte dei quali derivanti da autofinanziamento dei gestori.

Questo -ha evidenziato Mazzitti- produce meno utilizzo di fondi pubblici e più investimenti dei privati. Andare a votare significa fare un favore alla casta che vuole più tasse per spendere in consulenze e assunzioni facili e ai potentati delle acque minerali, che non vogliono che dal rubinetto esca acqua di qualità, che possa fare loro concorrenza”.

Ad evidenziare le ragioni del no hanno partecipato anche Gaia Checucci, Segretario Generale delle Autorità di Bacino del fiume Arno, Pier Gino Megale, Associato di Idraulica Agraria, Università di Pisa componenti del Comitato tecnico scientifico del Comitato referendario e Piero Sirini, Ordinario di Ingegneria Sanitaria Ambientale, Università degli Studi di Firenze.

“Di fronte a noi – ha detto Gaia Checucci – si presenta un bivio: o il caos prodotto dalla vittoria del Si, che annulla la riforma e rimette nella totale incertezza la gestione del sistema idrico nazionale, o la salvaguardia di una riforma di liberalizzazione che potrà garantire l’avvio di una fase nuova di industrializzazione del sistema idrico, grazie agli investimenti e alla gestione manageriale del sistema aziendale. L’unica scelta utile che si può compiere – ha concluso – è quella di astenersi e depotenziare gli effetti devastanti del referendum”.

“Il referendum – ha concluso Pier Gino Megale – gioca su un grossolano equivoco, che ha facile presa su un elettorato mal informato dalla propaganda per il ‘SI’. Una corretta informazione è lo strumento più semplice per evitare conseguenze devastanti per i cittadini e per l’economia del paese. L’acqua era, è e sarà pubblica indipendentemente dall’esito del referendum; nell’ordinamento nazionale il servizio idrico è già di competenza dei comuni; soltanto la concorrenza nella selezione dei gestori, più che la politica, può garantire servizi più efficienti”.

Verdiana Amorosi

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