Tutti in costume davanti ai Beni culturali per dire no alla svendita delle spiagge

Davanti alla sede del Ministero dei Beni Culturali, a Roma, alcuni volontari di Legamebiente si sono armati di secchiello e paletta per dire No al decreto Sviluppo e alla privatizzazione delle spiagge

Tutti in costume a Roma, davanti alla sede del Ministero dei Beni Culturali, per protestare contro il decreto Sviluppo, che ha di fatto dato il via libera alla privatizzazione delle spiagge. Bikini o bermuda, teli mare, occhiali da sole, tavola da surf, secchiello e paletta e anche l’ombrellone per dire No alla decisione del governo.

Giù le mani dalla costa” recita lo striscione di Legambiente, che ha organizzato la singolare protesta. Alcuni volontari dell’associazione sono scesi in piazza proprio in queste ore armati di arnesi da spiaggia. I 90 anni iniziali di “diritto di superficie”, abbassati poi a 20 dopo le lamentele dell’Ue non sono sufficienti per tutelare il paesaggio italiano.

Nonostante la cospicua riduzione messa in atto dal governo, secondo Legambiente, il problema di fondo rimane, ed è quello dell’esercizio del diritto di superficie da parte dei gestori, che a questo punto diventerebbe una vera e propria “privatizzazione del demanio”. “È ora che la parte sana degli imprenditori balneari – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneridia voce ai tanti malumori che serpeggiano nella categoria e dica esplicitamente che questo provvedimento deve essere ritirato per evitare il rischio di essere fagocitati dai grandi gruppi imprenditoriali e immobiliari. Il diritto di superficie servirà solo agli speculatori edilizi e metterà in crisi le aziende a conduzione familiare che rappresentano la stragrande maggioranza degli stabilimenti balneari del nostro Paese.

Mare e paesaggio sono beni comuni – continua – e come tali vanno tutelati. Il Ministero dei beni culturali è responsabile, come stabilisce la Legge Galasso e in attuazione dell’articolo 9 della costituzione che tutela il paesaggio, di vigilare e salvaguardare quanto succede nei 300 metri dal mare. Perché allora è escluso dalla procedura con cui si dovrebbe assegnare il diritto di superficie? Perche Galan e il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo non si occupano di tutelare le coste italiane dal cemento e garantire ai cittadini il libero accesso e la fruizione delle spiagge?“.

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Il messaggio di Legambiente al ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan è stato chiaro: prendere posizione in difesa delle coste e del paesaggio. Chissà se lo avrà recepito.

Francesca Mancuso

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