Il Giappone blocca la missione di Greenpeace a largo delle coste di Fukushima

La Rainbow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace in missione in Giappone per monitorare la radioattività delle acque al largo di Fukushima, non abbia ottenuto il permesso di condurre campionamenti nelle acque territoriali vicine alla centrale.

Pare che la Rainbow Warrior, la nave ammiraglia di Greenpeace in missione in Giappone per monitorare la al largo diFukushima, non abbia ottenuto il permesso di condurre campionamenti nelle acque territoriali vicine alla centrale. Il governo del Giappone, infatti, ha dato l’ok solo a un programma di ricerche molto più limitato e a maggior distanza dalla costa.

La domanda che nasce da questo blocco riguarda le motivazioni al no. Perché sono state bloccate le ricerche più importanti, ovvero quelle entro le 12 miglia?

Oggi, la Rainbow Warrior è arrivata al largo di Tokyo, diretta verso la costa della Prefettura di Fukushima. Il team di esperti di radioprotezione e biologi marini a bordo, tra questi anche l’italiana Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace Italia, non aveva la certezza di ottenere il via libera dal governo giapponese.

Il piano di ricerca sottoposto da Greenpeace all’attenzione del ministero dell’Agricoltura e dell’Alimentazione del Giappone, contempla test più numerosi e approfonditi di quelli condotti dal Governo, sottolinea l’associazione ambientalista. Che sia questa la ragione del no alle analisi di mare, sedimenti e organismi marini entro le 12 miglia?

Giorgia Monti ricorda quanto queste ricerche siano importanti per il Paese: «È fondamentale che siano condotte valutazioni indipendenti sulla contaminazione in mare nell’area di Fukushima. Queste informazioni sono vitali per proteggere le popolazioni e valutare i danni presenti e futuri nell’area».

In seguito alla tragedia di Fukushima, Greenpeace ha inviato una squadra a terra per effettuare monitoraggi indipendenti. I risultati sono stati immediatamente comunicati alle autorità locali e ai media di tutto il mondo. Queste informazioni, però, rimangono solo parziali se non vengono affiancate da ulteriori analisi in mare. Greenpeace parla di centinaia di tonnellate di acque contaminate.

Il Giappone è un Paese che dal mare ricava la maggior parte delle sue proteine, ricorda Greenpeace. E Giorgia Monti sottolinea come sia assurdo che sulla contaminazione in mare, a due mesi dal disastro, ancora non ci siano né informazioni né misure di sicurezza adeguate.

Il monitoraggio in aree critiche per ora è bloccato e, al momento, la Rainbow Warrior ha in programma di dirigersi per una breve sosta nel porto diTokyo perché necessita di una riparazione alla bussola giroscopica. Chissà se nel frattempo il governo cambierà idea e la Rainbow potrà poi proseguire verso le coste di Fukushima.

Serena Bianchi

 

 

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