Affonda la petroliera Sanchi nel Mar cinese: un disastro ambientale annunciato

È finita. La petroliera iraniana Sanchi, che trasportava 136.000 tonnellate di petrolio, è affondata. Il 6 gennaio scorso, si era scontrata con la nave cargo CF Crystal, al largo delle coste della Cina. Nessuna speranza per membri dell'equipaggio dispersi. Ed è disastro ambientale

È finita. La petroliera iraniana Sanchi, che trasportava 136.000 tonnellate di petrolio, è affondata. Il 6 gennaio scorso, si era scontrata con la nave cargo CF Crystal, al largo delle coste della Cina. Nessuna speranza per membri dell’equipaggio dispersi. Ed è disastro ambientale.

Anche se i funzionari di stato hanno minimizzato sui timori relativi ai danni ambientali, appare chiaro che l’affondamento di una nave che trasportava 136.000 tonnellate di petrolio di certo lascerà un duro segno sull’habitat marino.

Dopo la collisione, la petrolifera ha preso fuoco rilasciando fumi tossici nell’aria e petrolio in mare. Tutto ciò ha reso difficoltosi sia i soccorsi che i tentativi di contenere la fuoriuscita.

La nave trasportava del condensato, una sostanza diversa dal petrolio altamente tossica, a bassa densità e notevolmente più esplosiva rispetto al normale greggio. Ma non solo. Essendo molto leggera si disperdere più rapidamente.

Sabato scorso, i soccorritori cinesi hanno recuperato la “scatola nera” della petroliera. Un giornalista della CCTV, la TV di stato della Cina ha riferito di aver visto dall’aereo il relitto del Sanchi e il petrolio in fiamme, spiegando che il carburante si era allargato a un’area di 10 kmq.

“La situazione di sversamento di petrolio è molto seria”, ha detto il giornalista.

Zhang Yong, ingegnere senior dell’Organizzazione oceanica statale, minimizza i timori di una fuoriuscita.

“perché si tratta di petrolio leggero. Questa zona dovrebbe essere considerata mare aperto, quindi l’impatto umano dovrebbe essere minimo”.

La Guardia costiera giapponese ha inviato due motovedette e un aeroplano nell’area per cercare i membri dell’equipaggio mancanti e valutare l’ultima situazione ma le autorità giapponesi hanno perso la traccia della petroliera alle 8.40 GMT di domenica. L’ultima posizione confermata della nave era circa 315 km a ovest di Sokkozaki, sull’isola di Amami Oshima, una delle isole settentrionali della catena delle isole Ryukyu che comprende Okinawa.

Sabato una squadra di salvataggio cinese ha recuperato due corpi dalla petroliera. Un altro corpo, che si presume possa essere uno dei marinai del Sanchi, è stato trovato l’8 gennaio e portato a Shanghai per l’identificazione.

E l’impatto ambientale?

Anche il MaritimeBulletin sostiene che il disastro ambientale dovrebbe essere limitato visto che il petrolio ha alimentato le fiamme ed è evaporato.

“L’inquinamento causato dalla perdita è certo, ma rispetto all’ampio spartiacque dell’estuario del fiume Yangtze, le 136.000 tonnellate di petrolio non dovrebbero causare un problema troppo serio”, ha detto al Global Times Mu Jianxin, ingegnere senior dell’Istituto cinese delle risorse idriche e dell’energia idroelettrica.

L’affondamento della nave però potrebbe essere dannoso per l‘ecosistema marino visto che probabilmente lentamente la nave espellerà il condensanto rimanente e il carburante ancora stipato nelle cisterna, oltre al combustibile che alimentava i motori della nave, contaminando le acque circostanti.

Non si sa cosa sia peggio: da una parte il carburante, il tipo di petrolio più sporco, estremamente tossico quando viene sversato, anche se meno esplosivo; dall’altra il condensato, velenoso per gli organismi marini.

Quest’ultimo sta già contaminando le acque ha affermato Rick Steiner, uno scienziato marino statunitense. “Come per tutte le fuoriuscite di petrolio, il tempo è essenziale. Ciò è particolarmente vero per le fuoriuscite di condensato, in quanto la sostanza è così tossica e volatile”.

Il Mar Cinese Orientale è noto per il suo ricco ecosistema marino con balene, focene, uccelli marini e pesci.

L’olio combustibile è relativamente facile da contenere perché i volumi sono inferiori e la sua viscosità fa sì che si più facilmente estraibile dall’acqua, ma anche piccoli volumi possono danneggiare la vita marina.

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L’affondamento segna la più grande fuoriuscita di petroliere dal 1991, quando 260.000 tonnellate di petrolio finirono in mare al largo della costa angolana.

Francesca Mancuso

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